Andiamo a scoprire, o meglio a riscoprire visto che per undici dodicesimi questa è la squadra europea del 2023, i nomi che difenderanno quanto conquistato dal Team Europe nella Ryder Cup del Marco Simone Golf & Country Club di Guidonia Montecelio, appena a est di Roma. Capitano resta, confermatissimo, Luke Donald. Al suo fianco Thomas Bjørn, Alex Norén, Edoardo e Francesco Molinari (già grandi protagonisti in passato quando chiamati) e José María Olazábal. Norén a parte, tutti erano presenti in terra capitolina (e il paradosso è che lo svedese avrebbe potuto tranquillamente far parte dei 12, considerando il suo recente rendimento).
Rory McIlroy (Irlanda del Nord), 8a Ryder Cup
Il 2025 del numero 2 del mondo è stato di quelli da ricordare. Aperto dall’AT&T Pebble Beach Pro-Am, ha avuto il miglior seguito possibile: Players prima e Masters poi, per il completamento del Career Grand Slam, qualcosa di cercato veramente a lungo. Ha poi continuato a gareggiare con ottima costanza, guadagnando diverse top ten (2° allo Scottish Open, 7° all’Open Championship) e vincendo l’Irish Open. Arriva al Bethpage Black in grande fiducia. Su questo percorso fu ottavo al PGA Championship 2019.
Robert MacIntyre (Scozia), 2a Ryder Cup
Stagione molto solida, la sua, con il premio che è arrivato nell’ultimo mese: con il secondo posto al BMW Championship si è regalato per la prima volta l’ingresso nella top ten del ranking mondiale. Molto valida la sua stagione sul PGA Tour, che per certi versi ricalca quella 2024, ma con un picco di notevole intensità che è rappresentato dal 2° posto allo US Open. A Roma era stato tra i migliori, oggi ha una consapevolezza anche maggiore.
Tommy Fleetwood (Inghilterra), 4a Ryder Cup
Un altro anno ad altissimo livello per il nativo di Southport, nel Merseyside, che è riuscito a compiere forse la maggiore delle sue imprese in carriera: vincere il Tour Championship, l’evento che ha portato nelle sue tasche 10 milioni di dollari insieme ala FedEx Cup. Questo gli ha permesso di riprendersi un posto nella top ten mondiale (adesso è settimo), ma già nel corso dell’anno era andato diverse volte nei primi 10, confermandosi tra i più forti al mondo.
Justin Rose (Inghilterra), 7a Ryder Cup
Anno di autentica resurrezione per uno dei grandi veterani del team europeo, che ha giocato la sua prima Ryder nel 2008, a Valhalla, quando i nomi di riferimento erano Padraig Harrington e Sergio Garcia. Il secondo posto al Masters, il terzo della sua carriera dietro a un McIlroy che aveva pronto l’appuntamento con la storia, lo ha riportato nelle vicinanze della top ten. Poi l’anno è stato un po’ altalenante, ma in quest’altalena ha avuto il tempo di essere sesto allo Scottish Open e, soprattutto, primo al FedEx St. Jude Championship, tornando per una settimana in top ten mondiale.
Rasmus Højgaard (Danimarca), 1a Ryder Cup (esordiente)
Se due anni fa a Roma c’era il fratello Nicolai, quest’anno è Rasmus a incaricarsi della responsabilità di prendere per mano una fetta del team europeo. Lo fa dopo una stagione che non è stata delle sue migliori, ma sufficiente per garantirgli la qualificazione attraverso la lista punti europea da quinto. Attenzione, però: nelle ultime settimane i segnali lanciati sono stati importnati con due secondi posti al Danish Golf Championship e all’European Masters assieme al 13° al British Masters. La speranza europea è che sia più un caso che altro il taglio mancato a Wentworth.
Tyrrell Hatton (Inghilterra), 4a Ryder Cup
Poiché è sostanzialmente sotto quota LIV Golf, Hatton non può giocare sul PGA Tour, quindi deve raccogliere ciò che lo mantiene nelle parti alte del ranking mondiale attraverso Major e qualche torneo sul DP World Tour. Un primo posto al Dubai Desert Classic, un quarto allo US Open e un quinto al BMW PGA Championship di Wentworth gli stanno consentendo di rimanere nei 25; dall’altra parte della barricata tre top ten.
Shane Lowry (Irlanda), 3a Ryder Cup
Dopo i sei qualificati automatici nella lista punti europea c’era lui, e fino all’11° posto Luke Donald ha mantenuto i rapporti di forza già presenti. Anno strano sul PGA Tour per l’irlandese: secondo a Pebble Beach, settimo all’Arnold Palmer e ottavo al Valspar Championship a inizio anno, ha continuato bene con il 2° posto al Truist Championship, ma di lì in avanti ha un po’ perso ritmo. Vero, non ha quasi mai mancato un taglio, ma le due occasioni corrispondono a due Major. Se dovesse trovare la forma giusta può essere una variabile difficile da controllare per tanti.
Sepp Straka (Austria), 2a Ryder Cup
Stagione di gran qualità per l’austriaco, che conferma di non essere arrivato per caso sul PGA Tour e ribadisce la propria candidatura a migliore nella storia del suo Paese. Due vittorie negli States per lui quest’anno, all’American Express e al Truist, con altre quattro top ten che per un breve periodo lo hanno portato all’interno dei primi 10 del ranking mondiale. Certo, di fatto gli sono mancati i Major (ha mancato il taglio in tre su quattro), ma anche quella fase per lui arriverà.
Ludvig Åberg (Svezia), 2a Ryder Cup
Due anni a pareva pronto a spaccare il mondo con una rapida, quasi irresistibile ascesa che sembrava a tratti ricordare quella di Tiger Woods. Non è stato così, il suo 2025 è stato più complesso del dovuto e, dopo aver vinto il Genesis Invitational, è incappato in una serie di risultati non positivi da cui solo recentemente è parso riprendersi con tre top ten su quattro tra Scottish Open e BMW Championship. Sia chiaro: stiamo parlando di un fenomeno generazionale, ma anche per tali fenomeni ci sono i momenti difficili. Quelli che, però, sono ampiamente superabili.
Viktor Hovland (Norvegia), 3a Ryder Cup
Sono state soprattutto le ultime settimane a rimettere Hovland sulla mappa del golf mondiale. Dopo un inizio di anno difficile, è riuscito a vincere il Valspar Championship, poi non ha brillato in vari contesti e si è ripresentato con il terzo posto allo US Open. Altra piccola flessione, poi nuovo momento positivo culminato con il 5° posto a Wentworth. Questo fa pensare che alla Ryder ci arrivi con una condizione di primo livello, in pratica con un flusso da seguire e supportare.
Matt Fitzpatrick (Inghilterra), 4a Ryder Cup
Fino soltanto allo US Open immaginare una chiamata da parte di Luke Donald sarebbe stato semplicemente impossibile. I risultati non arrivavano, era sceso fino all’85° posto del ranking mondiale. Poi un primo squillo è arrivato con l’8° posto al PGA Championship e, infine, dallo Scottish Open ha finalmente ripreso a marciare in maniera importante. Nelle ultime nove partenze per lui sono arrivati sette piazzamenti in top ten: è tra i più in forma di tutti e a questo punto non era semplicemente pensabile lasciarlo fuori.
Jon Rahm (Spagna), 4a Ryder Cup
Questa è la chiamata che ha generato più discussioni. Da una parte la sua indubbia esperienza e una certa dose di carisma (del resto non ha vinto Major e raggiunto il numero 1 mondiale per caso), dall’altra il fatto che, a parte i quattro tornei più importanti, sul circuito normale praticamente non si vede più, perché si è unito alla LIV Golf. Dove, per inciso, nel 2025 ha raccolto quasi solo top ten pur senza mai vincere in alcun luogo. E probabilmente questo ha per certa misura fatto la differenza nella testa di Luke Donald.