La Sezione Lavoro della Cassazione, con l’ordinanza numero 25525/2025 pubblicata lo scorso 17 settembre, ha stabilito un principio fondamentale che ridisegna i diritti dei lavoratori sanitari. La Suprema Corte ha chiarito definitivamente che chiunque, nel settore sanitario, lavori più di sei ore ha diritto a consumare un pasto, indipendentemente dalla tipologia di turno svolto. Questa decisione rappresenta una vera e propria svolta per migliaia di professionisti che, fino ad oggi, si vedevano negare questo diritto basilare a causa di regolamenti aziendali troppo restrittivi.

Il caso che ha portato a questa storica pronuncia riguarda 14 infermieri professionali turnisti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, che avevano intentato una ca usa per vedersi riconosciuto il diritto al servizio mensa o, in alternativa, al buono pasto sostitutivo. Nonostante il regolamento interno dell’azienda limitasse questo beneficio esclusivamente al personale non turnista con rientro pomeridiano, i professionisti hanno deciso di non arrendersi e di portare la questione davanti ai tribunali, ottenendo infine ragione dalla Cassazione.

Il principio della continuità assistenziale non può privare del diritto al pasto

La Cassazione ha confermato quanto già stabilito dalla Corte d’Appello, che aveva riformato la sentenza di primo grado, applicando i principi contenuti nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore sanità del 2001 e nell’articolo 8 del D. Lgs. 66/2003. Secondo questa normativa, quando l’orario lavorativo supera le sei ore consecutive, scatta automaticamente il diritto alla consumazione di un pasto. La particolarità della decisione sta nel fatto che, quando la continuità assistenziale impedisce l’accesso fisico alla mensa aziendale, questo diritto non scompare, ma si trasforma semplicemente assumendo la forma del buono pasto sostitutivo.

Questo aspetto è di fondamentale importanza per tutti quei lavoratori del settore sanitario che, a causa della natura del loro lavoro, non possono abbandonare il posto di servizio per recarsi in mensa. La Corte ha stabilito che la continuità assistenziale, pur essendo una necessità imprescindibile del servizio sanitario, non può diventare un pretesto per negare ai lavoratori un diritto fondamentale, come quello all’alimentazione durante lunghi turni di lavoro.

La pausa pranzo come diritto inviolabile

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione del ragionamento giuridico che ha portato a questa decisione. Nel pubblico impiego privatizzato, la possibilità di ricevere un buono pasto è subordinata esclusivamente alla presenza di una pausa pranzo. Partendo da questo presupposto, i giudici hanno sviluppato un ragionamento logico inattaccabile: se è vero che chi lavora più di sei ore ha diritto a un momento di pausa, allora il collegamento tra questo diritto e quello alla mensa (o al buono pasto sostitutivo) diventa automatico e indiscutibile.

La Cassazione ha, inoltre, sottolineato come la normativa preveda espressamente un intervallo per la consumazione del pasto quando l’orario lavorativo eccede le sei ore, senza operare alcuna distinzione tra lavoratori turnisti e non turnisti. Questa precisazione elimina definitivamente ogni possibile interpretazione restrittiva da parte delle aziende sanitarie, che spesso utilizzavano la distinzione tra diverse tipologie di lavoratori per negare benefici fondamentali. La sentenza stabilisce, quindi, che il diritto al pasto durante i turni lunghi è universale e non può essere limitato da regolamenti aziendali che contraddicano le disposizioni di legge.

Implicazioni pratiche per migliaia di lavoratori

Questa decisione della Cassazione avrà ripercussioni enormi su tutto il sistema sanitario nazionale. Migliaia di infermieri, operatori sanitari e tecnici – che, fino ad oggi, si vedevano negare il diritto al buono pasto – potranno finalmente rivendicare tale beneficio, facendo riferimento a questa storica pronuncia. Le aziende sanitarie dovranno necessariamente rivedere i propri regolamenti interni, allineandoli alle disposizioni di legge e alla giurisprudenza consolidata, eliminando ogni discriminazione tra lavoratori turnisti e non turnisti.

L’impatto economico non sarà trascurabile: le aziende sanitarie dovranno prevedere stanziamenti aggiuntivi per garantire i buoni pasto a tutto il personale che lavora oltre le sei ore, ma si tratta di un investimento necessario per garantire condizioni di lavoro dignitose a chi, ogni giorno, si prende cura della salute dei cittadini.