Una recente dichiarazione scientifica dell’American Heart Association, evidenzia un legame stretto tra infarto e salute psicologica. 

Gli esperti sottolineano come ansia, depressione e stress post-traumatico possano influenzare il rischio di nuovi eventi cardiaci, con un impatto particolarmente significativo sulle donne e sulle persone sole. 

I dati mostrano che fino al 50% dei sopravvissuti a un infarto sviluppa disturbi psicologici, suggerendo la necessità di considerare il recupero emotivo come parte integrante della riabilitazione cardiaca.

Il disagio psicologico post-infarto

Secondo le evidenze più recenti, il 33% dei pazienti sviluppa depressione entro un anno dall’infarto, rispetto all’8% della popolazione generale. Ansia e stress possono colpire fino al 50% dei pazienti durante il ricovero e persistere nel 20-30% dei casi anche mesi dopo le dimissioni..

Queste condizioni, definite come postmyocardial psychological distress (PMPD), includono anche il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e sono associate a un aumento del rischio di nuovi eventi cardiaci e mortalità. Chi manifesta PMPD può avere fino a 1,5 volte più probabilità di subire un altro infarto.

Le donne rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile: isolamento sociale, lavoro precario, scarso supporto familiare e la presenza di precedenti disturbi psicologici aumentano sensibilmente il rischio di disagio emotivo post-infarto.

In particolare, le donne non sposate, immigrate o con comorbidità mostrano una maggiore predisposizione a sviluppare ansia e depressione dopo un evento cardiaco acuto.

Come la mente influisce sul cuore

Il legame tra psiche e cuore è supportato da meccanismi biologicamente plausibili: l’infarto provoca infiammazione, sbalzi ormonali e alterazioni chimiche cerebrali che favoriscono ansia e depressione. Lo stress acuto può determinare vasocostrizione coronarica, riduzione del flusso sanguigno e aritmie, mentre lo stress cronico aumenta la pressione e peggiora l’infiammazione.

Depressione, ansia e PTSD non influenzano solo la salute mentale: favoriscono comportamenti a rischio come inattività fisica, fumo, scarsa aderenza ai farmaci, isolamento sociale e scarsa partecipazione ai programmi di riabilitazione cardiaca.

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Interventi per la psiche e il cuore

Gli esperti raccomandano un approccio integrato: curare il cuore non significa solo gestire la patologia fisica, ma anche monitorare e trattare la salute mentale. Le strategie più efficaci includono:

  • terapia cognitivo-comportamentale, anche online, per ridurre ansia e depressione;
  • farmaci antidepressivi sicuri, come gli SSRI, indicati anche dopo infarto;
  • mindfulness, yoga e meditazione, utili a ridurre lo stress;
  • esercizio fisico regolare, dieta equilibrata e sonno adeguato;
  • programmi di riabilitazione cardiaca che integrano valutazione psicologica e supporto emotivo.

Studi osservazionali indicano che il trattamento del PMPD può portare a una riduzione dei sintomi depressivi e ansiosi e, in alcuni casi, a un miglioramento della prognosi cardiaca, sebbene siano necessari ulteriori trial clinici di qualità per confermare l’impatto sugli eventi futuri.

In ogni caso occorre fare chiarezza: non tutte le emozioni post-infarto indicano un problema clinico. Paura, insonnia o tristezza possono essere normali. Tuttavia, persistenti sintomi di tristezza profonda, disperazione, preoccupazione eccessiva o evitamento sociale possono segnalare depressione, ansia o PTSD. Riconoscerli precocemente è fondamentale per la prevenzione di nuovi eventi cardiaci.

 Fonti:

  • American Heart Association – Post–Myocardial Infarction Psychological Distress: A Scientific Statement From the American Heart Association
  • BMC Psychiatry – Efficacy and safety of antidepressant in post-myocardial infarction associated depression: a meta-analysis and systematic review