La Ferrari evita lo psicodramma. Perché Hamilton può sorridere

(Daniele Sparisci) Lo hanno trovato a scattarsi foto davanti alla marea rossa, a braccia aperte come se ci fosse qualcosa di importante da celebrare. Hamilton era arrivato per vincere, non per gioire di fronte a un quarto posto che è il suo miglior risultato stagionale in un gran premio. Ma stavolta ha diversi motivi per farlo: perché partiva dodicesimo, perché insieme a Charles (11° al via e sesto al traguardo, bandiera a scacchi sventolata da Federica Brignone) ha salvato l’onore della Ferrari dopo le peggiori qualifiche di sempre sulla pista intitolata a Enzo e Dino Ferrari. «Tutto questo tifo mi ha ricordato di quando sul divano da bambino guardavo Schumacher correre qui, ed è incredibile che ora ci sia io su una Ferrari». Peccato che sul podio ci salga un altro fenomeno: Verstappen, quarto successo qui dove l’anno prossimo molto probabilmente non si correrà (a meno che il nuovo Gp di Madrid non sia in ritardo con i lavori), altro che made in Italy, made in orange.
 
SuperMax ha trionfato alla sua maniera, attacco alla seconda curva su Piastri e poi una fuga inattesa su una Red Bull che finalmente sembra reagire alle cure. Andrea Stella stavolta si accontenta del doppio podio con Norris davanti all’australiano Piastri: «Non avevamo il passo per battere Verstappen, tutto qui. E poi a Imola se rischi troppo puoi non finire la gara». La sua politica di piccoli passi ha sempre pagato, vedremo se sarà così anche dopo Barcellona quando le regole sulla flessibilità delle ali anteriori entreranno in vigore e potrebbero ricompattare ancora di più un gruppo in cui la Ferrari, nonostante la rimonta, resta la quarta forza.

Come si fa a capirci qualcosa se Lewis 24 ore dopo aver detto di sentirsi «devastato» sostiene che «pian piano stiamo arrivando»: «Non mi aspettavo assolutamente di chiudere così in alto, ma la macchina “ha preso vita” e le strategie hanno funzionato». Dopo tante incomprensioni il baronetto ha elogiato per la prima volta il suo ingegnere di pista, Riccardo Adami, un passaggio importante «Abbiamo fatto un ottimo lavoro, ero molto tranquillo e abbiamo gestito tutto bene». L’umore di Leclerc è diverso: «So di averci messo il cuore, ci metto sempre tutto. Stavolta sono stato sfortunato». 

Dopo un inizio di grinta purissima, senza errori quando scattare da lontano è sempre da batticuore, aveva scalato la classifica grazie a una chiamata intelligente del muretto. Ma poi è stato beffato due volte dalle safety car e nel finale ha dovuto restituire la posizione ad Albon per una manovra off limits: se non lo avesse fatto sarebbe incappato in 5’’ di penalità che lo avrebbero rispedito in fondo. «Ma a volte, oltre all’anima, devi mettere anche i gomiti fuori». Serviva una reazione dopo un sabato da incubo, la Ferrari l’ha data grazie ai suoi piloti e a strategie indovinate. È chiaro che non basta, ma il rischio dello psicodramma era elevato.

Il sorriso di un altro padrone di casa, Kimi Antonelli, travolto da un entusiasmo senza freni, si è perso per un guaio all’acceleratore della Mercedes: «Mi porto dietro tanto da imparare da questo fine settimana» ha detto il 18enne. Imparerà anche a dire qualche no, come gli ha suggerito l’amico Valentino Rossi.