Roma stringe su Bpm, Commerzbank alza gli scudi, Generali scende al 2%: l’autunno che ridisegna la finanza italiana.

(Foto: Andrea Orcel, Ceo di Unicredit).

Nel giro di tre settimane la finanza italiana ha cambiato pelle. Monte dei Paschi ha sbancato Mediobanca, Alberto Nagel ha lasciato il timone e Unicredit — dopo cinque anni di cura Orcel — si ritrova al centro del tavolo: cap leader per capitalizzazione in Italia, mani su Commerzbank, disimpegno tattico da Generali e variabili politiche su Banco Bpm. L’autunno non è una stagione di passaggio: è la partita.


Cosa è cambiato davvero

Il sorpasso è nei fatti: Unicredit ha superato Intesa Sanpaolo per capitalizzazione grazie a una lunga corsa di Borsa, mentre in parallelo Mps ha conquistato la maggioranza di Mediobanca con un’operazione da 16 miliardi, aprendo la porta a un nuovo board e all’uscita di Nagel. Il “terzo polo” invocato da anni si materializza, ma a geometria variabile: Bpm oscilla tra un’intesa con Crédit Agricole Italia e il richiamo verso Siena.


Il dossier Unicredit: tre fronti, una traiettoria

Primo fronte: Italia. A Milano si gioca l’equilibrio tra banche e assicurazioni. Unicredit ha ridotto la partecipazione in Generali intorno al 2%, segnale non neutro in un’arena in cui Delfin e Caltagirone muovono le pedine. La mossa libera capitale e flessibilità: meno incastri azionari, più opzioni industriali.

Secondo fronte: Bpm. Sul tavolo aleggia Crédit Agricole: Roma ha già scandito che varrà il golden power, clausola che può piegare tempi e perimetro dell’operazione. Per Orcel, l’eventuale matrimonio transalpino renderebbe più complessa una futura traiettoria domestica.

Terzo fronte: Germania. È qui che il disegno diventa esplicito: Unicredit è salita intorno al 26% in Commerzbank con obiettivo sotto il 30%, soglia chiave per non scatenare obblighi pieni d’offerta ma avere voce fortissima sul futuro dell’istituto di Francoforte. Commerzbank, però, risponde con un buyback da 1 miliardo per blindare l’indipendenza e alzare i costi politici di una fusione.


Il segnale politico: Roma vuole decidere i tempi

Il ministro Giancarlo Giorgetti ha inchiodato la cornice normativa: “Il golden power si applica anche a loro”. Traduzione: nessun automatismo su Bpm-Crédit Agricole e stessa disciplina per tutti. Palazzo Chigi difende la coerenza della strategia: banche solide, credito all’economia reale e risparmio nazionale come interesse da tutelare. Unicredit dovrà misurare le proprie mosse anche con questo perimetro.


Milano–Francoforte: il gioco a somma non zero

In Germania il messaggio è arrivato forte. La ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, ha legato il nuovo riacquisto di azioni alla creazione di valore e all’autonomia. Nelle sue parole c’è l’argine al pressing di Orcel, che da mesi teorizza le sinergie industriali di un asse Milano-Francoforte. Unicredit può intanto incassare dividendi e plusvalenze latenti, ma la spallata finale richiede consenso: regolatori, politica e mercato tedesco.


La fine dell’era Nagel e cosa resta di Piazzetta Cuccia

Nagel si congeda dopo 17 anni con un passaggio di consegne accelerato. Nel mezzo, la liquidazione di pacchetti azionari (oltre 21 milioni ricavati dalla vendita di un milione di titoli a metà settembre) e la lettera d’addio ai dipendenti — “Non potrò mai ringraziarvi abbastanza” — che chiude simbolicamente il ciclo della Mediobanca moderna, più wealth e meno investment puro. Mps promette continuità di brand e leadership nuova: la sfida è tenere la clientela di fascia alta senza snaturare l’istituzione.


Scenari: cosa guarda davvero Orcel

Uno. Se Bpm si unisse a Crédit Agricole, Unicredit spingerebbe con più decisione sull’estero (Germania in primis).

Due. Se Roma riaprisse una pista Bpm-Mps, Orcel valuterebbe una fase di attesa tattica in Italia per poi tornare su Commerzbank quando la finestra fosse agibile.

Tre. Se Commerzbank restasse indipendente a lungo, Unicredit potrebbe monetizzare in parte la partecipazione (anche con soluzioni extra-UE) e ruotare capitale su crescita organica, tecnologia e remunerazione degli azionisti.


La posta in gioco

È in discussione l’architettura del credito europeo: scala, margini in calo con i tassi in discesa, capex tecnologico crescente, Basilea in evoluzione, mercato dei capitali ancora incompiuto. Unicredit oggi non può permettersi ambiguità: o guida un ciclo di integrazioni cross-border, o massimizza il perimetro attuale remunerando gli azionisti. Nel mezzo, poco spazio.