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A “Tale e quale” l’allarme è scattato appena è stato pronunciata una parola: ripetente. Un modo per annunciare che un protagonista dell’anno passato è stato confermato. Una sorta di ‘a grande richiesta’ che ‘a grande richiesta’ non è, perché il pubblico, in realtà, non ha invocato nulla.
Quello che era già accaduto con Francesco Paolantoni e Gabriele Cirilli è stato replicato con Carmen Di Pietro, ultima classificata nell’edizione 2024, quando il voto più basso in pagella più che un affronto era diventato una missione.
Sì perché l’ex moglie di Sandro Paternostro al personaggio da imitare non si è mai avvicinata. Anzi, il senso della sua partecipazione alla trasmissione è stato fin dal principio quello di distanziarsi enormemente dall’obiettivo, per creare quel contrasto che dovrebbe far scattare in automatico la risata.
Alla fine ci vuole poco: sbagliare un attacco, andare fuori tonalità, cannare la pronuncia in inglese e forzare la stonatura. Roba da manuale della comicità, peccato però che non ci sia nulla di meno divertente di una gag artificiale, messa in piedi a tavolino e insopportabilmente programmata.
La Di Pietro, di fatto, non è in gara, non compete. E’ semplicemente il ‘jolly-farsa’ di uno show che pone le sue basi sulla triste reiterazione: l’estremizzazione dell’assurdo, l’inevitabile confronto-scontro con Cristiano Malgioglio (pure lui sembra aver esaurito le cartucce), l’inquadratura del dettaglio (ad esempio il gobbo che mostra il testo del brano in una versione maccheronica).
Gabriele Cirilli in un ruolo sbiadito
Per non parlare del citato Cirilli, riapparso per l’ennesima volta, nell’ennesimo ruolo sbiadito, in quanto ‘accompagnatore’ di Flavio Insinna che, non si sa per quale dannato motivo, non ha potuto percorrere questa avventura in solitaria, seguendo le orme di Amadeus e Fabrizio Frizzi che in “Tale e Quale” trovarono il loro personale rilancio. E così, Insinna nei panni di Lucio Corsi è stato ‘sporcato’ da un duetto insensato e disarmante con Cirilli-Pavarotti.
Confermare all’infinito ciò che ha funzionato la prima volta: è da sempre il difetto di Carlo Conti, che purtroppo confonde questo concetto con quello di tradizione.
La malattia di “Tale e Quale” – oltre ad un livello di make up assai scadente – è invece la saturazione. Spolpato e spremuto all’inverosimile con mille derivazioni e spin-off, il format è come se viaggiasse con la seconda marcia innestata, incapace di liberarsi da ostacoli auto-imposti sul tragitto.
E gli appena 2,8 milioni di spettatori radunati all’esordio, forse, rappresentano un segnale. Che resterà certamente inascoltato.