plave k-popUna immagine dei Plave

In Corea del Sud, un tribunale ha stabilito che anche i personaggi virtuali possono essere oggetto di diffamazione. La decisione riguarda PLAVE, gruppo K-pop composto da cinque cantanti digitali, che ha ottenuto un risarcimento dopo una serie di commenti offensivi apparsi online.

PLAVE ha debuttato nel 2023 ed è composto da performer reali che si esibiscono attraverso avatar animati con tecnologia di motion capture. Le loro identità restano anonime, ma il gruppo è ormai affermato nel panorama musicale sudcoreano, con un canale YouTube seguito da oltre 2 milioni di persone, importanti premi vinti e brani in classifica accanto a quelli dei BTS, la più nota K-pop band al mondo. Il fenomeno delle band virtuali sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’industria musicale del paese, dove si sperimenta l’integrazione tra musica e tecnologie digitali. Gruppi come K/DA, aespa, Mave: ed Eternity combinano performance vocali reali e animazioni digitali, con grande seguito e fatturati in costante crescita.

Secondo la sentenza, l’autore dei commenti dovrà versare un risarcimento per i danni morali causati agli attori dietro gli avatar. I post, pubblicati nell’estate del 2024, prendevano di mira non solo i personaggi virtuali, ma anche – indirettamente – chi li interpreta, insinuando che potessero essere «brutti nella realtà» e associandoli a stereotipi coreani negativi.

L’imputato aveva sostenuto che non fosse possibile parlare di diffamazione, trattandosi di figure fittizie prive di identità pubblica. Ma il tribunale ha respinto questa tesi, affermando che gli avatar rappresentano una forma di espressione personale e sociale: se sono riconoscibili e associati a una persona reale, gli insulti rivolti a loro possono colpire direttamente chi li impersona.

L’agenzia Vlast, che rappresenta PLAVE, aveva inizialmente chiesto un risarcimento di 6,5 milioni di won (circa 4.400 euro) per ciascuno dei cinque interpreti. Il tribunale ha però concesso una cifra molto inferiore, riconoscendo 100.000 won a testa (circa 70 euro), dopo aver valutato il tono dei commenti e le circostanze della vicenda.

Un risarcimento di entità contenuta, ma dal forte valore simbolico: si tratta infatti di uno dei primi casi in Corea del Sud in cui un tribunale riconosce un nesso diretto tra insulti a personaggi virtuali e conseguenze per le persone reali che li animano. Vlast ha comunque presentato ricorso contro il risarcimento danni stabilito dal tribunale, pretendendo una cifra maggiore e sostenendo che la decisione costituisce un precedente importante nel dibattito sulla tutela della reputazione degli avatar digitali.

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