Il leader azzurro presenta l’avventura azzurra ai Mondiali in Ruanda: “La Nazionale di Villa unita come quelle di Ballerini: ci siamo noi dopo Pogacar-Evenepoel”
Dal nostro inviato a Kigali Ciro Scognamiglio
25 settembre 2025 (modifica alle 07:59) – MILANO
Arrivare in Ruanda significa rendersi subito conto del perché venga chiamato il paese delle mille colline. Si sale e si scende in continuazione già nella capitale Kigali, tra meteo incerto, umidità, passione per la bici, gentilezza delle gente, una quantità enorme di taxi in motorino (con il secondo casco pronto per il passeggero) e un Mondiale che Giulio Ciccone, domenica, si appresenta a vivere da capitano azzurro. È arrivato ieri mattina (non ha fatto vaccinazioni, non c’è obbligo), oggi farà le prime prove del percorso che ha già studiato a tavolino, intanto arriva prima della cena nella hall dell’hotel dove fa base l’Italia e dalla chiacchierata si ricava con certezza che l’umore è giusto.
Il primo impatto con l’Africa?
“Non c’ero mai stato. In una parola… particolare. Ho cominciato a vedere dal vivo cose che non avevo mai visto. A cominciare dai tantissimi bambini in giro, e dalle bici usate come mezzo per trasportare qualunque cosa. Un altro mondo”.
Sappiamo che non ama volare: per arrivare in Ruanda è stato inevitabile…
“Ho preso paura già prima di salire sul primo aereo, a Roma. Nel raggiungere Fiumicino, c’era un temporale fortissimo, di quelli con fulmini e saette. Per un attimo, sono entrato nel panico. Poi, dall’aeroporto in poi, è andata bene. Diciamo che, se ho preso un volo così lungo per essere qui, dimostra quanto ci tenessi… Confermo, non fa per me”.
Testa al Mondiale: il neo ct Marco Villa l’ha messa subito al centro del progetto. Sensazioni?
“Ho respirato fin dall’inizio l’aria giusta. Non lo conoscevo benissimo, ma sapevo che il suo forte è creare il gruppo. Un qualcosa che è riuscito a trasmettermi subito, così come la fiducia di essere centrale nelle sue idee. Responsabilità, e allo stesso tempo creare un team affiatato attorno a me. L’Italia correrà bene, ne sono sicuro. Io, da fuori, ero stregato dallo spirito delle Nazionali di Ballerini e mi sembra che sia il paragone giusto”.
Essere capitano è bello, ma è pure una responsabilità. Le piace il ruolo?
“Sì. Il peso lo sento, ma in senso buono. Nel senso che mi motiva. Mi dà fiducia sulle mie potenzialità. Penso che, se è stata effettuata questa scelta, vuol dire che qualcosa di positivo l’ho fatto. Ne sono orgoglioso”.
Dalla Vuelta come è uscito?
“Nella seconda parte, è stata difficile. Prima una infezione al sottosella, poi una bronchite che ha preso mezzo gruppo. Però con la squadra abbiamo gestito bene il tutto, ho fatto una cura antibiotica in corsa avendo in mente, chiaramente, il Mondiale. A Vuelta finita, così, ero già in fase di recupero. E negli allenamenti tosti le sensazioni sono state soddisfacenti. L’ho detto anche a Villa, quando mi ha chiamato per avvisarmi della rinuncia di Pellizzari. Così l’ho tirato su di morale. La condizione ce l’ho, poi la gara di un giorno ha sempre tantissime incognite. Ma sono tranquillo”.
La Vuelta è stata condizionata parecchio dalle proteste pro-Pal contro il team Israel. Come l’ha vissuta?
“All’inizio, sembrava abbastanza sotto controllo la situazione. Iniziative che c’erano già state in passato. Dopo, però, no: è peggiorata. E non nascondo che l’ultimo giorno, a Madrid con la tappa interrotta, ho avuto paura. L’obiettivo era diventato attaccarci, usare violenza contro i corridori. Mi sono sentito in pericolo, alcuni sono stati buttati a terra. Ma anche il giorno in cui quel manifestante era spuntato dal bosco, quando era caduto lo spagnolo Romo… Ripeto, il senso di pericolo”.
Pensando al Mondiale: il sorpasso di Evenepoel a Pogacar nella cronometro può mettere un tarlo della mente di Tadej? “Remco ha fatto una prestazione stratosferica e questo gli darà grande fiducia per cercare quella doppietta già fatta l’anno scorso all’Olimpiade. Conosce i suoi numeri e dunque, con la testa, vola. Però può essere un’arma a doppio taglio”.
“Io guardo la situazione dal di fuori e ho provato a immaginare il giramento di scatole che sarà passato nella mente di Pogacar. Mi sono immedesimato. E ora penso che uno come lui, con la sua classe… Chissà che cosa si potrà inventare domenica. Ci sarà da divertirsi, questo è sicuro”.
E dal suo Mondiale, Giulio, che cosa si aspetta?
“Sapete come la penso: Pogacar e anche Evenepoel… Non sono al mio livello. Sono oltre. Allo stesso tempo, dopo di loro ci sono una serie di corridori di valore medio-alto. Io, anzi noi, possiamo esserci come squadra in quella dimensione. La gara si accenderà da lontano. Percorso durissimo, altitudine, smog, pavé, dislivello, circuito… Si trasformerà in una prova di sopravvivenza”.
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