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Marco Galluzzo, inviato a New York
La premier italiana è intervenuta all’Assemblea generale a New York. «Tel Aviv non può impedire la nascita di uno Stato palestinese». «È ormai necessaria una riforma delle Nazioni Unite. L’Onu, assieme alla Ue, deve lavorare per contrastare il fenomeno del traffico di esseri umani»
NEW YORK Sono parole nette, forse quelle più dure pronunciate finora da Giorgia Meloni contro Israele. La premier interviene di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite, quando in Italia è notte, e punta l’indice contro la «ferocia e la brutalità» dell’esercito di Tel Aviv: «Ma la reazione a una aggressione deve sempre rispettare il principio di proporzionalità», continua la premier, in un crescendo accusatorio che non è affatto lieve: il principio «vale per gli individui, e vale a maggior ragione per gli Stati. E Israele ha superato quel limite, con una guerra su larga scala che sta coinvolgendo oltre misura la popolazione civile palestinese. È su questo limite che lo Stato ebraico ha finito per infrangere le norme umanitarie, causando una strage tra i civili».
Subito dopo arriva un appello al governo israeliano, un invito a superare «la trappola di questa guerra. Lo deve fare per la storia del popolo ebraico, per la sua democrazia, per gli innocenti, per i valori universali del mondo libero di cui fa parte». Per questi motivi la presidente del Consiglio dice chiaramente che Tel Aviv «non ha il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese, né di costruire nuovi insediamenti in Cisgiordania al fine di impedirlo. Per questo abbiamo sottoscritto la Dichiarazione di New York sulla soluzione dei due Stati».
È certamente la posizione più dura e più esplicita espressa finora dal nostro governo, anche se questo non comporta ancora un riconoscimento dello Stato della Palestina come fatto da tanti nostri alleati europei, dalla Francia alla Gran Bretagna. Un altro tema del discorso è l’aggressione russa all’Ucraina. Per Meloni, Mosca «ha deliberatamente calpestato l’articolo 2 della carta dell’Onu e ancora oggi non si mostra disponibile a sedere al tavolo della pace con effetti destabilizzanti». Cita papa Francesco, perché il conflitto ucraino, insieme alle altre guerre attuali, significa un mondo che vive una «Terza Guerra Mondiale combattuta a pezzi».
Il terzo passaggio significativo riguarda la riforma dell’Onu, il dibattito in corso su come dare più efficacia e più poteri alle Nazioni Unite, un dibattito alla ricerca di una medicina politica in grado di curare un multilateralismo in crisi come non mai: «E multilateralismo, dialogo e diplomazia, senza istituzioni che funzionano come dovrebbero sono solo parole vuote. Dobbiamo riconoscere i nostri limiti». Una riforma è dunque «urgente». E deve seguire questi principi: «Eguaglianza, democraticità, rappresentatività e responsabilità. Non servono nuove gerarchie e non servono nuovi seggi permanenti», ma meccanismi che garantiscano tutti, non solo alcuni.
E lo stesso concetto vale per le Convenzioni e i trattati che riguardano i migranti, vanno cambiate e aggiornate, se «alcune magistrature politicizzate finiscono per calpestare il diritto, con interpretazioni ideologiche e a senso unico». Un ultimo passaggio di Giorgia Meloni – che dopo il suo intervento all’Onu è ripartita in aereo alla volta di Roma – è una citazione da San Francesco: «I combattimenti difficili vengono riservati solo a chi ha un coraggio esemplare». E conclude: «Credo sia arrivato il tempo di dimostrare quel coraggio».
25 settembre 2025 ( modifica il 25 settembre 2025 | 04:34)
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