Non ci sono più i brocchi di una volta. La modernità ci ha reso tutti “carini” e X Factor non ha più quei sani mitomani che arrivano convinti di spaccare il mondo perché nel loro paesino, Vergate sul Membro, hanno vinto il Microfono di Sugna all’ultimo festival della canzone a bocca piena e se ne vanno alla fine dell’audizione nel pubblico ludibrio ricordandoci la Corrida di Corrado (salutiamo i 15enni che non sanno di cosa stiamo parlando, li recuperiamo dicendo che era un’Italia’s Got Talent con solo Mara Maionchi ad ascoltare, però). Ecco perché questa ultima puntata delle audition ha un merito: quello di regalarcene qualcuno, anzi qualcuna (una rarità) con un livello di inconsapevolezza soave. Quella che per intenderci c’era sempre ai tempi di Simona Ventura, quando l’audizione si faceva in uno studiolo insonorizzato e non c’era limite alla vergogna.
La nonna di Giuseppe Toma
VOTO
10
Giuseppe è un nipote fortunato. Giuseppe ha scritto un inedito acerbo, un po’ retorico, però se sei un ragazzo e hai quel mondo dentro e quella capacità di usare le parole, farai strada. X Factor in fondo serve a questo, prendere un talento e farlo crescere, migliorare. E lui in poco tempo farà entrambe le cose, lo capisci subito. Ma la prossima volta invece di una guerra che sa descrivere ma non conosce, canti quella donna minuta nel corpo ed enorme nel cuore che lo ama senza riserve, senza confini. Quella nonna che chiede spaurita a Giorgia «come è andata» e mi fa frignare fortissimo – ok, forse anche l’abuso di Patrol per non sentire il dolore alla gamba ha aiutato – quasi quanto la ricetta della sua lasagna.
A 16 anni canta Cocciante con la sua rivalsa dolente e urlata, con una voce ancora da educare ma un’interpretazione da animale da palco. E poi come suona, come se non gli costasse sforzo, con una naturalezza che impone il proprio ritmo pure ai respiri altrui. Lui rimane fermo, tutti si alzano in piedi. E l’impressione è che abbia pure rallentato prima del traguardo. E poi uno che dice «gentilissimo» a Jake La Furia vince il premio Nonno Boris.
Lei è cresciuta con Miley Cyrus e Giorgia. A 6 anni scriveva le frasi delle canzoni di quest’ultima sul diario. Non osiamo pensare in quale modo emulasse la prima. Voce clamorosa, sembra finta, come quegli occhi che faranno vittime. Porta Lana Del Rey, Blue Jeans, e a un certo punto sembra farsi il controcanto da sola. Una virtuosa senza fronzoli, se segue il giudice giusto potrebbe cantare qualsiasi cosa. E poi è irresistibile l’effetto Gigi La Trottola, mentre canta quella buffa e goffa e emozionatissima ragazzina diventa elegante, sexy, piena di grazia, con uno sguardo profondo e sicuro. Poi finisce e torna a essere riposseduta da Pollon.
Hal Quartier ha un’idea clamorosa. Prendere un capolavoro come Papaoutai di Stromae e usarlo per una lettera in napoletano al padre, proprio come aveva fatto il genio belga col suo. Le parole sono meravigliose – come quel “volevo dare una soddisfazione a mia madre e darmi una possibilità io” o anche “per me la musica è stata la possibilità di scegliere tra il bene e il male” – e l’Auto-Tune non dà fastidio, anzi. Vorresti abbracciarlo, dirgli che ha spaccato e che ha già vinto. Ma la verità è che uno che ha saputo inventarsi una cosa così speri che abbia anche altri colpi in canna. Che non abbia “solo” questo momento, che comunque altri non hanno in una carriera intera. Non mi innamoravo di un napoletano a X Factor dai tempi di Anastasio.
Sei rock, di quello vero e tondo, e ti canti (poco), suoni (il giusto), godi (parecchio) Up Patriots to Arms scarnificata e dritta. Ti piacciono, anche se fanno di tutto per non farlo. Il look è improbabile, il talento è sghembo, però c’è musica e ritmo e voglia in ogni singolo secondo e nervo di quei tre ragazzi. E gli occhi di quel cantante che ammette di «cantare fin dove arrivo e poi faccio rap hardcore», quell’inquietudine che brucia in quegli occhi come quelle note del maestro Battiato che divora e restituisce con necessità più forte dell’armonia mi è piaciuto tanto. Quella sua fragilità di chi ingoia la gomma americana se glielo fanno notare e poi urla Battiato mi fa innamorare perdutamente di questa band che non ha nulla di perfetto. Ed è il suo bello.

Foto: Virginia Bettoja
La senti parlare e ti chiedi se qualcuno ha mai pensato di suggerirle il nome d’arte x2, come la velocità a cui sento tutti i messaggi sopra i 48 secondi che mi arrivano su WhatsApp (fatelo anche con i miei, sono così lunghi che i miei amici del Fantacalcio li chiamano podcast e per questo mi odiano: o forse perché vinco sempre, chissà, andrebbe chiesto a Cristiano Bolla, che mi ha appena sconfitto in Supercoppa e contesta ogni mia vittoria da anni, ma io lo amo lo stesso). La sua Gloria di Patti Smith è bella, e il sospetto che ci sarebbero stati quattro sì se lei l’avesse cantata dietro il palco e senza parlare prima. Eleonora è una bolla in cui può succedere di tutto, è una performance vivente, ma per una volta hanno ragione i giudici: una così, anche se parla velocissima, in pochi minuti la castri. Dovremmo vederla vivere per 24 ore, oltre che cantare, per amarla come merita. Sono diventato transfemminista e antispecista solo per lei, se solo sapessi davvero cosa vuol dire.

Foto: Virginia Bettoja
Under 40 per poco, procastinatori seriali, per metà canzone ti fanno pensare che se avessero rimandato ancora il loro arrivo a X Factor avrebbero fatto un favore a tutti, ma soprattutto a sé stessi. Poi li ascolti più attentamente e mentre il loro ohohoooohohhoooho alla Righeira ti trapana la testa, capisci che dicono pure cose interessanti. Tutto molto bello? No, ma vorrei capire se questo è il migliore dei loro inediti – e allora li dimenticheremo presto – oppure è solo un pezzo paraculo per sfangare i Bootcamp, che è sempre meglio di chi arriva cantando qualcosa che è la vanga con cui si scava la fossa.
Saper fare intrattenimento demenziale e situazionista senza esserne perfettamente coscienti. O probabilmente non avendone alcuna contezza. Tecnica notevole di tutto il gruppo, frontman caricaturale che è così figo nella sua follia che nessuno ha mai avuto il coraggio di dirgli la verità (tranne Jake La Furia, che poi però non può resistergli e diventa l’Alessandro Borghese di X Factor, col suo voto che può sovvertire tutto e lo fa, diamine), se ci fosse un X Cover Band loro arriverebbero primi e secondi. Voto basso, perché sono improbabili, ma godo nel pensare che li risentirò ancora. Grazie Jake, tu sì che sai cosa vuol dire guilty pleasure.
Francesca Carbonelli
VOTO
3
Perché La donna cannone? L’ha fatta sentire a Rose Villain mentre erano in tour e lei armonizzava e “corizzava”? Una virtuosa Francesca? Forse. Ma come fa a prendere il pezzo che ha più bisogno di intimità e rarefazione e metterci in mezzo tutti quei ghirigori che non danno nulla al pezzo. Anzi, ci distraggono. E se non lo capisci, questo lavoro non è che tu lo possa tanto fare. Puoi usare la tua bellissima voce e la tua capacità tecnica per colorare gli altri, ma non dipingerai capolavori da sola.
Ancora tu, lo diranno i giudici quando ricorderanno di averlo promosso senza meriti. Performance incomprensibile come il suo nome d’arte – Androgynus – e il fatto che è diplomato in violino, sa suonare il piano ma decide di maltrattare una chitarra suonandola su una base pure troppo alta. Va fuori tempo, fuori fuoco, fuori dalla canzone. Ma non fuori da X Factor, come speravamo tutti. Non è comunque quello che ha fatto più male a Lucio Battisti, ma solo perché prima di lui tale Mya De Angelis ha provato a vilipenderne il cadavere con la sola forza e imposizione delle proprie corde vocali. Un miracolato.
Giacinta Mandelli e Mya De Angelis
VOTO
1

Foto: Virginia Bettoja
Giacinta è di Como ma vive a Parigi. Tiene a dire a tutti noi che ha un rapporto problematico con l’Italia, che a naso non lo sapeva. Dopo aver cantato, massacrato, devastato con grottesca arroganza molto transalpina Sweet Dreams, siamo sicuri che l’Italia si guarderà bene dal fare pace con Giacinta. Anzi, risentendola nella replica, vien voglia di ripristinare gli istituti dell’esilio e del confino. Mya prende Fiori rosa, fiori di pesco e ci fa sospettare che siano altri i fiori che ama. A dire la verità lo pensiamo già quando vediamo il suo look, però non amiamo avere pregiudizi. E a volte sbagliamo. Solo a volte. Come direbbe Luca Bizzarri, povere ragazze, non hanno un amico.
Il patriarcato imperante a X Factor
VOTO
0
Pippetta e a nanna. Non ditalinetto e a nanna. Milano è piena di figa, non piena di cazzo (che poi bastava del coraggio e una c e i Magazzeno diventavano Macazzeno). Divertente scherzare con la musica demenziale, ma almeno lì proviamo a farlo senza le “solite” quattro battute fallocentriche? Su, Magazzeno, provate con me. “Ora ti facciamo contento Sollazzo, A Milano c’è pure il cazzo!”. Ok, la smetto. Pippetta, e a nanna.