Facciamo così: per Fefé De Giorgi, campione del mondo tra campo e panchina per la quinta volta!, ci vorrebbe la penna di Dumas, il papà letterario dei Mischettieri. Con un titolo però diverso: non “Venti anni dopo”, ma ”Trentacinque anni dopo”, visto che il primo oro iridato del personaggio risale addirittura al 1990… Ma vabbè, questa è prosa, quando invece qui siamo a cospetto di una poesia viva, intensa, romanticamente irresistibile.
Yuri Romano eAlessandro Michieletto
Perché, alla fine della fiera, questa non è solo una storia di pallavolo. Cioè non ci parla esclusivamente di volley, il trionfo mondiale nelle Filippine della Nazionale maschile, confermatasi sul trono iridato a poche settimane dal capolavoro delle Azzurre di Julio Velasco. Dietro e dentro questo risultato, c’è molto più dell’elemento tecnico ed agonistico. Mi spiego: se ne rendano conto o meno, Romanò, Giannelli, Anzani, Bottolo, Russo, Balaso, Michieletto eccetera, insomma, i Campioni, ecco, rappresentano l’immagine migliore dell’Italia che vorremmo. Non l’Italia dello sport, non fraintendetemi: quella va benissimo com’è, se pensiamo alle tante eccellenze che come nazione riusciamo ad esprimere in tante discipline. No. La suggestione generata da queste imprese del piccolo grande popolo delle palestre ci rimanda ad una idea sana della Emozione, con la maiuscola.
Mattia Bottolo in finale
La pallavolo, al maschile come al femminile, nasce sostanzialmente nelle scuole. E già questa è una curiosa anomalia, se si pensa alla difficile relazione tra aule e palestre, alle nostre latitudini. E di sicuro il volley è un affare di famiglie al plurale, come ben possono testimoniare tutti quei genitori che hanno accompagnato e accompagnano bambini e bambine agli allenamenti!
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Ancora. La pallavolo Azzurra è unisex, domina il pianeta senza distinzione di genere. La pallavolo geograficamente quasi ignora le metropoli, è lo sport di mille punti di luce sparsi sulla penisola. I soliti tromboni raccontano che questo è un limite ma anche no, se poi grazie al lavoro capillare della federazione e delle Leghe questi sono i risultati! Forse, da italiani, dovremmo finalmente convincerci che il piccolo può essere grande, che non è necessariamente un male tenersi alla larga dal gigantismo, dalla ossessione frenetica per il business, insomma dalla incultura che permea purtroppo molto della nostra quotidianità. Lo dico? Lo scrivo: non per caso Sergio Mattarella è da sempre innamorato del volley.
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