«È una delle cose più spontanee che abbia mai detto. Se poi mi chiede come mi è venuto in mente non glielo so dire, ma fa parte del gergo dei miei amici del paese, per sottolineare un errore grossolano, quello della difesa israeliana. In una partita assurda».

Ha ricevuto tante critiche?

«Al contrario: ho sentito tanta condivisione. Gli odiatori dietro alla tastiera fanno notizia, ma gli amatori sono tanti e li trovo per strada: sani e puri, dai ragazzini agli ottantenni».

La serie A è il campionato al mondo con la più alta percentuale di allenatori ex calciatori. Non è che manca un po’ di contaminazione derivata da percorsi diversi, come i tedeschi Tuchel e Nagelsmann, o il nostro Farioli che dall’Ajax ora è passato al Porto?

«Gli allenatori citati non sarebbero nemmeno entrati al corso di Coverciano, per problemi di punteggio. Abbiamo dei criteri, non solo nel calcio, che non ti ritengono adeguato in partenza. E diventano delle barriere. Anche per questo l’Italia sembra sempre indietro: il cambiamento spaventa».

Questo riguarda anche l’impiego dei giovani italiani?

«Certo. Le Nazionali giovanili arrivano spesso in fondo, ma poi quelli di Spagna, Portogallo o Germania fanno i titolari nel calcio vero. È una questione culturale, il sistema fa fatica ad accettare i giovani. Camarda è un esempio: tutti devono essere forti a difenderlo come alternativa per il Milan. E invece va al Lecce. Siamo tutti complici».

Pio Esposito ha tre anni in più. Può resistere agli urti?

«Ha forza, è evoluto calcisticamente e si è guadagnato la conferma. Ma dobbiamo difenderlo se non segna per dieci partite, anche se all’Inter è dura: queste dieci partite di crescita potrebbero servire al Mondiale».

La comunicazione di Chivu è cominciata?

«È in una fase di mezzo: fa intravvedere che è retto, che ha idee, ma ancora non sa come imporsi per far vedere chi è veramente. Sente di poterci stare, ma ancora deve fare il salto. E lo vuole fare rispettando chi l’ha scelto, con fiducia forse eccessiva, e chi gli ha lasciato la squadra. Non lo vedo dubbioso, lo vedo riflessivo. Ma all’Inter non c’è troppo tempo».

Conte non si lamenta troppo?

«Non sono in disaccordo con lui: la squadra è stata allungata, non così rafforzata».

Lui ha qualcosa in più degli altri?

«Ha un rispetto unico del lavoro. Nessuno chiede tanto a sé stesso, allo staff e ai calciatori, come fa lui. Interiormente è quasi una missione. E poi si sottolinea troppo poco la sua evoluzione negli ultimi due anni: ha studiato tantissimo ed è tornato a sentirsi nei top 5 al mondo».

Si sono riuniti gli Oasis: lo faranno anche Adani e Vieri?

L’allenatore che si taglierebbe lo stipendio per lavorare con lei è De Zerbi?

Ha appena battuto col Marsiglia il Psg e ha detto che lui «è contro il potere»: allenerà mai una grandissima squadra con questo atteggiamento?

«In Francia c’è troppa disparità di mezzi. Ma la natura di Roberto è stare con quelli un po’ più deboli e trovare il piacere nel conflitto coi più forti. Ma allenerà una grande squadra, altrimenti sarebbe uno spreco. Se Silvio Baldini va all’Under 21 è la prova tangibile che i sogni si realizzano: è stata una scelta perfetta, stupenda, quella di cui ha bisogno un Paese».

Sarebbe uno spreco anche se Adani non allenasse?

«Non allenerò: romperò ancora le scatole parlando».