di
Daniela Polizzi

I quattro testamenti che hanno segnato la storia economica più recente continuano a generare ricchezza. Oggi, rispetto ai 50 miliardi di valore iniziale, si può fare una stima vicina agli 80

Una ricchezza pari a 50 miliardi passata di mano dai padri fondatori agli eredi. Figli, mogli o nipoti che fin qui non hanno venduto il patrimonio, rimasto nell’alveo della famiglia. Ne hanno moltiplicato il valore che, secondo le stime degli esperti e guardando ai valori di Borsa, sarebbe già arrivato a un valore che supera gli 80 miliardi. In fila, Esselunga, il sistema che ruota attorno a Delfin e le sue controllate (con al centro Essilux), la Fininvest (Mfe-Mediaset, Mondadori, le quote in Banca Mediolanum) e ora il gruppo Armani. I fondatori — da Bernardo Caprotti a Leonardo Del Vecchio fino a Silvio Berlusconi e Giorgio Armani — hanno trasmesso agli eredi un patrimonio che, fotografato al momento della loro scomparsa, ha un valore paragonabile a due manovre finanziarie. Specchio di un Paese dove gli imprenditori — talenti in grado di captare i segnali dal futuro — possono creare una ricchezza (personale senza dubbio ma anche industriale) che è uno dei motori dell’economia nazionale.

Il futuro prossimo

Secondo l’analisi svolta da Ubs un anno fa, in Italia nei prossimi 20-30 anni cambierà proprietario una fortuna di 23,1 miliardi. Allargando lo sguardo oltre le grandi ricchezze, l’Associazione italiana del private banking stima che il 55% dei patrimoni gestiti dai suoi consulenti appartenga a persone al di sopra dei 65 anni: entro il 2028, perciò, 180 miliardi passeranno alle generazioni più giovani, cifra che salirà a 300 miliardi entro il 2033. Il passaggio è già iniziato. Per Armani, il caso più recente, la successione è appena stata avviata. E da gestione monocratica, il gruppo del lusso apre a uno schema diverso. Il capitale si apre alla famiglia erede ma ci sarà sempre il presidio della Fondazione Armani. E il compagno e manager Leo Dell’Orco sarà al centro nel ruolo di regista. La Fondazione intanto salirà al 100% del capitale ma la combinazione di titoli in usufrutto e categorie di azioni a voto maggiorato previste nel nuovo statuto fa sì che all’ente spetti il 30% dei diritti di voto con Dell’Orco al 40% dei voti e i nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana al 15% ciascuno. Usufrutto senza voto ai restanti due eredi, la sorella Rosanna e l’altra nipote Roberta. In base ai calcoli del mercato, la valutazione del 100% della Giorgio Armani potrebbe essere tra 11 e 13 miliardi. Lo stilista-imprenditore ha scritto nel testamento che di fatto la famiglia, tra cinque e dieci anni, non dovrebbe essere più perno nel futuro assetto che Armani vedeva affidato a gruppi come Lvmh, Essilux o L’Oréal. L’alternativa, recita il testamento, è la Borsa.



















































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Gli altri testamenti

Anche Bernardo Caprotti, il geniale e precursore fondatore di Esselunga, nel suo lascito aveva auspicato che la famiglia vendesse. In realtà, con una buona dose di coraggio, la figlia più giovane Marina Caprotti e la madre Giuliana Albera (seconda moglie di Caprotti) hanno avviato un riassetto che le ha portate a diventare azioniste uniche del gruppo nell’ambito di un riordino in famiglia che si è concluso nel 2020. Cioè quando si è concretizzata una transazione con Violetta e Giuseppe Caprotti (per 1,83 miliardi per i due fratelli), determinata dal collegio arbitrale che aveva calcolato in 6,1 miliardi il valore del 100% di Esselunga dell’epoca. Da allora il gruppo guidato da Marina Caprotti (presidente esecutivo) non ha smesso di crescere. E sul mercato le valutazioni degli esperti sono salite a 10 miliardi, una cifra che riflette l’evoluzione. Nel 2016 il gruppo contava su una rete di 152 supermercati, oggi sono 193, di riflesso il fatturato è aumentato dai 7,5 miliardi di nove anni fa ai 9,4 miliardi del 2024.
Campione della crescita anche Delfin, storica cabina di regia degli investimenti di Leonardo Del Vecchio che ha sempre individuato un buon bilanciamento tra partecipazioni industriali (come Essilux e Covivio) e finanziarie, in sintesi le banche. Convinto com’era Del Vecchio che anche gli istituti di credito dovessero accrescere, al pari dell’industria, il loro profilo per competere sui mercati. Un dna trasmesso nel tempo al suo delfino Francesco Milleri, presidente e ceo di Essilux e presidente di Delfin. La sua missione è quella di aumentare il valore di Essilux mettendo a terra la trasformazione industriale in chiave tecnologica.

Le storie intrecciate

I Meta Ray-Ban Display presentati la scorsa settimana, con lo schermo che compare davanti agli occhi e le app che si navigano spostando il pollice sono solo l’ultimo esempio di una capacità tech che poi è anche quella di attrarre capitali in Borsa e fare correre il valore dei titoli.
Dal 2022, data della scomparsa del fondatore, il net asset value di Delfin (somma dei valori delle partecipate quotate) era di circa 27 miliardi, alla fine del 2024 era pari a 45 miliardi e oggi risulta più che raddoppiato a 55 miliardi. Merito di Essilux che alla Borsa di Parigi ha una capitalizzazione di circa 127 miliardi. Ma anche delle partecipazioni bancarie: Generali, Mediobanca più Mps da sole valgono 10 miliardi. Questo grande patrimonio è passato in mano a otto eredi: Claudio, Marisa e Paola Del Vecchio (figli della prima moglie Luciana Nervo), Leonardo Maria (l’unico figlio di Nicoletta Zampillo e di Del Vecchio), Luca e Clemente (frutto dell’unione con Sabina Grossi), Rocco Basilico (nato dal matrimonio tra Nicoletta Zampillo e il primo marito Paolo Basilico) e infine la signora Zampillo. Tutti convivono nel condominio Delfin di cui hanno il 12,5%, una quota che ai valori attuali del Nav vale a ridotto dei 7 miliardi. La successione — a parte la trasmissione delle quote di Delfin — non è ancora conclusa perché gli otto eredi hanno visioni diverse e non sembra per ora raggiunto un accordo finale. Ma intanto il valore del gruppo aumenta.

Senza conflitti

Ordinata è stata la successione tra i cinque eredi in casa Fininvest, la holding che dalla morte, a giugno del 2023, di Silvio Berlusconi ha raddoppiato il suo valore, passando da un Nav di circa 3 miliardi di gennaio 2023 all’attuale, pari a 6 miliardi.
Lo scorso maggio Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e di Mondadori, aveva ribadito l’importanza di costruire «campioni continentali» capaci di competere a livello globale, rivendicando con orgoglio il fatto che uno di questi — il riferimento era a Mfe-Prosiebensat alla cui guida c’è il fratello Pier Silvio Berlusconi — stia nascendo proprio in Italia, e che mantenga il suo baricentro operativo e decisionale nel Paese. Le quote in portafoglio a Fininvest di Mondadori, Mediolanum e Mfe in Borsa valgono 5,170 miliardi (dati al 10 settembre) contro i 2,541 del gennaio 2023.
Gli altri tre fratelli Eleonora, Barbara e Luigi Berlusconi svolgono investimenti in proprio, soprattutto attraverso la loro H14 presieduta da Luigi. Un’attività che ha una sua autonomia anche attraverso anche grazie ai dividendi Fininvest di cui i tre fratelli più giovani hanno assieme il 48%

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23 settembre 2025