Il gol di Esposito a Cagliari manifesto del settore giovanile dell’Inter: dall’assist dell’esterno al guizzo della punta passando per l’esultanza del tecnico, tutti sono cresciuti in nerazzurro. E Oaktree esulta…

Non è stato solo un semplice (bel) gol, un tranquillante nella notte cagliaritana che poteva complicarsi, ma qualcosa di più. Un inno all’appartenenza e all’identità Nell’azione del 2-0 nerazzurro in Sardegna c’era quasi un manifesto della nuova era, un messaggio al presente e al futuro: il “made in Inter” è sempre più la nuova regola nella società di Oaktree. E il fatto di avere a Milano così tanto talento aiuta a seguire la strada tracciata dagli Stati Uniti. Tutto è partito dall’ennesimo assist di Federico Dimarco, il ragazzo del quartiere Calvairate cresciuto a Interello, per il tocco vispo di Pio Esposito, il predestinato nella bocca di tutti, alla prima rete della vita in Serie A. Pochi metri più indietro l’ex tecnico della Primavera esultava con urlo liberatorio, neanche fosse la finale di un Mondiale: Cristian Chivu sapeva benissimo che, con questa terza vittoria balsamica e consecutiva, avrebbe cambiato definitivamente il volto dell’inizio di stagione. A dirla tutta, nell’azione dell’1-0 era stato Alessandro Bastoni a fare il cross, non uno tecnicamente “nato” nel vivaio nerazzurro, ma comunque arruolato a 19 anni appena. 

la cantera inter—  

Quest’asse tra canterani ha fatto particolarmente felici i dirigenti nerazzurri che, tra l’altro, brindano ai successi dell’Under 23, creatura neonata e già terza nel girone A di Serie C. In fondo, tutto si tiene e non è un caso che l’ossatura della squadra passi e passerà sempre di più dalla riscoperta di questo spirito identitario caro a Oaktree: tra rifacimento di campi, nuovi spogliatoi e spazi comuni più l’allargamento di quelli esistenti, Oaktree farà investimenti fino a 100 milioni divisi tra Interello e Appiano. L’obiettivo è migliorare le strutture per tirare su altri giovani di valore, nuovi Dimarco, visto che Federico resta l’esempio migliore del talento fatto crescere a bottega. La storia dell’esterno è stata la più tribolata di tutte visto che, dopo aver scalato tutta la piramide, è stato respinto dalla casa madre e spedito in prestito per anni, prima di essere riaccolto e di diventare una star. Pio, invece, è il frutto migliore di un giardino annaffiato per anni da Roberto Samaden con la successiva supervisione di Dario Baccin, mentre oggi a proseguire con successo il lavoro nel vivaio di Interello c’è Massimo Tarantino. Entrato a nove anni in nerazzurro, assieme agli altri fratelli Sasà e Seba, Esposito faveva su e giù da Brescia: uscivano tutti da scuola all’una e mezza, alle tre passava il pullman, alle cinque allenamento, alle sette ripartenza e alle otto e mezza a casa e a fare i compiti. Il giorno dopo uguale e il giorno dopo lo stesso. Pareva che il predestinato fosse Sebastiano, secondo per diritto di nascita, ma primo a farsi conoscere e non solo in Italia, ma oggi l’Inter palpita solo e soltanto per un Esposito, Pio, che a 20 anni ha finalmente fatto saltare il tappo dalla bottiglia nerazzurra. La prima rete in campionato è stata inseguita con un po’ di fatica, ma il resto della strada dovrebbe essere in discesa: ne arriveranno altre, anche perché in panchina c’è l’allenatore ideale per lanciarlo in orbita. Chivu è stato, infatti, scelto per l’abitudine a lavorare con i giovani e per gli anni di militanza nerazzurra, prima da campione tripletista e poi da tecnico delle giovanili. Ha iniziato a luglio 2018 da allenatore della formazione Under 14 dell’Inter e poi sempre più su fino allo scudetto Primavera. Giusto il tempo di 13 panchine a Parma, ed è tornato a casa, sulla sedia che fu del maestro Mou. Il “made in Inter” non sembra più una moda di passaggio, ma la sostanza stessa del club.