Questa non è un’esercitazione: la proposta arriva direttamente dal senatore repubblicano dell’Idaho, Mike Simpson, che ha avanzato l’idea di intitolare a Melania Trump l’iconica sala teatrale del Kennedy Center di Washington DC.
Secondo la tradizione americana, la First Lady ricopre il ruolo di presidentessa onoraria del consiglio di amministrazione del Kennedy Center. Ma mai prima d’ora si era ipotizzato di dedicarle uno degli spazi più rappresentativi delle arti performative statunitensi.
Sebbene non esistano regole rigide sull’intitolazione degli edifici, di norma si rende omaggio a figure storiche, benefattori o personalità che abbiano avuto un impatto significativo sul centro. In questo caso, il senatore ha motivato la proposta con “l’apprezzamento per le arti” dimostrato da Melania Trump. Una motivazione che, nel mondo delle arti, ha sollevato più di un sopracciglio.
Questo disegno di legge, che certamente ha colpito (e affondato) tutti, arriva in seguito alle attenzioni che il Presidente Donald Trump sta ponendo nei confronti del settore artistico e, nello specifico, del Kennedy Center. Chissà se con la nascita della Melania Trump House avrà inizio “l’età dell’oro per le arti e la cultura” perseguita dal tycoon.
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L’arrivo di Donald Trump nel Kennedy Center
Dopo essersi insediato nella Casa Bianca per la seconda volta, Donald Trump ha deciso di apportare delle modifiche al sistema organizzativo del Kennedy Center di Washington DC, il principale centro per le arti perfortmative degli Stati Uniti. Innanzitutto, c’è stato il licenziamento del presidente del consiglio di amministrazione del centro Deborah F. Rutter, e del presidente David M. Rubenstein, e di tutti i membri precedentemente nominati da Biden. Una scelta motivata dalle divergenze rispetto all’evoluzione del settore delle arti e della cultura”.
Dopo essersi auto-nominato presidente e aver proclamato Richard Grenell leader ad interim, Donald Trump ha sostenuto che la programmazione dovesse essere cambiata, affermando, con un post sui social, di voler porre fine ai “Drag Show e alle altre propagande antiamericane – solo il meglio”.
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Le proteste del mondo delle arti performative, e non solo
Non è la prima volta che le decisioni di Donald Trump o degli esponenti del Partito Repubblicano dividono il parere pubblico. In questo caso, all’ancora non confermata intitolazione dell’Opera House di Washington DC, si è generato un generale malcontento nel settore delle arti. In particolare, la deputata democratica del Maine, Chellie Pingree, si è opposta affermando che si tratta di “un altro attacco in questa corsa al controllo del Kennedy Center da parte del presidente“.
Le tensioni erano già emerse mesi fa. A giugno, durante la prima di Les Misérables, alla quale hanno partecipato Donald e Melania Trump, alcune drag queen si sono presentate in platea in segno di protesta. Dopo l’epurazione del consiglio, il vicepresidente JD Vane e sua moglie sono stati fischiati a un concerto di musica classica.
Alcuni artisti invece hanno scelto la via del dissenso: Lin-Manuel Miranda ha annullato una replica di Hamilton, mentre la cantante Rhiannon Giddens ha cancellato un suo concerto.
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