La strategia urbana centrata sulle persone si contrappone ai modelli di espansione quantitativa, valorizzando le risorse già disponibili. In questo paradigma non si tratta di costruire nuovo, ma di riconfigurare l’esistente in chiave inclusiva e sostenibile. Infrastrutture e spazi pubblici diventano così strumenti per generare comunità e attrattività, mettendo la persona al centro dello sviluppo territoriale.
L’architettura gentile rappresenta un’applicazione concreta di questa prospettiva e si oppone a quella ostile, sempre più criticata per l’uso di elementi di design che scoraggiano la permanenza di persone considerate “indesiderate”. Come osserva James Petty (2016), il caso delle anti-homeless spikes installate a Londra dimostra come tali dispositivi, pur giustificati in nome di sicurezza o decoro, producano un impoverimento relazionale dello spazio urbano e rafforzino la marginalità, inserendosi in strategie di securitizzazione che rendono le città meno accoglienti e più frammentate.
In contrapposizione, la People Strategy urbana e l’architettura gentile promuovono spazi orientati all’inclusione e alla relazione. Questa visione si ricollega all’intuizione dostoevskiana secondo cui “la bellezza salverà il mondo” (Fëdor M. Dostoevskij, L’idiota, 1869): la bellezza, intesa come dignità e giustizia, diventa principio generativo di convivenza e di rigenerazione sociale. In questa prospettiva, l’immagine dall’alto di Centuripe in Sicilia, con la sua forma stellata, assume un forte valore simbolico. L’insediamento, costruito intorno alle persone, richiama un modello urbano in cui lo spazio non divide ma unisce, creando identità condivisa e attrattività sociale.
(Image generated with AI support)
Si tratta di un approccio che traduce la centralità della persona in criteri di accessibilità, cura e convivenza, favorendo relazioni sociali, benessere diffuso e senso di comunità, come evidenzia Jan Gehl in Cities for People (2010). Un esempio visivo e potente di come l’urbanistica possa scegliere tra esclusione e inclusione, tra luoghi respingenti e luoghi gentili. Nei prossimi articoli affronteremo il tema di come le comunità possano diventare people-oriented, ovvero orientate alle persone, approfondendo anche questioni legate alla progettazione urbana e sociale. In questo contributo, l’attenzione si concentra sulle Baby Little Home, un progetto sperimentale avviato nel 2010 in Trentino. Questo caso rappresenta un esempio emblematico di “spazio gentile” applicato al sostegno della famiglia. Le Baby Little Home sono piccoli punti di accoglienza per la prima infanzia, collocati in luoghi pubblici facilmente accessibili, che offrono alle famiglie un servizio concreto, gratuito e vicino.
Per approfondire questa esperienza, proponiamo un’intervista a due protagonisti: Pietro Grigolli, direttore dell’Azienda Speciale ASIF Chimelli del Comune di Pergine Valsugana, e Marianna Mocellini, Coordinatrice dell’Ufficio Politiche giovanili della stessa struttura. Attraverso le loro voci sarà possibile comprendere tanto la visione strategica quanto le scelte educative che hanno guidato la nascita e lo sviluppo di questa esperienza, oggi riconosciuta come un modello originale di welfare di comunità e di attrattività territoriale.
Direttore Grigolli, come sono nate le Baby Little Home e in che modo offrono spazi dedicati alle famiglie residenti e agli ospiti di Pergine?
Il progetto delle Baby Little Home, promosso dalla Provincia autonoma di Trento e accolto dal Comune di Pergine, nasce dall’idea di trasformare risorse urbane latenti in luoghi di sostegno concreto alla genitorialità. Spazi pubblici e piccole infrastrutture esistenti vengono ripensati e valorizzati per generare una nuova offerta di servizi essenziali alla cura della prima infanzia, senza ricorrere a nuove costruzioni. L’approccio si fonda su una logica di pianificazione leggera ed efficace, capace di coniugare funzionalità, inclusione e sostenibilità.
Pergine, da sempre attenta all’innovazione sociale, ha accolto favorevolmente le sperimentazioni. Anche in questo caso ha svolto un ruolo pionieristico: l’iniziativa ha prodotto effetti concreti sia per i residenti sia per i visitatori. Nei fine settimana la Baby Little Home è utilizzata soprattutto dai turisti, con accesso facilitato grazie alle chiavi disponibili presso la parafarmacia adiacente. La collocazione della Baby Little Home si inserisce in una strategia più ampia che valorizza il patrimonio territoriale come leva di inclusione e attrattività, coerente con il riconoscimento di “Comune amico della famiglia”. La sfida attuale è darle maggiore visibilità, integrandola pienamente nella vita urbana e nella promozione turistica della città.
In che modo le Baby Little Home si inseriscono nella pianificazione comunale per il sostegno alle famiglie?
La Baby Little Home si colloca all’interno di una strategia comunale volta a rafforzare il benessere dei residenti e a rendere Pergine un contesto accogliente e a misura di famiglia. È diventata un simbolo di attenzione alla genitorialità, perché risponde a un bisogno immediato e diffuso con una soluzione semplice e accessibile. L’iniziativa si integra con il sistema dei servizi educativi 0-6 anni – composto da quattro nidi con una capienza di 222 posti complessivi e tre scuole dell’infanzia con capienza per 410 bambini – con i poli educativi per la famiglia e con il Centro #Kairos. A questi si affiancano infrastrutture urbane orientate alla socialità e alla mobilità sostenibile, come piste ciclabili, spazi verdi, la pedonalizzazione del centro e la nuova biblioteca, concepita come luogo intergenerazionale. Insieme, questi interventi concorrono a rafforzare il welfare di comunità e a sostenere l’attrattività del territorio.
Pergine è un aderente centrale del Distretto Famiglia: oltre alla Baby Little Home, quali altre iniziative “gentili” sono state avviate in questo ambito?
L’esperienza di Pergine ha favorito lo sviluppo di numerosi interventi “gentili” volti a migliorare inclusione e qualità della vita: aree verdi attrezzate e spazi culturali come la nuova biblioteca, pensata per accogliere diverse generazioni, e lo spazio educativo del Centro #Kairos che integra attività per giovani ludiche e ricreative con progettualità culturali; interventi urbanistici quali la pedonalizzazione del centro, la rete di piste ciclabili e il futuro biolago urbano, che restituisce funzioni sociali a spazi precedentemente destinati a parcheggi; iniziative culturali come il Pergine Festival, che trasforma la città in un laboratorio di arte inclusiva e partecipata; infine, l’impegno del settore privato, con bar, ristoranti e biblioteche che si sono dotati di spazi per allattamento e cambio, a conferma di un modello di welfare comunitario che integra politiche pubbliche, iniziative culturali e responsabilità diffusa.
Coordinatrice Mocellini quali sono i valori educativi che guidano l’esperienza delle Baby Little Home e come si traducono nella quotidianità delle famiglie?
I valori che orientano le Baby Little Home sono accoglienza, relazione e spontaneità. L’obiettivo è offrire un ambiente che accompagni la crescita dei bambini e sostenga il ruolo educativo dei genitori. Sin dal logo, che raffigura un padre nell’atto di cambiare un bambino, emerge il messaggio di corresponsabilità genitoriale e di educazione di genere, sottolineando come la cura non sia prerogativa esclusiva della madre ma compito condiviso. La partecipazione attiva delle famiglie contribuisce a trasformare le Baby Little Home in luoghi di relazione e comunità, dove i legami si estendono oltre il singolo nucleo familiare.
Il messaggio di inclusività si esprime anche nell’accoglienza di cittadini e ospiti, spesso famiglie straniere, che percepiscono questi spazi come un segno concreto di benvenuto. La cura condivisa si riflette nella manutenzione spontanea: la casetta, a differenza di altre strutture pubbliche soggette a vandalismi, è rispettata e valorizzata dagli stessi cittadini. Questa iniziativa mostra come restituire bellezza e spazi curati stimoli comportamenti positivi e rafforzi senso civico e responsabilità collettiva.
In che cosa le Baby Little Home si distinguono e quali elementi hanno in comune con iniziative come i Baby Pit Stop dell’UNICEF, presenti anche a Pergine?
Le Baby Little Home e i Baby Pit Stop dell’UNICEF hanno in comune la finalità di garantire spazi pubblici per la cura dei più piccoli – in particolare allattamento e cambio – in luoghi accessibili e riconoscibili. Entrambe le iniziative rispondono a un bisogno semplice ma essenziale delle famiglie, offrendo soluzioni concrete che sostengono la genitorialità. I Baby Pit Stop seguono uno standard internazionale definito da UNICEF, con linee guida precise, percorsi di formazione obbligatoria e l’uso di un marchio riconosciuto a livello globale.
Le Baby Little Home, invece, sono nate come sperimentazione promossa dalla Provincia autonoma di Trento, con l’intento di valorizzare spazi urbani esistenti e trasformarli in luoghi di accoglienza familiare. Questa differenza rende i Baby Pit Stop più uniformi e certificati, mentre le Baby Little Home hanno rappresentato un laboratorio territoriale, in cui la dimensione sperimentale ha permesso di integrare funzioni pratiche con elementi educativi e comunitari.
Cosa significa rendere uno spazio “gentile” dal punto di vista pedagogico e, in una comunità educante dove tutto educa, quale contributo offre allo sviluppo dei bambini e alla coesione sociale?
Uno spazio gentile è progettato a misura di bambino: sicuro, accessibile e privo di sovraccarichi sensoriali. È un ambiente che accoglie e mette a proprio agio, favorendo fiducia, autonomia e benessere emotivo. La cura dei dettagli – dall’organizzazione degli arredi alla scelta di materiali semplici e naturali – trasmette calma e familiarità, trasformando lo spazio in un contesto educativo. Nella prospettiva della comunità educante, dove ogni luogo e relazione contribuiscono alla crescita, questi spazi diventano strumenti pedagogici che stimolano esplorazione, creatività e interazione, sostenendo lo sviluppo cognitivo, relazionale ed emotivo.
La dimensione sociale è altrettanto rilevante: attività condivise e la partecipazione delle famiglie rafforzano appartenenza e coesione comunitaria. Nei bambini l’impatto è particolarmente evidente: se viene offerta bellezza, i piccoli imparano a restituirla. Perché ciò avvenga, è fondamentale anche una comunicazione chiara e diffusa: progetti come i parchi inclusivi mostrano che non basta realizzare spazi accoglienti, ma occorre spiegarne senso e valore, così da renderli patrimonio condiviso della comunità.
A Pergine, oltre alle Baby Little Home, anche i book crossing contribuiscono a creare una rete di spazi gentili: quale valore aggiungono alla comunità?
La Baby Little Home ospita due postazioni di book crossing: una esterna, realizzata attraverso un progetto laboratoriale, e una interna, concepita come spazio di scambio e condivisione per le famiglie. Accanto a questa esperienza, altre postazioni sono state collocate in parchi urbani e in aree periferiche, coinvolgendo cittadini e giovani nella loro progettazione e gestione. Il valore di questi spazi varia in base al contesto: nei luoghi centrali e curati favoriscono vivibilità e socialità, mentre in zone più fragili diventano occasione educativa e strumento di responsabilità condivisa. Nel loro insieme, le diverse iniziative concorrono a formare una rete di spazi gentili che arricchisce la città, rafforzando senso civico, inclusione e attenzione alla qualità della vita.
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