In breve: il pollo fa male davvero?

Cosa dice lo studio?

Uno studio italiano osservazionale ha trovato un’associazione tra il consumo settimanale di oltre 300 g di carne di pollo e un aumento del rischio di mortalità per tumori gastrici, soprattutto negli uomini.

Tuttavia, anche gli autori sottolineano la necessità di ulteriori approfondimenti.

Sfatiamo l’associazione “assoluta” tra carne e tumori

Le carni cotte in maniera intensa e lavorate con l’aggiuta di alcuni conservanti sono da tempo colpevolizzate (giustamente) per il loro legame con il rischio oncologico.

Ma il pollo fresco e cotto “senza bruciarlo” (no frittura, no pelle abbrustolita ecc.) non rientra nella stessa categoria; fino ad ora, i dati non supportano un’allerta simile.

1. Ad oggi, non esiste un legame causa-effetto tra carne e tumori

Lo studio è osservazionale: individua un’associazione, non una causa.

Molti fattori di rischio rilevanti – come Helicobacter pylori o il consumo di sodio – non sono stati considerati.

2. Ad oggi, ciò che conta di più sono i metodi di cottura e i conservanti

Cotture ad alte temperature o prolungate e l’uso di carni processate con conservanti e grassi aumentano il rischio.

E’ ragionevole dedurre che, anche se esistesse una relazione, non riguarderebbe il pollo in sé, ma come vengono trattate e lavorate le carni (e non solo) nell’abitudine quotidinana.

3. Ad oggi, è evidente che questi fattori di rischio dipendano fortemente dalla presenza di alimenti vegetali

Un’alimentazione povera di fibre e antiossidanti amplifica i rischi. Questi fattori nutrizionali sono altamente protettivi, al punto che la loro carenza potrebbe rappresentare un fattore di rischio superiore al consumo di carne in sé.

Il contesto alimentare complessivo conta più della singola fonte proteica.

Cosa dice lo studio?

La ricerca condotta dall’IRCCS de Bellis di Castellana Grotte, pubblicata sulla rivista Nutrients, ha monitorato per 19 anni circa 5.000 persone adulte. Lo scopo era valutare le abitudini alimentari, lo stile di vita e la mortalità, con un focus sul consumo di carne di pollo.

Risultati principali

Chi consumava più di 300 grammi di carne di pollo a settimana mostrava una maggiore mortalità per tumori gastrici, in particolare tra gli uomini. Un dato che, isolato, ha generato allarmismi nella popolazione, dove il pollo è una delle fonti proteiche più diffuse grazie anche al basso costo.

Tuttavia, i risultati vanno interpretati con cautela. Lo studio è di tipo osservazionale e come tale mostra un’associazione, non una relazione di causa-effetto.

Inoltre, molti fattori di rischio rilevanti non sono stati presi in considerazione.

Sfatiamo l’associazione “assoluta” tra carne e tumori

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato le carni rosse* come “probabilmente cancerogene” e le carni processate come “cancerogene” per l’uomo.

*probabilmente anche questa associazione è spuria, perché non tiene in considerazione il fatto che la maggior parte delle carni rosse – classificazione, tra l’altro, del tutto approssimativa – viene cotta con sistemi che alterano profondamente la salubrità dell’alimento.

Tuttavia, le carni bianche, incluso il pollo, non rientrano in questa classificazione.

Fino ad oggi, nessuno studio ha fornito prove conclusive di un legame tra pollo e rischio oncologico. Ovvero, in letteratura, non viene evidenziata in modo chiaro un’associazione statisticamente significativa tra consumo di carni bianche e aumento del rischio di tumori.

È quindi improprio assimilare il pollo alle carni rosse* o processate, il cui profilo di rischio è molto diverso. Il pollo, se non processato e cotto con criterio, rimane una fonte proteica utile, facilmente digeribile e con un buon apporto di nutrienti.

Ad oggi, non esiste un legame causa-effetto tra carne e tumori

Lo studio è di tipo osservazionale, ovvero individua correlazioni statistiche, non relazioni di causalità.

Potrebbe essere che le persone che mangiano molto pollo:

Inoltre, come evidenzia Dogliotti, lo studio non ha considerato variabili cruciali, tra cui:

  • l’infezione da Helicobacter pylori, principale fattore di rischio per il cancro gastrico;
  • il consumo di sodio, noto per i suoi effetti negativi su cuore e stomaco.

Questo riduce la forza delle conclusioni e impone cautela nell’interpretazione dei risultati.

Ad oggi, ciò che conta di più sono i metodi di cottura e i conservanti

Il pollo non è tutto uguale.

Il modo in cui viene cotto o trasformato fa una grande differenza. Le tecniche di preparazione contano moltissimo, perchè nitrati e nitriti, e le cotture alla griglia o la frittura, possono sviluppare composti potenzialmente cancerogeni nell’alimento o all’interno dello stomaco.

In particolare, cotture ad alte temperature (griglia, barbecue, padella rovente) possono generare ammine eterocicliche e idrocarburi policiclici aromatici, composti potenzialmente cancerogeni secondo studi su animali.

Inoltre, molti prodotti a base di pollo presenti sul mercato sono trasformati (nuggets, cotolette, wurstel di pollo), e quindi ricchi di conservanti, sale, grassi. Lo studio, purtroppo, non distingue tra carne fresca e lavorata, ma è probabile che anche questi fattori abbiano influenzato i risultati.

Ad oggi, è evidente che questi fattori di rischio dipendano fortemente dalla presenza di alimenti vegetali

Un singolo alimento non determina la salute o la malattia. È il contesto alimentare complessivo che fa la differenza.

Una dieta ricca di fibre e antiossidanti è protettiva contro molti tumori, inclusi quelli dello stomaco e dell’intestino. La loro carenza potrebbe addirittura essere un fattore di rischio più rilevante del consumo di carne “maltrattata” in sé.

I soggetti che consumavano molto pollo potrebbero aver seguito diete povere di verdura e frutta, legumi e cereali integrali, aumentando così il rischio complessivo. Purtroppo, lo studio non analizza in dettaglio l’equilibrio complessivo della dieta.

Inoltre, le diete di tipo Mediterraneo, ricche di verdure, frutta, legumi e olio extravergine d’oliva, si sono dimostrate protettive contro vari tipi di tumori. È quindi errato concentrarsi solo su un alimento: occorre valutare l’intero modello alimentare.

Conclusioni

Il nuovo studio sul consumo di carne di pollo e il rischio di cancro ha suscitato allarme, ma va interpretato con equilibrio.

Non dimostra che il pollo causi tumori, ma solo che chi ne consuma più di 300 g a settimana potrebbe avere un rischio più alto di mortalità, in un contesto però non completamente definito.

Ecco i punti chiave:

  • Non esiste una relazione causa-effetto: lo studio è osservazionale.
  • Molti fattori di rischio non sono stati inclusi nell’analisi.
  • Il tipo di cottura e il grado di trasformazione del pollo sono determinanti.
  • La qualità complessiva della dieta è il vero discriminante.

Secondo le attuali linee guida, una o due porzioni di pollo a settimana (100 g ciascuna), magro, fresco e ben cucinato, inserito in una dieta ricca di vegetali, non costituisce un rischio per la salute.

Favorire anche le fonti vegetali di proteine è una buona scelta non solo per la salute umana, ma anche lato “sostenibilità“.

Non serve eliminare il pollo, ma inserirlo con moderazione in una dieta sana, varia e bilanciata.