Fagioli, sandwich, cupcakes, pezzi di torta, ciambelle, gelati che si squagliano: sono solo alcuni dei molteplici soggetti gastronomici ritratti da Martin Parr, uno dei più grandi fotografi dell’epoca contemporanea. Peraltro uno dei pochissimi a far entrare il cibo come soggetto narrativo all’interno di un certo tipo di fotografia. Parr, classe 1972 e originario di Epsom, un paese nella contea inglese del Surrey, ha ritratto per anni le abitudini di vita e di consumo degli inglesi, per poi girare ogni parte del mondo e descrivere, con il suo occhio e i suoi strumenti, il turismo di massa, le persone, i loro luoghi e, ovviamente, anche il cibo. Una scelta fuori dal comune per un artista che usa la fotografia come mezzo espressivo, visto che per tantissimo tempo il cibo è stato considerato un soggetto troppo umile, “di pancia”, poco sfidante e troppo commerciale per un fotografo.
Martin Parr e il rapporto con il cibo nella fotografia
“Si ricorda quando è stata la prima volta che ha fatto una foto al cibo?” gli chiediamo mentre è in viaggio in Italia per presentare tre sue esposizioni. “Sì” ci risponde. Chiediamo dunque che cosa ci fosse in quella prima foto. “No, non me lo ricordo” dice in modo asciutto. Toccato da un tipico e asciutto umorismo inglese, Parr non ha nulla del divismo che ha contraddistinto i più famosi fotografi del suo tempo. Ancora oggi gira con un cappello di paglia in testa, la macchinetta fotografica al collo, e il deambulatore che lo aiuta a camminare, mimetizzandosi perfettamente tra le persone che ha sempre cercato di ritrarre nella loro naturalezza.
Il cibo tipico delle famiglie inglesi finisce in foto
Durante l’incontro pubblico svoltosi a Matino, in Salento, per presentare la sua mostra “Snack It!”, in scena dal 26 settembre al 9 novembre all’interno del Palazzo Marchesale della cittadina in occasione di Yeast Photo Festival (ne abbiamo parlato qui), Parr ha spiegato meglio come e perché ha iniziato a trattare il cibo, creando un linguaggio che è stato di grande impatto per gli anni a venire. “Ho cominciato quando sono passato alle lenti macro, una combinazione di solito associata con la fotografia medica, e uno dei progetti fu quello di raccontare il cibo inglese, che ha una reputazione terribile, ma oggi è molto meglio” spiega Parr. I suoi primi lavori confluirono in una mostra del 1995, intitolata appunto British Food, in cui si raccoglievano scatti del cibo tipico delle persone comuni in Gran Bretagna.
L’ossessione per il cibo spazzatura
“Fui molto entusiasta di quello che poteva fare la camera. In particolare mi piaceva il cibo spazzatura, il junk food, che spiega tantissimo di quello che siamo e di quello che vogliamo mangiare. È veramente semplice come sembra”. Per Parr quello che mangiamo è un modo di raccontare il mondo che, anche 25 anni dopo, ha ancora valore e parla chiaramente di noi. Parr è infatti tornato più e più volte sul tema del cibo, che attraversa tutta la sua produzione in modo quasi costante. Una delle ultime pubblicazioni significative sul tema è stata Real Food, nel 2016, in cui l’approccio di Parr senza filtri e senza estetizzazioni al cibo ha superato i confini del Regno Unito per toccare tutti i suoi viaggi intorno al mondo.
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Secondo Parr, il racconto del cibo, nella chiave in cui ha scelto di esplorarlo, rifugge mitismi ed estetizzazioni, per questo uno dei suoi focus principali è sempre stato il cibo spazzatura e quello delle classi operaie e borghesi, la “middle class” a cui lui stesso afferma di appartenere. “Con il junk food si fanno delle bellissime foto. Se prendi del cibo posh, ha un aspetto troppo piacevole, è quello che vedi sulle pagine dei giornali, dove ogni cibo sembra delizioso, chiunque vorrebbe mangiarlo. Per molte delle foto che sono qui, credo che nessuno vorrebbe mangiare quel cibo. Per questo preferisco in assoluto il cibo spazzatura per la fotografia”.
Le mostre di Martin Parr in Italia, in Salento
Cetriolini e uova sode, salsicce immerse nella salsa, cosce di pollo mangiate da mani di bambino, peraltro con le unghie sporche, persino un costante richiamo a faccine e disegni fatti sul cibo che hanno molto di infantile e ricordano le feste di compleanno delle classi elementari, sono ritratte dalla macchina di Parr in modo quasi neutrale, apparentemente trasandato. Nel tempo questo approccio – applicato in modo trasversale a quasi tutta la sua produzione – gli è valso non poche critiche, un approccio in cui c’è un’estrema – per taluni eccessiva – vicinanza al soggetto, senza filtri e senza esclusione di colpi, perché, come spiega il fotografo, anche “la bruttezza è affascinante”. Parr racconta di aver cominciato con il cibo e di non aver mai smesso, ancora oggi che ha superato i 70 anni e si sta occupando soprattutto della sua eredità grazie alla Martin Parr Foundation, “continuerò a farlo, come per il turismo” chiosa. Le sue mostre in Italia a tema sono attualmente tre e fanno parte tutte di Yeast Photo Festival: sei esposizioni sulla spiaggia della Purità a Gallipoli, la mostra Snack It! a Matino, di cui abbiamo già accennato, infine Wow, la mostra a Lecce che racconta il cibo dei bambini.
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