Battito rallentato, insufficienza renale, livelli elevati di potassio nel sangue, tutti sintomi che compongono la cosiddetta sindrome Brash: «È una patologia dal nome complesso, – spiegano dall’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona (Aoui) – ovvero Bradycardia, Renal failure, Atrioventricular blockade, Shock, Hyperkalemia, per la quale la soluzione terapeutica tradizionale può rivelarsi priva di successo se tale sindrome è sostenuta da un’intossicazione da farmaci». In base a quanto spiegato in una nota dell’Aoui, si tratta di una concomitanza che può diventare fatale, se non trattata adeguatamente, ma che è stata scoperta proprio al Centro Antiveleni di Verona diretto dal dottor Giorgio Ricci, dove è stata salvata una donna con un antidoto specifico appositamente individuato.
Questo è il fulcro argomentativo dell’articolo presentato a Glasgow al 45esimo Congresso Internazionale di Tossicologia della European Association of Poison Centres and Clinical Toxicologists/EAPCCT, dove è stato nominato “best paper” del 2024. Ogni anno sono quattro gli articoli premiati e quest’anno c’era anche il contributo di Verona: “Not only Van Gogh: a case of BRASH syndrome with concomitant digoxin toxicity”. «Van Gogh, – chiarisce la nota dell’Aoui Verona – in terapia con digossina, si esponeva spesso a sovradosaggio di tale farmaco: alcuni critici d’arte sostengono che il particolare uso del colore proprio del pittore fiammingo fosse proprio legato all’utilizzo di digossina».
La paziente salvata al Centro antiveleni di Verona
In base a quanto si apprende, la ricerca è partita da un caso studio relativo a una paziente che presentava il quadro clinico causato tipicamente dalla sindrome di Brash, vale a dire «eccessivo potassio nel sangue, acidosi metabolica e pressione sanguigna molto bassa», ma le cui condizioni non sarebbero migliorate anche dopo le prime terapie per ridurre i livelli di potassio.
«Il risultato della ricerca – spiegano sempre dall’Aoui Verona – ha dimostrato che se si innesta un farmaco ad azione cardiotossica, che può quindi danneggiare il muscolo cardiaco, nel circolo vizioso della Brash potrebbe essere vanificata l’efficacia dei protocolli terapeutici standard, portando anche alla morte».
Stando a quanto riferito dall’Aoui, infatti, la paziente si sarebbe trovata in terapia cronica con digossina, farmaco con «carattere cardiotossico» e che «viene eliminato attraverso i reni». L’insufficienza renale causata dalla Brash avrebbe quindi fatto sì che la digossina non venisse smaltita dall’organismo, ma perdurasse all’interno degli organi «causando un’intossicazione». Il team del dott. Ricci, ha dunque preso in carico il caso e ha poi proposto l’antidoto specifico: «È stata necessaria anche una dialisi per il miglioramento della paziente», chiarisce la nota dell’Aoui Verona.
Il team di ricerca
Al lavoro premiato hanno contribuito Ilaria Costantini, Giovanni Mantelli, Elia Morando, già specialisti dell’Aoui, quindi gli specializzandi in Farmacologia e Tossicologia clinica Massimo Carollo e in Medicina d’Emergenza/Urgenza Mariapaola Castri e i professionisti Aoui Lorenzo Losso, Matilde Bacchion, Lucia Drezza, coordinati dal dott. Giorgio Ricci. «Questo premio ci onora – ha detto il direttore Centro antiveleni di Verona, Giorgio Ricci – e ci aiuta a comunicare che la Brash non è solo la somma dei suoi sintomi, ma una sindrome autonoma. La ricerca ha voluto rimarcare l’importanza non solo di individuare più in fretta possibile il quadro clinico della sindrome, ma anche di riconoscere eventuali agenti (come la digossina in questo caso) che possono peggiorare il quadro clinico del paziente, fino ad essere letale».