Il discorso cambia in modo diametralmente opposto sui circuiti da affrontare ad assetto il più possibile scarico e con gli pneumatici quasi per niente alla frusta: in altre parole, in posti strani e atipici quali Monza e Baku – un ircocervo metà campo di volo e metà vicolo medioevale, ma comunque affrontabile ad ala alzo quasi zero per ottimizzare il rettilineo aeroportuale -, la Red Bull può mordere e la McLaren si ritrova con le chiappe graffiate.

Dirò di più: se tutto il campionato mondiale si corresse sulla rete autostradale italiana, Max Verstappen e la RBR vincerebbero quasi sempre, mentre gli Orange potrebbero dire la loro solo negli ingorghi infiniti della Salerno-Reggio Calabria. Ma la verità è un’altra. Il mondiale si giocherà in una mitragliata di piste, le prossime in agenda, su cui la McLaren potrà tornare a godere della solita prevalenza, quindi il problema prestazionale proprio non si pone per i bolidi di Stella, Brown e Marshall, i quali, semmai, a oggi si devono preoccupare di ben altro, leggi il fattore umano. Baku lo dice chiaramente: su tutti nella bufera c’è Piastri. Pazienza per il Gp di Gran Bretagna, gettato via per una leggerezza assurda, pazienza per l’ammosciamento di metà estate che – Zandvoort a parte – ha ridato pigolo a Norris, ma l’intero fine settimana azero si rivela una vera catastrofe per Oscar, più psicologica che aritmetica e quindi tale da ridondare sul futuro.

Week end da dimenticare per Oscar Piastri

Poco incisivo nelle prove, mai superiore a Norris, l’australiano sbatte in prova buttando alle ortiche un telaio. Quindi in gara parte alla cavolo con un jump start da pivello, poi quasi stalla e infine, nel giro di pochi secondi, quadra di nuovo la monoposto contro le barriere, dimostrando di non esserci con la testa. Della serie, come trasformarsi nel giro di ventiquattro ore nel top driver più fallibile e pasticcione del mondiale, dopo aver goduto a lungo della fama di gelido e imperturbabile cyborg.

La verità, presumibilmente, sta nel mezzo. Già lo scorso anno, nella seconda parte della stagione, quella più calda per la McLaren, Oscar aveva dato vita a uno strano rendimento a corrente alternata, fatto di alti e bassi inspiegabili, lasciando soprattutto a Lando il carico di condurre in porto il trionfo nel Costruttori – vedi anche il finalone di Abu Dhabi – dando chiaramente da intendere che il processo di crescita dell’australiano in atto è ben lungi dall’essere completato.

Adesso ci risiamo, non tanto sul versante dei punti, ma del morale e dell’approccio psicologico alle prossime e delicatissime corse. Ci sono ancora sette Gran Premi lunghi e tre sprint race – in Texas, Brasile e Qatar – da disputare, con un mare magnum di punti da assegnare e occhio, perché ora più che mai da qui in poi chi sbaglia la paga cara, carissima. Sotto attacco da un Max Verstappen che non ha più niente da pardere, menando come un fabbro e tirando come un treno, forte di una corazza psicologica che fa di lui una specie di guerriero maximum attack.

Contrapposto a due ragazzi che hanno in comune l’abitacolo della monoposto più valida del mondiale – questa è la bella notizia -, nel momento psicologicamente più vulnerabile delle rispettive carriere: e questa, ahiloro, è, ovviamente, la brutta nuova.

Piastri KO, ma Norris…

Perché, sinceramente, accanto a Piastri in kappaò tecnico continuo per due giorni di fila, balla, anzi traballa, un Lando Norris simpatico come non mai, ma letteralmente terrorizzato all’idea di vincere e, soprattutto, di perdere. Se Piastri sbaglia, Norris appare paralizzato dalla paura di sbagliare, il che, per certi versi, è anche peggio.

A Baku si ritrova un’occasione unica e imperiale di piazzare un colpo devastante all’avversario/compagno di squadra, a terra come in un round di MMA, ossia di arti marziali miste, e lui, invece, per paura di farsi la bua, gli rifila un innocuo buffetto sulla guancia, che si traduce in un’inutile manciata di pugni gadagnati. Lando, al di là della McLaren che si ritrova, soffre l’ansia di sorpassare, quasi come una vera malattia. Se la F.1 fosse un’individuale a cronometro, da correre da soli, lui sarebbe già iridato. Ma si gareggia tutti insieme e per lui, se non parte primo e s’invola, spesso son guai seri.

Quindi? Quindi, attenzione, McLaren. Hai il ferro migliore e due piloti che in vita loro non si sono mai giocati un mondiale di F.1 nel vero senso della parola (Norris lo scorso anno non è mai stato davvero in partita contro Max) e ora la pressione si fa forte e devastante.

Per fortuna sua l’Arancia Meccanica, da Singapore in poi, dovrebbe tornare in modulazione astronave, ma è anche vero che 69 punti di vantaggio su uno che in vita sua ha vinto 67 gare potrebbero essere tanti ma anche pochi, se vissuti e gestiti coi polsi tremanti. Insomma, dormi preoccupata, McLaren, perché hai vetture da sogno condotte da due piloti che, in contesti e per motivi diversi, tendono ad essere sempre più impiastrati.