Nella letteratura scientifica li definiscono “hidden children”, i ragazzi nascosti. Perché raramente ci accorgiamo di loro. Anche se fanno un lavoro prezioso: si occupano di un genitore malato, di un fratello disabile, di una nonna troppo anziana per essere autonoma. Sono i giovani caregiver, quei ragazzi che per necessità o per scelta devono farsi carico di un congiunto fragile della loro famiglia. In Italia 7 giovani su 100 tra i 14 e i 25 anni svolgono in silenzio questa attività di cura, spesso per più di un’ora al giorno, per un carico medio di 23 ore a settimana. Una popolazione invisibile nel dibattito pubblico, ma cruciale per comprendere l’evoluzione del welfare familiare in un’Italia che invecchia rapidamente.

Di loro, delle loro motivazioni ma anche delle loro difficoltà quotidiane, e della necessità di un riconoscimento ufficiale del loro lavoro, si è parlato alla presentazione del progetto Impressions of Humanity, promosso da Fondazione Msd in occasione dei suoi primi venti anni di attività, e realizzato con la collaborazione di Eikon Strategic Consulting Italia Società Benefit, Fondazione Pastificio Cerere, Rufa – Rome University of Fine Arts e le Associazioni Pazienti Apmarr – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, Cittadinanzattiva, Favo – Federazione delle Associazioni Italiane di Volontariato in Oncologia, Salute Donna e Salute Uomo, Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare e Young Care Italia.

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16 Agosto 2023

Un percorso di ascolto e sperimentazione

“Il progetto – ricorda Marina Panfilo, Direttrice di Fondazione Msd – vuole essere un percorso di ascolto e sperimentazione che dà voce al vissuto e alle emozioni dei giovani caregiver italiani attraverso il linguaggio dell’arte e dell’IA, grazie al talento di giovanissimi studenti della Rufa, che hanno tradotto in espressione artistica le esperienze di chi – mentre è ancora studente o agli inizi del proprio percorso di lavoro – si prende cura di una persona cara con malattia o disabilità”.

L’indagine che racconta i giovani caregiver

A raccontare i giovani caregiver è innanzitutto l’indagine quanti-qualitativa realizzata da Eikon con il coinvolgimento delle Associazioni Pazienti partner del progetto. “Abbiamo coinvolto 115 giovani caregiver tra i 18 e i 30 anni di 17 regioni italiane – spiega Cristina Cenci di Eikon – ai quali abbiamo prima chiesto informazioni sul loro vissuto per poi concentrarci su aspetti quantitativi”. C’è una prevalenza femminile del 56%, che tuttavia risulta più bassa rispetto a quella che si ritrova nell’età adulta, a testimonianza del fatto che nelle nuove generazioni il lavoro di cura sembra essere maggiormente condiviso. Il 42% del campione si prende cura dei nonni, il 30% dei genitori. “Si tratta di giovani che hanno cura dell’Italia che invecchia”, sottolinea Cenci.

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Tra amore e fatica

Analizzando le parole che più frequentemente compaiono nelle testimonianze degli young caregiver, continua la ricercatrice, compaiono in cima parole come “amore” e “pazienza”, ma anche “fatica”, “frustrazione”, “dolore”. Una sorta di polarità emotiva che si accompagna ad una altrettanto polarizzata percezione del tempo: che si cristallizza negli anni di cura e contemporaneamente passa in fretta, così che ci si ritrova nell’età adulta senza aver progettato al meglio il proprio percorso di vita. I ragazzi – continua la ricercatrice di Eikon – si sentono soli e devono inventarsi competenze che non hanno. In un quadro in cui il Servizio Sanitario Nazionale non ha tempo per loro e non li supporta, questi giovani (l’85% del campione) chiedono invece un riconoscimento ufficiale del loro lavoro di cura.

“Forget Us Not” di Jasmijn Doukje Plantinga, tra le 5 opere selezionate

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L’arte che dà corpo alla cura

Per dare voce e corpo alle emozioni di questi giovani, il progetto Impressions of Humanity ha quindi coinvolto gli studenti e le studentesse della Rufa. Che, in base all’esperienza personale o condivisa, hanno tramutato in opere d’arte il senso della cura. Cinque lavori selezionati hanno meritato un premio per la loro potenza comunicativa: tra questi “Forget Us Not” di Jasmijn Doukje Plantinga: un ritratto a tecnica mista che ritrae una donna anziana, ferita ma dignitosa, i cui occhi fatti di specchi invitano gli spettatori a vedere nel suo sguardo colui che si prende cura. Perché, come riporta uno degli intervistati dall’indagine, “Io non ho cura di mia madre, ma ho cura di noi con lei”.