Entrare alla Pinacoteca di Brera per visitare la mostra Giorgio Armani: Milano, per amore vuol dire compiere un viaggio tanto raro quanto necessario nel cuore più autentico della città, là dove l’arte antica incontra per la prima volta la moda come forma alta di cultura. È un dialogo inedito, silenzioso, eppure carico di significati che racconta cinquant’anni di un percorso stilistico coerente e rigoroso, tracciato da uno dei più grandi creativi italiani, scomparso di recente, ma già destinato a un’eredità senza tempo.

giorgio armani, milano, per amore alla pinacoteca di brerapinterestAgnese Bedini, Melania Dalle Grave – DSL Studio; courtesy Pinacoteca di Brera

Giorgio Armani, Milano, Per-Amore alla Pinacoteca di Brera

Il contesto è essenziale: Brera, quartiere emblematico, dove si respira ancora quell’anima duplice che Giorgio Armani stesso amava definire “colta e insieme vitale”, un intreccio di eleganza e di libertà artistica. Qui, in quelle sale dove la pittura italiana dal Medioevo all’Ottocento racconta storie di potere, fede e bellezza, si inseriscono con naturalezza tessuti, forme e tagli nati dalla mente di un uomo che ha saputo fare della semplicità un atto di resistenza estetica. Osservando le giacche destrutturate, i tessuti dai toni neutri, le linee che sembrano sussurrare più che urlare, si comprende quanto Armani abbia trasformato la moda in un pensiero incarnato. “Una mostra può essere vista in due modi”, scrisse nel suo libro pubblicato da Rizzoli che da’ il titolo alla mostra. “Da una parte c’è il soddisfacimento immediato dell’ego del creatore. Dall’altra c’è il valore didattico, la testimonianza unica che puoi offrire al pubblico, ma soprattutto ai giovani creativi, attraverso la tua opera: una sensazione che dura e appaga”.

giorgio armani, milano per amore alla pinacoteca di brerapinterestAgnese Bedini, Melania Dalle Grave – DSL Studio; courtesy Pinacoteca di Brera

Giorgio Armani, Milano Per Amore alla Pinacoteca di Brera

Ecco, la mostra di Brera appartiene a questa seconda dimensione. Il rigore di Armani non è solo estetico, ma etico. L’essenzialità e il rigore delle sue forme, ricorda Angelo Crespi, direttore della Pinacoteca, “sono divenuti un modo di vivere e lavorare, rappresentando al massimo grado il carattere di Milano”, una città che nel Novecento ha incarnato il volto della modernità italiana e che trovò in lui l’interprete più fedele. Non un creatore di mode passeggere, ma un architetto del gusto e della misura. Il rapporto con Brera non è un caso: l’Accademia di Belle Arti gli conferì il titolo accademico già nel 1993, per la coerenza della sua ricerca e il rigore che univa funzione e invenzione. Lì, nell’antica scuola di pittura e scultura, si è sviluppato il suo legame con un’idea di bellezza che non ammette strappi, ma evoluzioni ponderate. Ed è così che questa mostra milanese diventa un racconto doppio: quello della moda e quello dell’arte, in un dialogo tra stoffe e tele, tra ordito e pennellate.

giorgio armani, milano per amore alla pinacoteca di brerapinterest

Agnese Bedini, Melania Dalle Grave – DSL Studio; courtesy Pinacoteca di Brera

Più di centoventi creazioni selezionate dall’Archivio Armani, vero scrigno concettuale di una vita, sono esposte in un percorso emozionale che (re)immagina la galleria d’arte come un ambiente vivo, dove storia pittorica e moda si incrociano. Questa mostra è un gesto di affetto e rispetto, che organizza quegli abiti in isole sospese immerse in un dialogo silenzioso con i capolavori della tradizione senza alcun confronto frontale, ma solo con un accostamento poetico, quasi un’eco, tra la maestria sartoriale dello stilista e quella pittorica di maestri del passato. “Ogni oggetto porta con sé la traccia del tempo e del luogo della sua creazione”, scriveva Walter Benjamin ed è così che l’abito di Armani diventa una “opera d’arte” del quotidiano, con una propria aura, che riverbera con i dipinti antichi, creando un palcoscenico di riflessione sull’eleganza e la bellezza. Tra le creazioni più iconiche, spiccano il completo sartoriale indossato da Richard Gere in American Gigolò, un capolavoro di understatement e potenza erotica, e la giacca anni Ottanta di Grace Jones, simbolo di una moda che sa essere rivoluzionaria pur mantenendo l’equilibrio.

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Agnese Bedini, Melania Dalle Grave – DSL Studio; courtesy Pinacoteca di Brera

Ogni capo è testimone di una storia personale e collettiva, un racconto che attraversa decenni di mutamenti sociali e culturali, un’esperienza che trascende la mera contemplazione estetica per divenire meditazione sul tempo, sull’identità, sulla capacità della cultura di rigenerarsi attraverso la forma. Armani ha vestito il corpo, certo, ma soprattutto l’anima di una città e di un’epoca e da oggi Brera – fino all’11 gennaio del prossimo anno – gli rende omaggio a questo lascito con la solennità e la grazia che merita. In un mondo che celebra l’effimero e la rapidità, una mostra del genere è un’oasi di lentezza, un invito a riscoprire la pazienza, il rigore e la misura, un’arte della moda che si fa custode di memoria, testimone di cultura e proiezione di futuro. Ed è così che la stoffa diventa tela, che la giacca diventa storia e il che silenzio diventa voce.

www.pinacotecabrera.org