Veronese di San Martino Buon Albergo, ha 48 anni, è un armadio di 1,87 per 87, con il 45 di scarpe e 52 battiti a riposo, diplomato geometra e titolare di un’impresa di costruzioni. Sabato scorso, al velodromo dei Canapè di Foligno, durante La Francescana ciclostorica, si è laureato nuovo primatista del mondo sul miglio marino. Più o meno come se uno stileliberista si misurasse nella Cinque Mulini campestre, o come se un discesista si cimentasse sulla nord dell’Adamello, o – ancora meglio – come uno che su una cyclette gareggiasse nel chilometro da fermo.
Lui è Federico Corsi – il cognome suona come il participio passato di un verbo adattissimo nella circostanza – lo ha fatto con una prestazione record (nella foto di Paolo Montagna). Ha affrontato tre giri dell’antico velodromo (all’inizio del Novecento quello tracciato nel parco dei Canapè era una sorta di Vigorelli all’aperto, qui si era esibito – vincendo – anche Costante Girardengo), 550 metri per ogni giro alla corda, un totale di 1650 metri, e li ha coperti in 4 minuti circa su una Crescent, bicicletta americana modello Racer del 1901, nera, con cerchi in legno e tubolari americani, a scatto fisso, acquistata da Maurizio Zagatti, collezionista di Ferrara.
Il singolare tentativo di primato (essendo la prima volta in assoluto, il tentativo sarebbe fallito solo nel malaugurato caso di una rottura della “macchina”, così si chiamavano a quei tempi pionieristici) si è tenuto sotto l’egida della Nuvi (Nuova Unione Velocipedistica Italiana), fra donne elegantissime in abiti Belle Epoque, speaker raffinati, spettatori divertiti e colleghi ciclisti appassionatissimi, per il cronista una Olivetti del 1932, a disposizione di tutti i corridori (il record è stato realizzato durante una riunione in cui si disputavano competizioni di velocità ed eliminazione) non solo bottiglie di ricostituente Ischirogeno, ma anche un antico sistema per il clistere e un glorioso grammofono dedicato a Duke Ellington.
Corsi detestava il ciclismo: “Venivo dal calcio, da giocatore e allenatore. Pensavo che il ciclismo fosse solo chimica. Il giorno in cui vidi Marco Pantani, sentii che oltre la chimica c’era anche la magia. E me ne innamorai”. Del ciclismo, e forse anche un po’ di Pantani. “Soprattutto del ciclismo degli albori. La mia prima bicicletta da bambino, piccola e con le rotelline, la ricordo vagamente. Invece la mia prima bicicletta d’epoca, quella è indelebile nella mia memoria: una Bianchi Real da viaggio del 1934”. Era il 2016. “Adesso ho una trentina di bici, recuperate in mercatini italiani, inglesi e francesi, una bici più vecchia dell’altra, tutte meravigliose, tra bicicletti e Grand B e classiche. Ho un sogno: una draisina autentica”. Stabilito il primato, Corsi è stato celebrato dagli insuperabili ciclostorici della Francescana, nel Parco dei Canapè, osannato e scarrozzato, in testa una corona d’alloro.
E adesso? “Mi godo l’impresa trionfale – confida Corsi, goliardico come tutti i suoi compagni della Nuvi -, proseguo la mia dieta a base di carne e alcolici, poi comincerò a pensare al prossimo anno. Potrei tentare di migliorarmi. O anche aspettare che qualcun altro cerchi di strapparmi il record”. Insomma, come sentenzia Gianni Bugno: “Vedremo”.