La Moldavia al bivio: duello tra filo-Ue e filo-russi

Oltre il confine orientale, l’Ucraina sotto le bombe. A sud-ovest, la nuova frontiera della difesa Ue con una fabbrica di droni finanziata da Bucarest. Nel mezzo, nel punto più fragile del fianco orientale della Nato, la Moldavia domenica andrà al voto con il fiato del Cremlino sul collo e lo sguardo vigile di Bruxelles. Non è soltanto la composizione di un parlamento da 101 seggi a essere in gioco, ma la direzione dell’ex repubblica sovietica che oscilla tra l’integrazione occidentale e il ritorno nell’orbita russa. A ricordarlo, a fine agosto, sono stati Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Donald Tusk: «Non ci sarà un’Europa sicura senza una Moldavia indipendente», hanno scandito insieme da Chisinau. Ma i sondaggi raccontano un testa a testa sul filo: il Partito d’azione e solidarietà (Pas) europeista della presidente Maia Sandu e del premier Dorin Recean, guidato da Igor Grosu, guida al 24,9%, appena una manciata di voti sopra al blocco patriottico filorusso dell’ex presidente Igor Dodo, al 24,7%. Un governo amico di Mosca diventerebbe un «trampolino di lancio per attacchi ibridi contro l’Ue», aveva avvertito Sandu accanto ai leader europei pochi giorni prima che le incursioni russe si intensificassero nei cieli europei, definendo il voto «il più importante della storia» del Paese stretto tra Ucraina e Romania. Per lei è una sfida di sopravvivenza politica, per Bruxelles un banco di prova: dimostrare di saper difendere non solo Kiev ma l’intero fronte orientale e, insieme, la propria politica di allargamento, che dal 23 giugno 2022 include Chisinau tra i Paesi candidati all’ingresso. «L’Europa non può permettersi di perdere la Moldavia, lasciandola all’influenza russa. Supportarne la stabilità è meno costoso che pagare il prezzo di una nuova destabilizzazione», ha rincarato Volodymyr Zelensky dalle Nazioni Unite, restituendo la temperatura di un clima sempre più teso dove i sospetti d’ingerenza sono all’ordine del giorno. La Bbc ha rivelato una rete segreta finanziata dal Cremlino per diffondere propaganda, sondaggi falsi e fake news, orchestrata dall’oligarca latitante a Mosca Ilan Shor e dall’ong Evrazia, accusata di corruzione anti-Ue nel referendum del 2024. Ma non è solo una guerra di narrazioni con Vladimir Putin che, nelle denunce di Sandu, ha speso «centinaia di milioni» per comprare voti e alimentare disordini con troll e intelligenza artificiale: anche la stessa commissione elettorale, stando alle accuse della vicepremier Doina Nistor, è stata colpita da un cyberattacco per mano di Mosca. Il Pas, nella visione del Ppe di Ursula von der Leyen impegnato a contestare le interferenze «senza precedenti del Cremlino», «rimane l’unica forza politica in grado di guidare la Moldavia nell’Ue ed è il partner di fiducia dell’Europa in questo sforzo». Ma, con margini così stretti, i partiti minori potrebbero risultare decisivi. Il blocco Alternativa – guidato dal sindaco di Chisinau Ion Ceban e dall’ex procuratore Alexandru Stoianoglo – punta agli elettori centristi delusi: si dice europeista ma accusa il governo di non garantire infrastrutture, salari e pensioni dignitosi. Per alcuni analisti è il guastafeste che può indebolire il Pas e lasciare spiragli d’influenza a Mosca. Nel fronte minore c’è anche il populista Nostro Partito di Renato Usatii, ex alleato dei nazionalisti russi. Decisiva sarà ancora una volta la diaspora: oltre un milione di moldavi all’estero, già decisivi al referendum pro-Ue vinto per soli 13mila voti. E a rendere il quadro più incerto è l’incognita Transnistria, con i suoi 277 mila elettori sotto controllo separatista e una disinformazione russa che lavora a pieno regime.