Il suo soprannome è sempre stato Faccia d’Angelo. Ci sono stati anni in cui per tutti era il malvivente con il volto che incantava. Felice Maniero non ha più quel nome e nemmeno il suo da quando ha iniziato a collaborare con la giustizia e ha lasciato l’organizzazione criminale di cui era a capo, la cosiddetta Mala del Brenta.

Per oltre un’ora ha raccontato a Fedez, nel podcast Pulp podcast condotto con Mr. Marra, la sua storia. Indosso una maschera, i capelli più corti di quelli degli anni delle sue vicende criminali.

Nato a Campolongo Maggiore, in provincia di Venezia, nel 1954, a tre anni si sporta a Torino con la famiglia. Il padre era collaudatore alla Fiat. Nel 1964 il ritorno in Veneto e l’apertura di una trattoria. I primi furti furono quelli di bestiame con lo zio paterno poi toccò alle oreficerie. Sempre nella zona del fiume Brenta. Da qui il nome del gruppo malavitoso dato dai giornali. Fecero rapine a banche, poste, gioiellerie, «la prima a Piazzola sul Brenta 30 chili d’oro», assalti a portavalori, traffico di armi, droga e associazione mafiosa che si intrecciò con le mafie arrivate dal Sud. Racconta nel podcasr che la «prima organizzazione criminale nata al Nord» rubava formaggi negli anni Settanta.

Arrestato per la prima volta nel 1980, è evaso più volte. Il 10 ottobre 1991 commissionò il furto del mento di Sant’Antonio di Padova. Nel 1993 fu arrestato sul suo yacht al largo di Capri. Tentò di fuggire dal carcere di Vicenza promettendo 80milioni a due guardie penitenziarie. Evase dal penitenziario di Padova il 14 giugno 1994. «Vennero a prenderci con un’auto fasulla della polizia, dentro c’erano i miei uomini». Catturato a Torino nel novembre successivo, fu venne condannato a 33 anni di reclusione. La pena definitiva è stata di vent’anni e quattro mesi. Ha raccontato: «Le evasioni le rifarei subito se capitasse. Il pathos che ti danno non ha eguali, soprattutto se si fugge da un carcere speciale». E ancora: «Fuggii da tre da carceri di massima sicurezza. Da Fossombrone facemmo tre chilometri nelle fogne, ci facemmo dare le planimetrie».

Il primo ucciso dalla Mala fu un ragazzo nel 1980 quando lui era in carcere. «L’hanno ucciso a casa, per il traffico di droga, subivamo pressioni dai nostri, dalle mafie del Sud e dai milanesi». Una trentina gli omicidi, migliaia le rapine. «Ho fatto un grande traffico tra Venezia e Jugoslavia, con Bosnia, Serbia, vendevamo a tutti».