Le Marche che si apprestano a rinnovare il proprio consiglio regionale sono la meno rossa delle (antiche) regioni rosse: le fortezze a sud del Po che resistono in Emilia-Romagna, probabilmente in Toscana (la conferma arriverà il 12 e 13 ottobre) e che hanno già tremato in Umbria, governata dal 2019 al 2024 dalla leghista Donatella Tesei.E invece no, anche negli anni d’oro della cintura appenninica, la red belt italiana, le Marche vivevano della loro specificità, tanto da avere avuto, prima dell’uscente di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli, sempre giunte rosse, ma di un rosso stinto, molto tendente al rosa. Gianmario Spacca, centrista margheritino, prima di lui Vito D’Ambrosio, magistrato della Sinistra indipendente, il democristiano Rodolfo Giampaoli, i socialisti Gaetano Recchi e Emidio Massi. E anche se parliamo di epoche remote, specie quelle senza l’elezione diretta del governatore, la tendenza era quella. L’unico dominus proveniente dalla tradizione dei Ds, Luca Ceriscioli, è stato rigettato come un corpo estraneo dopo appena un mandato, nel 2020, addirittura non ricandidato a causa dei bassissimi sondaggi.Elezioni Marche, chi conta davveroUna terra…
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