Lo scratchgate sui modelli 17 Pro di iPhone è stato confermato anche dagli esperti di iFixit, che hanno messo sotto il microscopio il nuovo iPhone 17 Pro e hanno spiegato, ascoltando anche il parere di un ingegnere dei materiali, perché questo fenomeno di cui si sta parlando non è un’esagerazione virale. Il problema esiste e riguarda soprattutto l’orlo del “plateau” delle fotocamere, dove la finitura anodizzata dell’alluminio tende a scheggiarsi più facilmente rispetto al resto della scocca. È un cedimento cosmetico, ma è ripetibile, osservabile e spiegabile con la metallurgia di base.
Prima di tutto, bisogna ricordare cos’è l’anodizzazione. In pratica, è un processo elettrolitico che “fa crescere” uno strato di ossido protettivo sulla superficie del metallo. È sostanzialmente una corrosione controllata che funge da protezione, da scudo, e che può essere colorata in modo uniforme. Ha un’ottima durezza superficiale, ma resta comunque un film sottile, quindi tendenzialmente fragile agli spigoli.
Se il disegno del pezzo minimizza le zone d’angolo critiche, funziona benissimo; se al contrario concentra lì le sollecitazioni, affiorano le scheggiature.
Struttura colonnare dell’ossido di alluminio – Fonte: Wikipedia – Matteo Bordiga (CC BY-SA 4.0)
Per capire cosa accade agli iPhone 17 Pro, iFixit ha eseguito prove di graffio con punte Mohs 4, simili alla durezza delle monete o delle chiavi, e ha osservato i segni con un microscopio Evident DSX2000. Sul retro piatto, dove lo strato anodico è omogeneo e ben “ancorato” al substrato, il graffio resta superficiale. È visibile, ma non arriva a strappare il colore e a scoprire l’alluminio lucente.
Sull’angolo vivo del plateau invece la storia cambia. Lì lo strato di ossido è meno supportato dal metallo sottostante e, quando viene sollecitato da chiavi o monete, si frattura a scaglie e si porta via porzioni di finitura. La differenza fra le due zone è netta alla lente del microscopio.
Fonte: iFixit
iFixit ha chiesto un parere esterno per evitare interpretazioni affrettate. David Niebuhr, ingegnere dei materiali e docente al Cal Poly (California Polytechnic State University), ha identificato il fenomeno come “spalling”, cioè il distacco a scaglie di uno strato fragile sottoposto a sollecitazione di taglio o urto.
Il punto chiave non è tanto l’alluminio in sé, né lo spessore dello strato. L’ossido anodico è duro ma più fragile del metallo. Quando poggia su una superficie continua può deformarsi un minimo insieme al substrato e non si lacera. Quando termina su uno spigolo vivo, assorbe da solo la spinta e si stacca. Paradossalmente, ispessire ulteriormente lo strato potrebbe peggiorare la propensione allo spalling.
E qui entra in gioco la geometria. Anche JerryRigEverything, nei propri test di durata, ha mostrato che l’assenza di smussi o raggi di raccordo sul bordo del plateau rende quello spigolo molto acuto, e ha ricordato l’esistenza di linee guida che raccomandano un piccolo raggio di curvatura dell’ordine di alcuni decimi di millimetro per aiutare l’adesione e la tenuta dello strato anodico. Ma la scelta estetica di Apple di avere un bordo netto ha prevalso sulla prudenza.
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Analisi confermata anche dall’ingegnere Niebuhr, il quale ha suggerito che un raccordo più dolce, un raggio minimo lungo il bordo del plateau, avrebbero ridotto la probabilità di spalling. In altre parole, la combinazione materiale-processo non è sbagliata in assoluto, è la sua applicazione su una geometria aggressiva a creare il tallone d’Achille.
È importante anche chiarire dove il problema non si presenta. iPhone Air e iPhone 17 base non mostrano lo stesso tipo di cedimento perché il retro è in vetro e il plateau delle fotocamere è in Ceramic Shield 2.
In prove a durezza Mohs paragonabili a una moneta di rame, il vetro non si incide e non si scheggia, nemmeno premendo sui bordi. Non c’è uno strato anodico da sostenere sul bordo, e il comportamento è quello tipico dei materiali vetrosi duri: o restano intatti o si rigano a soglie molto più alte.
Crediti immagine di copertina: Eight_Sneaky_Trees