Dal legame fortissimo con papà Graziano alla passione per i motori, esplosa all’improvviso nel 1976, quando il padre regista lo accompagnò sul set di una pubblicità sulla pista di Fiorano, salendo nella Ferrari nientepopodimeno che di Niki Lauda. Un giorno decisivo per la sua vita, perchè dall’abitacolo di quella rossa decise che da grande avrebbe fatto il pilota. Ivan Capelli ha aperto lo scrigno dei suoi ricordi, raccontandosi venerdì sera in un teatro Verdi tutto esaurito attraverso un appuntamento organizzato dal Ferrari Club artusiano, guidato dal presidente Filippo Ambrosini.
L’ex pilota di Formula Uno, oggi telecronista e opinionista di Sky Sport, stuzzicato dalle domande di Boris Casadio, speaker degli autodromi di Imola e Misano, ha presentato il libro “Quella volta che…memoria di vita e di corse” edito da Giorgio Nada Editore, preceduto dalla proiezione di “Natural Born Driver – L’incredibile storia di Ivan Capelli”, documentario Sky Original di Gionata Zanetta. Ad ascoltare con attenzione gli aneddoti che hanno accompagnato Capelli nella sua vita anche la sindaca Milena Garavini, il vicesindaco Enrico Monti e il direttore dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola Pietro Benvenuti.
“Prima di realizzare il film avevo in mente di scrivere un libro a fumetti, un’idea che mi è venuta nel periodo in cui sono stato presidente dell’Automobile Club di Milano, dal 2014 al 2018 – ha confessato Capelli -. Il mio desiderio era quello di coinvolgere soprattutto i ragazzi, perché in quel periodo la Formula Uno non aveva quell’appeal che sta avendo adesso. Nel frattempo ho trovato in uno scatolone delle pellicole che aveva realizzato mio padre quando correvo e da lì è nato il docufilm. Ho ricevuto tanti apprezzamenti, ma non avevo cancellato il sogno di raccontare altri aneddoti. E, con il supporto di Stefano Nada, è nato il libro. E me lo sono scritto da solo, parola per parola, senza l’aiuto di un Ghost Rider”. Un libro che è andato esaurito e che uscirà in seconda edizione dalla prima settembre di ottobre.
Il numero 55
Cinquantacinque storie, come 55 era il numero che aveva accompagnato Capelli nelle prime gare con i kart. “Ero un fan di Mario Andretti, che gareggiava con la Lotus nera con il numero cinque – è la premessa -. Mio padre comprò adesivi solo con il numero 5 da applicare al kart, ma per la mia prima gara quel numero era stato già assegnato ad un altro pilota. E così, avendo solo numeri 5, abbiamo puntato sul 55, tenendolo per il resto della stagione. Nel primo anno ho avuto un inizio dirompente, su 24 gare, ne ho vinte 16”.
Il rapporto con il padre
Nel libro emerge il bellissimo rapporto con papà Graziano, che l’ha accompagnato nel suo percorso da pilota, spronandolo ad inseguire i propri sogni. “Mio padre era un matto nel senso buono – il ricordo di Capelli -. Era un sognatore, un visionario, che cercava di concretizzare un progetto anche quando non c’era il denaro a sufficienza. Era un fotografo di matrimoni, che si spostava per Milano con la moto, facendo inoltre il fattorino per un’azienda che produceva vetro, dove conobbe mia madre. Lui quando si metteva in testa una cosa riusciva a trovare il modo per farla. Non venivamo bollati come padre e figlio, ma come due fratelli, perché avevamo un rapporto molto aperto. La cosa bella di quel periodo è che lo facevamo per divertirci, senza metterci pressione”.
L’avventura in F1
Dopo aver vinto il Campionato europeo di F3 nel 1984, nel 1985 dopo aver cominciato a mettersi in luce in F3000 arrivò la chiamata in Formula Uno da Ken Tyrrel. “Partì da solo per Brands Hatch, dove si sarebbe dovuto disputare il Gran Premio di Europa, rapportandomi con i cronisti italiani al seguito, come Marcello Sabattini, Eugenio Zignotto o Nestore Morosini”, ha confessato. In quell’anno, tra l’altro, Capelli era impegnato anche con il servizio di leva, saltando le prime due gare di F3000.
E’ con Lethon House che Capelli dal 1988 è entrato in pianta stabile nella massima serie automobilistica, dove ha lavorato con l’ingegner Adrian Newey. “Correvo su un’auto piccolissima, con cavi elettrici che ci passavano dalla schiena e la leva del cambio che mi arrivava al polso – il ricordo -. Con il mio compagno di squadra Maurício Gugelmin ci lamentavano spesso. E così, durante i test di Vallelunga, Adrian si mise in macchina, compiendo qualche giro lentamente, per poi dire che si guidava bene. Era un genio, prendendo spunto per i suoi progetti guardando ad esempio anche gli aerei. E’ uno che non scarta nulla”.
Con la Lethon House March arrivò anche uno splendido podio nel 1990 nel Gran Premio di Francia a Le Castellet, con Alain Prost su Ferrari che gli tolse la vittoria a pochi giri dalla fine. “Quel fine settimana nacque con uno studio preciso, sin dal venerdì, di fare la gara senza cambiare le gomme nonostante un asfalto particolarmente abrasivo – la confessione di Capelli -. La domenica mattina, mentre facevo colazione, dissi alla squadra che saremmo saliti sul podio nonostante partissimo dall’undicesima posizione. C’era un atmosfera magica. La gara è andata nella direzione giusta. Sono riuscito a tener dietro Prost nonostante non avessi lo specchietto di destra, che si staccò per le vibrazioni”. Fu una Formula Uno “dove ci si divertiva tanto, perchè non si risparmiavano le ruotate senza particolari polemiche”. Il punto di riferimento? “Ayrton Senna, in tutte le situazioni”.
L’incontro con Enzo Ferrari
Uno dei momenti particolarmente importanti nella vita di Capelli è stato l’incontro con Enzo Ferrari. “Ebbi brividi positivi – la confessione -. Dovevo ricevere il premio Tartaruga d’oro, inventato dai giornalisti, ma era una scusa per incontrare Ferrari e fargli domande a 360 gradi. Era un uomo che quando parlava non aveva esitazioni, una sorta di libro scritto, e mi impressionò come avesse tutto sotto controllo. Era speciale”.
Il 1992 fu l’anno in cui Capelli corse con il Cavallino Rampante, ma senza cogliere risultati di rilievo. “Avevo firmato per la Scuderia Italia, che aveva motori Ferrari – il ricordo -. Poi ci fu il licenziamento di Prost e arrivò la chiamata dell’ingegner Lombardi. Firmai al buio un contratto di quattro anni, il sogno di una vita realizzato, ma senza aver mai visto la vettura. La F92A si è rivelata una monoposto non competitiva, specialmente confrontandola con la Williams che aveva le sospensione attive”. L’anno successivo indossò la tuta della Jordan: “Disputai due gare, poi Eddie Jordan (patron del team, ndr) mi disse che per correre dovevo pagare un milione di euro. E li finì la mia avventura in Formula Uno, ma poi mi sono inventato cronista”.
L’avventura da cronista
“Non avevo più un volante ed ero disoccupato – prosegue il racconto -. Oscar Orefici, giornalista di Italia Uno, mi chiamò dicendomi che Tele Più stava cercando un telecronista. Feci un provino a Segrate e mi fecero il contratto. Da li in poi il campionato di Formula Uno l’ho seguito microfono in mano, prima in Rai e poi Sky”.
La passione per il calcio
Prima di innamorarsi dei motori, Capelli aveva un’altra passione, quella per il calcio (giocava nelle giovanili della Pro Sesto con quello che sarebbe diventato un giocatore della Juventus Massimo Carrera), che l’ha accompagnato durante la sua carriera con la Nazionale Piloti, con tante partite a scopo benefico che hanno permesso di raccogliere decine di milioni di euro devoluti a diverse associazioni. “Era divertente avere in squadra Michael Schumacher, perchè ogni volta che scendeva in campo, come ad esempio contro la Nazionale Cantanti, lo faceva per vincere”, ha confessato. Altro sport praticato da Capelli fu lo sci. “Con la roulotte andavamo con la mia famiglia a Ponte di Legno – il ricordo -. Sciando ho capito l’importanza delle traiettorie”.
Un’accoglienza speciale
L’ex pilota di March e Ferrari è rimasto colpito “dall’accoglienza speciale” dei soci del Ferrari Club Forlimpopoli e del pubblico che ha riempito le poltroncine rosse dello storico teatro, sentendo sulla propria pelle “la passione e l’amore per il motorsport”. “Era una serata alla quale il Ferrari Club di Forlimpopoli teneva tantissimo – le parole del presidente Ambrosini -. Ivan Capelli l’ho sempre stimato tantissimo, prima come pilota e poi come commentatore televisivo. Poterlo avere qui è stata una cosa esagerata e vedere un pubblico così numeroso ha fatto un immenso piacere. Ringrazio il Comune di Forlimpopoli per aver patrocinato la serata”. Una serata speciale, ‘rubando’ le parole utilizzate da Boris Casadio, “dove l’amore e la passione per i motori si sono fatti sentire”.