di
Michela Nicolussi Moro

Sanità, il report della rete internazionale Medici del Mondo: «Consultori pochi e sguarniti ma almeno la Regione pubblica dati aggiornati e in formato aperto»

Resta difficile abortire nel Veneto bianco. Il tasso di obiezione di coscienza opposto dai ginecologi, già pochi al punto che diverse Usl se li devono «dividere», è al 66,6 per cento, così come la rete dei Consultori, secondo la legge 194 del 1978 strutture fondamentali per accogliere le donne decise a interrompere la gravidanza, risulta tra le più limitate d’Italia. Sono i dati raccontati da «Medici del Mondo», rete internazionale impegnata a garantire l’accesso alla salute, nel suo terzo report annuale «Aborto senza numeri. L’assenza di dati come politica di deterrenza e causa di disuguaglianza», presentato ieri alla Camera dei deputati in vista della «Giornata internazionale per l’aborto sicuro», che si celebra il 28 settembre.

Il report

Il documento denuncia un blackout informativo che alimenta le disuguaglianze e ostacola l’accesso a un diritto garantito appunto dalla legge 194 ed esercitato da oltre 65mila donne in Italia, di cui 4.300 in Veneto, nel solo 2022 (ultimi dati disponibili). «Nonostante l’aborto sia incluso nei Livelli essenziali di assistenza, chi desidera farvi ricorso si trova di fronte a un vuoto informativo che ne compromette la possibilità di compiere scelte consapevoli e tempestive sulla propria salute — denuncia «Medici del Mondo» —. I dati sono anche uno strumento politico per capire dove c’è un problema». In tal senso la Regione Veneto, sottolinea sempre il report, rappresenta un esempio virtuoso, perché è l’unica a fornire sul proprio portale i dati aggiornati sull’interruzione di gravidanza e sull’obiezione di coscienza, suddivisi per singola Usl e accessibili a tutti. Da questa scelta di trasparenza si evince che due terzi dei ginecologi è obiettore, con picchi dell’86 per cento all’Usl Serenissima e crolli al 35 per cento nell’Usl Pedemontana, e che aumentano da 153 a 198 (+29 per cento) gli altri specialisti (per esempio i medici di Pronto Soccorso) non obiettori.



















































La diminuzione dei consultori

Crescono, dal 53 per cento del 2023 al 64 per cento del 2024, pure le interruzioni di gravidanza farmacologiche, cioè legate all’assunzione della pillola RU486, però non disponibile in tutti gli ospedali del Veneto, che non ha ancora adottato le linee guida per la somministrazione di questo farmaco nei consultori. A proposito dei quali il ministero della Salute segnala che sono solo 104 (dati 2022), uno ogni 50mila abitanti contro lo standard minimo di 1 ogni 20mila, e che intere province ne sono totalmente sguarnite. Nel 2024, secondo il sito regionale, i consultori pubblici sono scesi a 102, in più vi si rivolge solo l’1,9 per cento della popolazione a fronte della media nazionale del 43,9 per cento, e risultano pure colpiti da carenza cronica di personale. E quindi, recita il report, «sono poco usati perché non sono un servizio capillare ed efficace, così anziché potenziarli vengono chiusi». A marzo 2024 «Non una di Meno» ha occupato un ex consultorio abbandonato da cinque anni nel quartiere Sacra Famiglia di Padova, per dieci mesi trasformato in una «Consultoria» autogestita, sede di assemblee, incontri e uno sportello di orientamento sull’aborto, tuttora attivo via telefono, dopo lo sgombero dello spazio nel dicembre dell’anno scorso. «Il Veneto dimostra come sia possibile pubblicare dati aggiornati e in formato aperto, confermando come la mancanza di informazioni da parte del ministero della Salute e delle altre Regioni non sia legata ad una difficoltà tecnica ma frutto di una chiara volontà politica — dice Elisa Visconti, direttrice di «Medici del Mondo» —. La mancata diffusione di dati all’utenza è un ostacolo al pieno godimento di un diritto di salute».


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24 settembre 2025