SAN LUCIDO (CS) – Con una sentenza destinata a lasciare il segno, il Tribunale di Paola ha accolto il ricorso dell’avvocato Anna Di Santo a tutela di un sanlucidano, vittima di gravi conseguenze a seguito della vaccinazione antipolio ricevuta da bambino negli anni ’70. Dopo un lungo iter giudiziario, il giudice del lavoro ha stabilito che lo Stato, attraverso il Ministero della Salute, dovrà corrispondergli oltre un milione di euro di arretrati e garantire una rendita vitalizia di 5.500 euro al mese.
Il caso affonda le radici in un’epoca in cui la lotta alla poliomielite era al centro delle politiche sanitarie nazionali. Nel 1974, quando aveva appena pochi mesi di vita, l’uomo ricevette il vaccino antipolio orale (OPV). Pochi giorni dopo, comparvero sintomi irreversibili: paralisi agli arti, difficoltà motorie e segni di una poliomielite acuta anteriore che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
L’iter legale e la prova del nesso causale
Per decenni il nesso tra la vaccinazione e la malattia era rimasto in ombra. Solo nel 2021, grazie a una consulenza medica, il sanlucidano ha potuto dimostrare che la sua patologia era riconducibile con elevata probabilità al vaccino. Nonostante la documentazione clinica frammentaria, la perizia medico-legale ha confermato che la poliomielite era insorta come complicanza post-vaccinale.
Le testimonianze dirette hanno avuto un ruolo decisivo. Un’infermiera, vicina di casa della famiglia del paziente, ha ricordato le febbri altissime e l’immediata perdita di mobilità del piccolo dopo la somministrazione del vaccino. Dichiarazioni confermate da un’amica di famiglia, che raccontò di come il bambino non riuscisse più a gattonare e fu ricoverato d’urgenza in una clinica di Cosenza.
Sulla base di queste evidenze, il Tribunale – dopo un lungo e travagliato iter medico e giudiziario – ha riconosciuto che la domanda di indennizzo era stata presentata nei termini di legge e che il diritto all’indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992 doveva essere pienamente applicato.
La decisione del giudice
Il giudice ha quindi condannato il Ministero della Salute a erogare:
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Un assegno vitalizio rivalutabile, con decorrenza dal 2021, calcolato in base alla VI categoria della Tabella A del DPR 834/1981;
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Un assegno una tantum pari al 30% dell’indennizzo annuo per ogni anno trascorso tra l’insorgenza della malattia (1974) e la domanda di indennizzo;
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Gli arretrati maturati, quantificati in circa un milione di euro, oltre agli interessi legali;
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Il pagamento delle spese di lite e della consulenza tecnica, per oltre 4.600 euro di onorari legali
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), inizialmente coinvolta nel procedimento, è stata esclusa da responsabilità dirette, in quanto litisconsorte necessario ma non responsabile per i fatti risalenti agli anni Settanta.
Un precedente significativo
Il caso del sanlucidano si inserisce in un quadro più ampio di controversie legate all’applicazione della legge 210/1992, che prevede indennizzi per chi abbia subito danni permanenti da vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni. La sentenza di Paola ribadisce un principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità: il termine per chiedere l’indennizzo decorre non dalla comparsa della malattia, ma dal momento in cui la vittima acquisisce consapevolezza del nesso causale tra patologia e trattamento sanitario.
Un passaggio importante, sottolineato anche dalla Cassazione in precedenti pronunce, poiché consente di tutelare persone che, come il sanlucidano, hanno visto emergere solo dopo molti anni la verità sulla propria condizione clinica.
Il valore umano e sociale
Oltre ai risvolti giuridici, la decisione ha un forte valore simbolico. È un riconoscimento di giustizia per un uomo che ha vissuto tutta la vita con le conseguenze di un trattamento sanitario che avrebbe dovuto proteggerlo.
Il risarcimento, oltre a garantire un sostegno economico al ricorrente, rappresenta un monito alle istituzioni: le politiche sanitarie, pur mosse da finalità collettive, devono sempre accompagnarsi alla tutela dei diritti individuali.
La vicenda solleva interrogativi profondi sul rapporto tra cittadino e Stato, tra scienza e responsabilità pubblica. Se è vero che le vaccinazioni hanno salvato milioni di vite, è altrettanto vero che chi ne subisce effetti avversi ha diritto a un riconoscimento e a una tutela effettiva.
Il caso del signore di sanlucido ci ricorda che la fiducia nelle istituzioni sanitarie si costruisce anche sulla capacità dello Stato di non lasciare soli i propri cittadini quando la prevenzione, invece di proteggere, diventa fonte di dolore.
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