di
Vera Martinella

Dati allarmanti che non lasciano scampo contenuti in un nuovo studio pubblicato su The Lancet. Più di 4 tumori su 10 si potrebbero evitare con la prevenzione. La situazione italiana spiegata dagli esperti

Tra il 1990 e il 2023 c’è stato un rapido aumento sia del numero globale di casi di tumore sia dei decessi per cancro. I numeri crescono, nonostante il progressi nelle terapie. Nonostante gli sforzi per far comprendere e arginare i fattori di rischio che fanno lievitare il pericolo di ammalarsi. Nonostante gli esperti abbiano già lanciato l’allarme più volte negli ultimi mesi e anni. 
«Senza azioni tempestive e i fondi necessari le previsioni non lasciano scampo: entro il 2050, 30,5 milioni di persone nel mondo riceveranno una diagnosi di cancro (con una crescita del 61% nei prossimi 25 anni) e 18,6 milioni ne moriranno (quasi il 75% in più)». È la conclusione a cui giungono gli esperti statunitensi del Global Burden of Disease Study Cancer Collaborators in uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet sulla base dei dati raccolti in 204 Paesi per 47 tipi di cancro differenti.

Le cause e i Paesi dove ci si aspetta il peggio

Le ragioni di questo aumento vertiginoso? Soprattutto l’aumento della popolazione mondiale e il suo invecchiamento (il cancro è una patologia tipica dell’età avanzata). Con una nota di non poco conto: le previsioni più fosche riguardano in larga parte i Paesi in via di sviluppo, ovvero le nazioni dell’Africa, Asia e America Latina che sono più popolose, con una povertà diffusa, instabilità politica e un grande ritardo economico e sanitario rispetto alle nazioni industrializzate. 
Infatti dallo studio emerge che dal 1990 al 2023 i nuovi casi di tumore sono già più che raddoppiati (raggiungendo i 18,5 milioni) e i decessi saliti del 74% (raggiungendo i 10,4 milioni) soprattutto nei  Paesi a basso e medio reddito.
«Questi studi globali sono molto interessanti, ma vanno analizzati attentamente perché ci sono differenze infinite tra Paesi e aree geografiche – chiarisce Francesco Perrone, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) –. Le nazioni più povere sono, purtroppo, lontane anni luce dai livelli di prevenzione, diagnosi precoci e terapie che abbiamo raggiunto in Italia e in gran parte di Europa, Stati Uniti e dell’Occidente in generale».




















































APPROFONDISCI CON IL PODCAST

Più di quattro casi su dieci si potrebbero evitare

C’è pero un dato che riguarda anche noi da molto vicino. Quest’ultimo studio conferma ciò che è già stato messo in luce da decine di ricerche precedenti, in tempi più e meno recenti: oltre il 40% dei decessi per cancro è legato a più di 44 fattori di rischio modificabili. Dunque si potrebbero in larga parte prevenire. «Anche nel mondo “ricco” i tumori sono in aumento» continua Perrone. Non solo per via dell’invecchiamento, che è un fattore determinante nello sviluppo del cancro: con l’avanzare del tempo, infatti, si accumulano gli effetti dei fattori cancerogeni e viene meno la capacità di riparazione cellulare dell’organismo. Il nostro è uno dei Paesi più anziani al mondo, solo il 10% dei circa 395mila nuovi casi di cancro registrati annualmente nel nostro Paese riguarda persone sotto i 49 anni, mentre il 39% interessa i 50-69enni e il restante 51% colpisce ultrasettantenni. «Facciamo poco o nulla contro l‘inquinamento ambientale, che è uno dei responsabili dell’aumento di casi anche in Occidente – spiega il presidente Aiom -. E lo stesso vale per la prevenzione e gli stili di vita, come sottolineano gli esperti Usa nello studio su Lancet. I dati globali e italiani coincidono: al fumo è attribuibile la maggior parte dei casi (e delle morti) per tumore seguito da sovrappeso, consumo di alcolici, esposizione eccessiva al sole e sedentarietà». 
Vanno inclusi in quest’ambito anche i tumori occupazionali, ovvero le neoplasie causate dall’esposizione, generalmente di lunga durata, a sostanze cancerogene presenti in ambito lavorativo, i cui casi in Italia sono circa 8mila, ma che nei Paesi in via di sviluppo (dove le tutele previste sono di gran lunga inferiori o inesistenti) sono numericamente molto consistenti.

Un disastro preannunciato

Stando alle ultime cifre presentate da Aiom (a novembre 2024), i tumori causati da stili di vita scorretti, inquinamento ambientale e virus (prevenibili con i vaccini oggi disponibili) sono attribuibili più o meno 80mila delle 180mila morti per neoplasia, oltre 200 al giorno (il 45% del totale), registrate ogni anno in Italia. 
«Questo “disastro” a livello globale è stato ampiamente preannunciato e le nuove statistiche con le previsioni per i prossimi 25 anni vanno nella stessa direzione – scrivono gli autori dello studio pubblicato su Lancet -. È più che mai necessario e urgente implementare politiche di prevenzione del cancro a livello globale, rafforzare i sistemi sanitari, ridurre le disuguaglianze e dedicare risorse economiche a raggiungere questi obiettivi. Ma tutto questo finora non è stato fatto».
Insomma, cosa serve è chiaro. Basti pensare, ad esempio, che la prima versione del Codice europeo contro il cancro (un elenco delle 12 azioni che ogni cittadino può adottare per contribuire alla prevenzione dei tumori) risale al 1987.

Investire in prevenzione

Invece il 33% degli adulti nel nostro Paese è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e gli italiani sedentari sono in aumento costante da anni (inclusi bambini e ragazzi). Troppi connazionali, poi, non fanno gli esami di screening (gratuiti) per trovare neoplasie in stadio iniziale e non sfruttano i vaccini contro epatite B e Papillomavirus, che consentirebbero di non sviluppare alcuni tipi di cancro.
«Investiamo ancora troppo poco in prevenzione, solo il 6,8% della spesa sanitaria totale (pari a 7,19 miliardi di euro nel 2021), una cifra inferiore alla media (7,1%) dei Paesi dell’Unione Europea -conclude Perrone-. In particolare, l’Italia (con il 6,8%) è ottava dopo Regno Unito (12,5%), Austria (10,3%), Paesi Bassi (9,6%), Danimarca (8,9%), Estonia (8,3%), Repubblica Ceca (8,1%) e Ungheria (7,6%). Investire in prevenzione e in sanità dev’essere una priorità per continuare a garantire la qualità delle cure e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, che ha bisogno di personale, macchinari, investimenti su più fronti per far fronte al carico di richieste crescenti che arriveranno»

25 settembre 2025 ( modifica il 25 settembre 2025 | 08:12)

Hai un dubbio o un quesito medico?

I nostri medici e specialisti rispondo ai tuoi quesiti su temi sanitari