Il progetto complessivo
Kubilius ha spiegato che il muro anti-drone è parte di un progetto più ampio, l’Eastern Flank Watch (Guardia del Fianco Est), «progetto di punta sulla difesa volto a proteggere l’intera Unione Europea» che avrà una componente «terrestre» (ad esempio le trincee anti-carro), di «sicurezza marittima per il Mar Baltico e il Mar Nero» e «misure sullo spazio».
I paesi interessati
All’incontro hanno partecipato i ministri della Difesa di Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia. Inoltre si sono uniti l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas, la presidenza danese del Consiglio e un rappresentante della Nato.
I tempi
Il ministro della Difesa ucraino Denys Shmyhal ha condiviso l’esperienza sul campo di Kiev. Il tema verrà trattato anche al vertice informale dei leader Ue di Copenaghen ma, intanto, gli sherpa dei ministeri inizieranno il lavoro pratico, perché è imperativo progredire spediti. La Nato, in tutto questo, non sta certo a guardare e dal Quartier Generale fanno sapere che i primi sistemi di nuova generazione saranno dislocati già nelle prossime «settimane e mesi». Avere però un sistema integrato di allerta e risposta lungo l’intero fianco orientale, dalla Finlandia (che ha 1300 chilometri di confine con la Russia) al Mar Nero, è un’impresa monumentale, oltre che dispendiosa.
Le ipotesi
Secondo fonti consultate dall’Ansa, sono in corso analisi per capire quale sistema adottare, con un mix di «strumenti cinetici» (termine tecnico per missili, mitragliatrici, droni intercettori) e non (ad esempio mezzi cyber, elettromagnetici o i prototipi di cannoni laser). Anche perché il modello messo a punto dall’Ucraina, oggi tanto citato, necessiterebbe di «milioni d’intercettori». «Gli specialisti di Kiev dicono che alla sola Lituania, che ha 900 chilometri di frontiera con Russia e Bielorussia, ne servirebbero 3 milioni», afferma una delle fonti. L’ecosistema costruito dall’Ucraina sotto la spinta della necessità è capace di assicurare volumi enormi. Ma replicarlo sul scala europea non sarà semplice né economico.
L’importanza dei sensori
Gli aeromobili senza equipaggio (Unmanned Aircraft System, UAS) non cooperativi, noti comunemente come “droni”, possono minacciare infrastrutture critiche, come impianti energetici, aeroporti e porti, nonché raccogliere informazioni sensibili. Lo sviluppo di sensori per individuare i droni in maniera più precisa è una delle tendenze tecnologiche su cui la Ue lavora. Le capacità dei sensori possono essere ulteriormente sviluppate, non soltanto per individuare un drone, ma anche per valutare, mediante l’analisi del modello di volo, la definizione del carico utile e l’individuazione delle attrezzature, le minacce che esso comporta. I sensori e i sistemi di individuazione devono potersi adattare alle mutevoli forme e capacità dei droni (velocità, agilità, capacità di usare falsi bersagli, eccetera). In ambito europeo, sono in prima fila nell’attività di contrasto alle minacce poste dai droni la rete europea dei servizi tecnologici per attività di contrasto (ENLETS); la rete dell’Ue che coordina le unità di polizia e guardie di frontiera negli aeroporti (AIRPOL); la rete dell’Unione europea che riunisce le unità speciali d’intervento (ATLAS); e la rete “alto rischio di sicurezza” della Ue. Una missione complessa dal punto di vista tecnico, ma strategica sul piano della difesa.