di
Giampaolo Chavan

Zoe Anne Guati, mamma di due figli e incinta del terzo, morì per un’infezione fulminante. L’autopsia scagiona i medici: «Intervento tempestivo». La famiglia: «Vogliamo la verità». Il loro avvocato sul pollame: «Non si sa se l’ha mangiato o ha avuto un contatto anche solo con le mani»

Sono veramente troppo pochi trentanove anni per morire nel giro di dodici ore per colpa di un batterio. Eppure è successo alla trentina Zoe Anne Guaiti, residente ad Arco e madre di due figli di uno e sei anni e incinta del terzo al sesto mese di gravidanza, morto con lei il 5 maggio scorso all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il batterio in questione è l’Escherichia coli, così chiamato dal nome del suo scopritore, il medico tedesco Theodor Escheric. «Era un ceppo molto virulento» afferma l’avvocata Fiorentina Luna Panteca che assiste i genitori e il fratello di Zoe nell’indagine aperta per omicidio colposo dalla Procura di Trento sul decesso della loro cara.

Nessuna colpa da parte dei medici

È stata effettuata l’autopsia e pochi giorni fa è stata depositata la relazione del medico legale che ha esaminato il corpo senza vita della trentanovenne insieme al consulente, nominato dai famigliari di Zoe, il medico legale modenese Vittorio Gatti. «Non ci sono responsabilità dei sanitari dell’ospedale di Trento, l’intervento dei medici è stato tempestivo, gli antibiotici non hanno avuto alcun effetto su Zoe e non avrebbero potuto fare niente», rivela ancora la legale. È il primo fatto certo, emerso dall’esame medico del corpo senza vita della trentina che viveva con il marito e i due figli a Bolognano, una frazione del Comune di Arco ai piedi del Monte Stivo. Un’altra circostanza sicura riguarda l’origine dell’infezione: la trentanovenne ha avuto contatto con il pollame infetto. «Non si sa se l’ha mangiato o ha avuto un contatto anche solo con le mani» aggiunge ancora la legale.



















































«La famiglia vuole la verità»

Le certezze finiscono qua. Non è escluso che saranno effettuati altri accertamenti ma non è emerso ancora quali e in quanto tempo. «Deciderà il pm Nadia La Femina», afferma la legale. Ora l’interrogativo da risolvere riguarda l’origine di quel ceppo virulento del batterio, conservato in una confezione di pollame che la trentanovenne può avere consumato o anche solo cucinato. Se non sarà possibile diradare la nebbia su questi inquietanti interrogativi, al pm di Trento Nadia La Femina non resterà che chiedere l’archiviazione del procedimento, aperto con la denuncia presentata nel maggio scorso dai genitori e fratello di Zoe. «Ho avviato l’inchiesta, presentando una denuncia querela proprio perché i miei assistiti volevano conoscere le cause di una morte così repentina della loro cara», conclude ancora l’avvocata Panteca. Non hanno, però, particolari pretese: «Sono stati sempre tranquilli nonostante il grave lutto, non cercavano un colpevole e non volevano puntare il dito contro l’ospedale. Zoe, però, era una donna sana, non ha mai sofferto di particolari patologie ed ha perso la vita nel giro di dodici ore. I parenti vogliono solo capire come si fa a morire in così poco tempo e così giovane».


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19 settembre 2025 ( modifica il 19 settembre 2025 | 14:59)