In vista della odierna giornata mondiale sull’aborto sicuro, un Rapporto del gruppo Medici del Mondo, presentato alla Camera dei Deputati il 23 settembre denuncia che in Italia manca da anni un monitoraggio sistematico e aggiornato sull’attuazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), benché sia previsto dalla stessa legge. Una mancanza di dati che insieme alimenta e oscura le diseguaglianze. Tragica è infatti la scarsità e diseguale distribuzione territoriale dei consultori, che pure costituiscono il canale principale per accedere all’IVG, così come quella dei medici non obiettori. La mancanza di dati aggiornati e disaggregati anche a livello infra-regionale non riguarda solo la disponibilità delle condizioni necessarie perché il diritto ad abortire a norma di legge sia effettivamente garantito, le caratteristiche delle donne che lo richiedono, le tecniche (chirurgica o farmacologica) che vengono utilizzate e le motivazioni addotte per giustificare l’una o l’altra. Riguarda anche un’altra parte della legge, spesso evocata da chi è contrario all’IVG, rispetto alla quale i consultori hanno una funzione cruciale: la messa in opera, in collaborazione con gli enti locali ed eventualmente con enti di terzo settore, di tutte le azioni e interventi necessari per far superare le cause, economiche, familiari o sociali, che impediscono alla donna di portare avanti la gravidanza, vincolando quindi la sua libertà di scelta. Un compito che richiederebbe, oltre ad una diffusione capillare dei consultori, un rafforzamento della loro fisionomia multidisciplinare. Due aspetti che, invece, hanno conosciuto negli anni una progressiva riduzione.

Per attuare questa parte della legge, la Regione Piemonte ha invece scelto la via del finanziamento diretto, tramite bando, di enti del terzo settore: non più visti, quindi, come collaboratori dei consultori su questa materia, ma come attori privilegiati, anche (soprattutto?) quando esplicitamente anti-abortisti. Nel 2022 è stato istituito un “Fondo vita nascente” di 460.000 euro, destinato a “Enti del terzo operanti nel settore della tutela maternro infantile per la promozione e realizzazione di progetti di accompagnamento individualizzati finalizzati alla promozione del valore sociale della maternità e al sostegno delle gestanti ed alla tutela della vita nascente”. Una scelta controversa e molto discussa per diversi motivi. Ma è stata almeno efficace rispetto all’obiettivo esplicito, ovvero il contrasto all’IVG per motivi economici e il sostegno nei primi anni di vita? I dati disponibili per il primo anno non offrono purtroppo informazioni utili in merito. Lo documenta un dettagliato Libro bianco ad opera della rete per l’autodeterminazione “più 194 voci” presentato ieri a Torino. Dipende in parte dalla formulazione del bando, in parte dal contrasto tra criteri e requisiti stabiliti nel bando e quanto è avvenuto realmente in tutte le fasi, dall’erogazione fino alla documentazione finale. Per quanto riguarda il primo punto, mancano nelle relazioni finali, anche perché il bando non conteneva indicatori specifici in materia, dati cruciali quali stato e mese di gravidanza delle donne assistite, presenza di un bimbo piccolo. La valutazione della condizione economica sembra avvenuta in modo informale e con criteri eterogenei, così come quella della situazione familiare. Tutto ciò rende difficile, se non impossibile, stabilire l’efficacia del tipo di strumento preventivo adottato rispetto alla finalità primaria che il Fondo si proponeva: evitare una IVG dovuta a cause esclusivamente economiche. Per quanto riguarda il secondo punto, il bando richiedeva che per ottenere il finanziamento le associazioni presentassero progetti molto dettagliate sia sul piano delle azioni che intendevano sviluppare sia dl personale impegnato, sia dei costi da sostenere. Ciononostante, è stato assegnato lo stesso importo a tutte le 15 associazioni che hanno partecipato al bando, indipendentemente dal progetto presentato e dall’importo richiesto, oltre che senza verifica dell’idoneità organizzativa e professionale a svolgere le azioni proposte. Di conseguenza, 4 progetti sono stati sostanziosamente sotto-finanziati, mentre 10 hanno ricevuto più di quanto avevano richiesto. Inoltre, tre sono stati finanziati nonostante mancasse il dettaglio della parte finanziaria. A ciò si aggiunga che il finanziamento è stato erogato per intero ad inizio progetto, senza attendere rendicontazioni intermedie e finali di qualche tipo. Non sorprende, quindi, che alcune delle relazioni e rendicontazioni finali siano generiche e largamente incomplete. Più che finanziare attività di contrasto all’IVG, sembra quindi che il Fondo sia stato usato per finanziare a pioggia un certo numero di associazioni, alcune delle quali esplicitamente anti-abortiste. Una torsione delle finalità forse utile sul piano elettorale, ma dubbia su quello del contrasto all’IVG per motivi economici e del sostegno alla genitorialità. Non è così che andrebbe speso denaro pubblico.