Vasseur era piuttosto arrabbiato dopo il Gran Premio di Baku. Il francese ha parlato dell’incapacità di ottimizzare il fine settimana, dove la Ferrari ha gettato al vento l’ennesima occasione di fare bene. E in effetti non gli si può dare torto. C’è poi un’altra questione che lo infastidisce parecchio: la stampa che scava all’interno del team e parla della gestione relativa ai tecnici. Una situazione che, a suo modo di vedere, danneggia il gruppo di lavoro.

Serve guardare i fatti dalla giusta prospettiva, non da quella che conviene

Un fine settimana buttato: un déjà-vu, quello dell’Azerbaijan, che nella campagna agonistica 2025 si ripete senza sosta. La SF-25 è una vettura con tanti problemi ma non è da buttare. E il fatto che tecnici, ingegneri e piloti troppo spesso non sappiano sfruttare a dovere la massima performance dell’auto, rende tutto tremendamente più complicato. La qualifica di Baku ha distrutto le speranze del Cavallino Rampante? Assolutamente sì.

Ha quindi ragione, Fred, quando sostiene che una posizione di partenza migliore avrebbe reso del tutto più semplice la corsa. Guidare nel traffico con le turbolenze di chi ti precede, di fatto è sempre nocivo in questa Formula 1. Specie per questa Rossa che, rispetto ad altre monoposto, subisce maggiormente i problemi derivati dalle scie altrui. Va però detto che, se al sabato tutto è andato in malora, la causa non è attribuibile ai piloti.

Leclerc è molto onesto e spesso tende a prendersi responsabilità non sue. Proprio quello che è successo in Q3, dove non c’era verso di attivare le gomme medie. Pneumatici che, tra l’altro, il team non gli aveva sino ad allora nemmeno fatto provare. Le aveva testate il solo Hamilton, che però in qualifica, nella Q2 quando è stato eliminato, aveva le Soft. Un esempio dei controsensi e della scarsa attenzione del team su dinamiche importanti.

Vasseur parla pure del problema sulla power unit di Charles. Dice: “ci mancavano un paio di kW, abbastanza per impedirci di sorpassare“. Prendendo in esame la dashboard del volante, però, si notava con chiarezza che oltre a questo problema (i kW mancanti sembravano molto più di due) l’overboost K1 non poteva essere impiegato a dovere. Un supporto ridotto in potenza ma pure in tempistica, visto che veniva attivato dopo curva 16 e spento dopo pochi secondi alla 19. Olè.

Vasseur, la favola in Rosso

C’era una volta il manager francese. Un ingegnere che fu messo a capo della Ferrari dopo il fallimentare mandato Binotto. Al suo arrivo il malcontento generale era sulla bocca di tutti, in quanto venne etichettato con una certa aria di ripiego. Per lo meno nel primo anno, il transalpino si distinse portando una ventata di aria fresca. Un approccio più diretto, senza tutti quei giri di parole. Quel detto e non detto che oramai caratterizzava ogni chiacchierata con Mattia.

Poteva permetterselo, Vasseur, in quanto aveva ereditato una monoposto dove lui non ci aveva messo becco. Le colpe non erano sue se l’auto non andava, promettendo sfracelli per il futuro. Vinceremo, sto facendo la spesa in Inghilterra nel mercato dei tecnici, arriverà un top guy, spaccheremo tutto e via dicendo. Il 2023 passò così ‘in sordina’, considerando che dall’anno successivo pareva che le cose potessero effettivamente cambiare.

Tuttavia, l’approccio al 2024 non fu affatto buono quanto sperato, sebbene l’auspicio di progredire nell’arco della stagione fosse ottimistico. E invece no: dal nulla si palesò il fondo fuorviante della Spagna, che fece regredire le prestazioni della Rossa. Una trappola che incastrò la SF-25 per almeno sei GP, sino a quando, in Italia, debuttò un pavimento correttivo che sistemò le cose. La Rossa trovò performance e, inaspettatamente, iniziò a vincere.

“Partì una rincorsa su McLaren, favorita dalla sangria di punti lasciata per strada dai britannici, malgrado la super competitività della MCL38. E fu così che si arrivò all’ultima gara, con la chance di giocarsi il mondiale costruttori. Sogno che svanì alla bandiera a scacchi. La Ferrari perse ancora, ma Vasseur ne ‘uscì pulito’. Vero che per tre mesi il team si era perso, sommando brutte figure, ma la reazione e la lotta mondiale salvarono il prestigio del suo management.

Da questo punto partì la campagna mediatica, che suggeriva come l’anno successivo, quello in corso, potesse finalmente essere quello buono. Arrivò pure Hamilton e il favore del pronostico salì ancora. Poi i test pre stagionali dove tutto venne inesorabilmente a galla: la SF-25 era un progetto sbagliato. Non c’era correzione utile. E Vasseur, che già la stagione precedente si era “binottizzato” in diverse situazioni, completa definitivamente la sua metamorfosi. Mancano i capelli e gli occhiali rotondi ma il succo è quello.

Chi è ferito di solito attacca

Tuttavia, a differenza del suo predecessore, Fred ha pure la brillante idea di prendersela con chi fa informazione. Perché se non si vince, è colpa di chi racconta e giudica l’operato. Strepitoso. Uno sfogo che non piace alla dirigenza e lo mette ancora più discussione. Ma cambiare il comandante e tutti i suoi adepti prima di un ciclo normativo non è cosa saggia. Anche per questo Elkann e compagnia cantante gli rinnovano la fiducia. Il mondiale prosegue e con esso le brutte figure.

Esempi? Il secondo doppio zero stagionale in Olanda e la débâcle di Monza. Le promesse non vengono mantenute e “il nostro”, domenica pomeriggio dopo la gara di Baku, se la prende ancora con la stampa. Non sopporta che gli si faccia notare come, da quando al comando c’è lui, una riga di tecnici conosciuti abbia salutato via Abetone Inferiore 4 o lo stia per fare. Gli ultimi, in ordine cronologico, quelli che si occupano della power unit.

L’orgoglio ferito viene a galla e spuntano le 60 assunzioni degli ultimi 18 mesi che il transalpino ha messo a segno. Lui stesso sostiene che si tratta di normali avvicendamenti e proprio per questo, caro Fred, perché farcelo sapere dovrebbe rassicurarci, quando comunque si continua a perdere e le cose non cambiano sotto il profilo operativo? Vasseur dice che la stampa racconta delle barzellette, le stesse che pure lui narra con nonchalance quando cerca di difendere l’indifendibile nei weekend di gara.