Sono andato ieri in un sabato mattina assolato a via Pontano 36 nei locali della Fondazione Ipe, polo di alta formazione con corsi e collegi universitari tra Napoli e Bari. Sono andato perché mi ha invitato Umberto Lobina, fondatore e presidente della associazione 081 nata per riunire i talenti napoletani in giro per il mondo, mostrare attenzione per il cambiamento in atto nella città, favorire la crescita e l’attrattività di capitali produttivi e risorse umane del territorio. Il professore Antonio Ricciardi è il direttore scientifico della Ipe business school e ha detto che fino a pochi anni fa gli iscritti ai loro master post laurea, finanziati in gran pare da aziende private, trovavano tutti un impiego, ma solo il 20% di loro il lavoro lo trovava a Napoli. Ora, invece, questa stessa quota a Napoli è salita in generale al 50% e fino al 62% per gli iscritti al master “gestione risorse umane”. Ho avuto, da questi numeri, una ulteriore conferma che le cose stanno cambiando più velocemente di quello che dicono le statistiche.

APPROFONDIMENTI

Lobina mi ha chiesto di intervistare Massimo Renda, presidente di Caffè Borbone, perché raccontasse come proprio la partnership con un fondo di investimento industriale abbia consentito alla sua azienda di triplicare il fatturato raggiungendo quota 350 milioni, di occupare non più cento ma trecento e passa persone, di conquistare primati in casa e di affrontare la sfida dell’internazionalizzazione che oggi significa un quarto del fatturato aziendale. Quando Renda ha raccontato i suoi esordi, le sue intuizioni, mi ha molto colpito. Soprattutto, mi è rimasta impressa dentro una frase: prima lavoravo venti ore al giorno, crescevo ma mi sembrava di impazzire, ora sono una persona sempre sul pezzo ma che vive tranquilla perché intorno a me ho una squadra di manager di livello internazionale.

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Ha trovato, cioè, un partner che ha aperto strade nuove, lo ha obbligato a fare salti in avanti, a delegare potendo verificare sul campo risultati e passi in avanti importanti.

In questo passaggio che assomiglia a quello che è successo in altri campi, penso a Pompei con l’arrivo di Zuchtriegel, c’è il futuro di una Napoli già oggi più sicura, capace di gestire grandi eventi, produttrice di innovazione e di ricerca con università di livello internazionale e un numero di pmi innovative che la colloca al secondo posto in Italia dopo Milano. Una città che non è più periferia ma centro del nuovo mondo in grado di attrarre grandi multinazionali e di produrre tecnologia nella farmaceutica come nella meccanica ferroviaria, nell’aerospazio come nell’agroalimentare e in molti altri settori. La leva finanziaria del private equity e, in genere, della partnership anche industriale è di sicuro il percorso da fare sul quale ci sono ancora fortissimi margini di crescita.

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È la strada che porta più velocemente a creare domanda di posizioni manageriali qualificate e ben retribuite, che già in parte restano insoddisfatte, e che possono aiutare non poco a dare prospettive serie a chi ha studiato in Italia e ha fatto esperienze all’estero e ad attrarre in modo motivato chi ha già intrapreso percorsi lavorativi importanti fuori dall’Italia. È ovvio che solo un’Europa in grado di fare debito comune e favorire grandi investimenti nell’intelligenza artificiale come nella difesa può contribuire a creare un contesto competitivo a livello globale, ma restituire a Napoli fino in fondo il suo ruolo di città- mondo e capitale euro-mediterranea significa dare ai nostri giovani tante nuove opportunità di lavoro qualificate e all’Europa e all’Italia una possibilità concreta per rimanere in partita nella arena della competizione globale. Buona domenica.