Pubblicato nel settembre 2019 su Nintendo Switch e portato anche su Steam soltanto cinque mesi più tardi, l’originale DAEMON X MACHINA venne accolto tutto sommato bene dalla critica, che al netto di una narrazione eccessivamente criptica e confusionaria, seppe comunque apprezzare un gameplay dinamico e profondo, nonché un livello di personalizzazione senza precedenti per un mecha game (per maggiori dettagli rileggete la recensione di DAEMON X MACHINA). A distanza di sei anni esatti dal loro primo decollo, gli Arsenal di casa Marvelous sono tornati sulla scena ludica con un sequel che espande e migliora quasi ogni aspetto del capostipite del brand, a cominciare dall’intreccio. Avendo passato tante ore in compagnia della versione per Nintendo Switch 2 di DAEMON X MACHINA: Titanic Scion, siamo infine pronti a emettere il nostro verdetto su un titolo che farà impazzire gli appassionati di mecha.

Un anime coi robottoni

Prima di addentrarci nell’analisi dell’impianto narrativo è doveroso effettuare una premessa: benché DAEMON X MACHINA: Titanic Scion sia ambientato centinaia di anni dopo la conclusione dell’episodio precedente, la nuova creatura di Marvelous non presenta collegamenti diretti col titolo del 2019 e pertanto risulta comprensibile anche a chi non conosce ancora quella che adesso è divenuta una saga.

Ambientato in un futuro distopico in cui il pianeta Terra è ormai stato devastato dalle guerre fra multinazionali, Titanic Scion racconta le vicende di un gruppo di un gruppo di Outer (umani potenziati mediante l’uso di un misterioso materiale rosso e trasformati in vere e proprie macchine da guerra) in fuga dal Garden, un satellite difensivo in orbita attorno al pianeta azzurro. Grazie all’aiuto e al sacrificio dell’amico Nerve, che purtroppo rimane nel Garden, al termine del lungo capitolo introduttivo il protagonista dell’avventura – un avatar completamente personalizzabile – precipita sulla superficie e viene accolto dai “Reclaimers”, una fazione ribelle che si oppone al regime imposto dall’Axiom, una tirannica superpotenza militare che si serve degli Outer per dominare dall’alto e tenere sotto scacco la razza umana, da tempo abbandonata a sé stessa. Determinato ad abbattere tanto gli Immortal, bestie biomeccaniche che terrorizzano l’umanità, quanto il perfido Axiom, nonché trarre in salvo l’amico Nerve, il nostro alter-ego diverrà un mercenario per finanziare le riparazioni del proprio Arsenal e tornare al Garden.

Sebbene la trama non brilli certo per originalità, dobbiamo riconoscere che Marvelous ha imparato molto dai suoi errori: mentre l’episodio precedente partiva in medias res, fornendo ben poche spiegazioni all’utente, sin dal capitolo iniziale DAEMON X MACHINA: Titanic Scion presta molta più attenzione al world building, ricamando un intreccio assai più chiaro e coinvolgente. Sicuramente più efficace ci è parsa pure la caratterizzazione degli antagonisti principali: al netto di un sviluppo ancora troppo frettoloso, durante la campagna emergeranno parecchi retroscena che permetteranno al giocatore di approfondire e dunque immedesimarsi in ciascun componente del Neun, ovvero i nove soldati scelti al servizio dell’Axiom, che in più occasioni saranno al centro di spiazzanti colpi di scena.

Per il rovescio della medaglia, non tutti i personaggi coinvolti nell’avventura hanno ricevuto uno screen time adeguato e dunque in grado di mettere in luce ogni singola sfumatura delle rispettive personalità, e in generale la campagna si è conclusa troppo in fretta. Laddove la main quest del primo DAEMON X MACHINA teneva banco per una quindicina di ore, che dedicandosi ai contenuti secondari potevano diventare anche 25, i titoli di coda di Titanic Scion possono infatti essere raggiunti in una scarsa decina di ore. Va però segnalato che, portando a termine anche i ripetitivi incarichi opzionali, la longevità di Titanic Scion potrebbe comunque raddoppiare.

Azione votata alla spettacolarità

Nonostante l’ispirazione ad Armored Core sia palese (a proposito, qui trovate la nostra recensione di Armored Core VI: Fires of Rubicon), il sistema di combattimento di DAEMON X MACHINA si discosta parecchio dai propri congeneri: laddove il gameplay dei mecha game è generalmente caratterizzato da una certa pesantezza, Marvelous pone sul piatto un sistema di combattimento frenetico ed estremamente fluido, che quantomeno in termini di ritmo non ha nulla da invidiare agli hack’n’slash più scatenati.

Anzi, va detto che Arsenal di Titanic Scion sono ancora più leggeri degli esoscheletri pilotabili nel primo DAEMON X MACHINA, risultando persino rapidi e scattanti. Dotati di potenti propulsori alimentati dal Femto, uno portentoso materiale proveniente dalla Luna, gli Arsenal sono estremamente versatili, tant’è che in qualsiasi momento dell’azione possono passare dal combattimento a terra a quello aereo, adattandosi di volta alla situazione e alle strategie di lotta impiegate dal giocatore. Se da una parte il combat system tanto eclettico e adrenalinico rappresenta il principale punto di forza della saga, nonché uno dei suoi elementi più distintivi, dall’altra va detto che la telecamera non sempre riesce a seguire con precisione andatura convulsa delle battaglie; benché il sistema di lock-on sia migliorato non poco rispetto a quello proposto nel 2019, ancora oggi capita molto spesso di perdere di vista l’obiettivo agganciato, specialmente quando gli effetti particellari scaturiti dai colpi dei nemici circostanti invadono lo schermo, complicandone la lettura.

Altri elementi di pregio della formula sintetizzata da Marvelous sono senza dubbio la progressione e la personalizzazione dei mecha. In DAEMON X MACHINA: Titanic Scion è possibile installare fino a quattro armi sui propri Arsenal (una per braccio, una da lancio e una più pesante posizionata sulla spalla), ma dal momento che gli strumenti di morte tra cui scegliere sono innumerevoli, si suddividono in svariate categorie e parecchi presentano per giunta delle meccaniche di gameplay inedite ed esclusive, le configurazioni adottabili sono una marea.

Tra l’altro, la scelta delle armi o dell’armatura non influenza soltanto le performance offensive o la velocità del mecha, ma anche il suo aspetto, che in ogni caso può essere personalizzato con Decalcomanie. Non meno impattanti ci sono parsi la possibilità di potenziale le singole parti del mecha e le abilità apprendibili dal nostro alter-ego attraverso l’apposito skill tree, che espandono enormemente gli approcci adottabili nelle diverse situazioni. Attraverso una meccanica chiamata Fusion, il protagonista può invero servirsi dei geni degli Immortal abbattuti per acquisire abilità passive o caratteristiche speciali che possono persino modificarne (o deturparne, a seconda dei punti di vista) l’aspetto, provocando, tra le altre cose, la comparsa di ali sulla propria schiena.

Laddove sotto il cofano dell’Arsenal funziona tutto magnificamente, lo stesso non si può dire per le ambientazioni open world, che quantomeno sulla carta volevano essere la grande novità proposta da DAEMON X MACHINA: Titanic Scion. Se da una parte la presenza di mappe aperte decisamente ampie ha spalancato le porte a un’inedita componente esplorativa rispetto al titolo precedente,

dando al giocatore la possibilità tendere delle imboscate ai convogli mobili e aggredire i nemici che vagano liberamente, innescando magari degli accesi scontri a fuoco con mercenari rivali per accaparrarsi il diritto di recuperare le materie prime, dall’altra va detto che le attività opzionali risultano tremendamente ripetitive. Dalle paludi alle pianure, passando per i centri urbani ormai in rovina, i biomi di DAEMON X MACHINA: Titanic Scion affidano unicamente delle noiose fetch quest al nostro alter-ego, incaricandolo di abbattere determinati obiettivi, recuperare specifici materiali o in alternativa difendere una struttura dalle forze nemiche. A nostro avviso si tratta di un’occasione sprecata, perché anche volendo soprassedere sulla natura ripetitiva delle stesse, nessuna delle suddette riesce mai ad aggiungere il benché minimo dettaglio al world building. Quantomeno nelle prime ore questa soluzione può divertire, ma con l’incedere del tempo la natura ridondante degli incarichi potrebbe farsi insopportabile.

Qualche avaria nel sistema

L’utilizzo di mappe aperte tanto grandi ha avuto un impatto negativo anche sul frame rate del prodotto, che tentenna praticamente su tutte le console. In modalità Performance, l’ultima fatica di Marvelous gira infatti a 60 fps su PlayStation 5 e Xbox Series X, non senza qualche inciampo occasionale nei frangenti più concitati; su Switch 2, invece, la situazione è un tantino più drammatica, in quanto la nuova macchina di Nintendo fatica a conservare i 30 fps tanto in modalità dock quanto in portabilità. Ancor più problematici si sono rivelati i caricamenti, giacché i viaggi rapidi da una zona all’altra del mondo tendono a richiedere tempi di attesa che superano il minuto, specialmente se le funzioni online sono attive. Un lasso di tempo esagerato e sorprendente per gli standard odierni, che inevitabilmente spezza il ritmo dell’azione.

Per ragioni che sfuggono alla nostra comprensione, gli sviluppatori di DAEMON X MACHINA: Titanic Scion hanno parzialmente accantonato lo splendido cel-shading che caratterizzava il primo episodio per adottare un look più realistico e futuristico, che purtroppo appare più anonimo. Se non altro il mechanical design curato da sua santità Kawamori Shoji (Aquarion, Gundam 0083, Macross) resta una garanzia e dona agli Arsenal un livello di dettaglio superlativo, controbilanciando la resa di ambienti eccessivamente spartani e poco ispirati. Mescolando brani elettronici e tracce metal, la colonna sonora si adatta piuttosto bene ai ritmi assunti di volta in volta dall’avventura, anche se nessuna delle seppur vivaci melodie di Titanic Scion resta effettivamente impressa. Già meglio si comporta il doppiaggio originale in lingua giapponese, che rispetto a quello anglofono presenta accostamenti vocali più azzeccati e superbe performance recitative.