Le liste di attesa sono ancora un macigno. La riforma e i fondi messi in campo dal Ministero della Salute hanno prodotto miglioramenti, ma il percorso è ancora lungo, anche se ovviamente la situazione varia da Regione a Regione. Nelle nuove norme, c’è anche la possibilità per il Ministero di usare i poteri sostitutivi, vale a dire commissariare quelle Asl o quelle Regioni dove non sono rispettati i tempi entro i quali vanno garantiti esami e visite specialistiche, ma ad oggi il governo non ha intenzione di usarli.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha dato questo durante il question time al Senato: «In merito al decreto sulle liste d’attesa, secondo l’ultima analisi su forniti oltre 1.000 ospedali, in 6 mesi sono aumentate le prestazioni del 20 per cento: il trend si sta invertendo». C’è un problema: aumento delle visite e degli esami non sono, però, garanzia di abbattimento delle attese, perché se c’è al contempo anche un incremento della richiesta la percentuale di chi deve aspettare troppo a lungo resta invariata. La senatrice Annamaria Furlan (Italia Viva) nella replica ha contrattaccato: «È fallito il vostro piano sulla sanità, a partire dalle liste di attesa, perché era a finanziamento zero».
CHIAROSCURO
Ma cosa dicono i dati? Sul sito di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) da quest’anno vengono pubblicati i numeri, ma non c’è una suddivisione per Regione come era stato promesso dal Ministero. Quando la pagina web è stata lanciata, i dati erano aggiornati ai primi cinque mesi del 2025 (dunque da gennaio a maggio) ed emergeva che sostanzialmente per le visite e gli esami più urgenti nella gran parte dei casi c’è il rispetto dei tempi massimi di attesa, ma nelle altre categorie le cose sono ben differenti, come sa bene ogni cittadino che prova a prenotare un esame o una visita. C’erano casi estremi come i 100 giorni di attesa per una visita che andrebbe garantita entro 30. Altri esempi: per una visita oculistica della categoria P (entro 120 giorni), si aspettava fino a 239 giorni, per una urologica fino a 174, per una dermatologica fino a 273. Sul fronte degli esami, per una ecografia di capo e collo programmabile c’erano punte di 254 giorni, per un’ecografia della mammella fino a 315. Bene, oggi sono disponibili anche i dati di giugno e luglio. Cosa è cambiato? In totale siamo arrivati, a livello nazionale, a ben 33,2 milioni di prenotazioni di cui 13,7 milioni per visite specialistiche, 19,5 milioni per esami (a maggio eravamo rispettivamente a 22,7 milioni di prenotazioni, di cui 9,5 per visite specialistiche e 13,2 per esami). Ci sono ancora criticità? Sì e anche Schillaci non l’ha negato. Nelle settimane scorse ha incontrato vari presidenti di Regione per verificare che cosa non stia ancora funzionando. Tra l’altro, c’è un problema di trasparenza e affidabilità dei dati che le Asl e le Regioni inviano ad Agenas. Ad ogni modo, prendiamo alcune visite specialistiche ed esami a campione ricordando come funziona il sistema delle categorie delle prestazioni contraddistinte da quattro lettere. Per le U, le urgenti, visite o esami vanno garantiti entro 3 giorni; per le B entro 10 giorni; per le D entro 30 giorni nel caso di visite e 60 per gli esami; per le P, come già detto, entro 120 giorni.
CRITICITÀ
Nel caso della prima visita cardiologica, mediamente c’è il rispetto dei tempi per le U (e anche le punte di attesa massima a giugno e luglio sono diminuite passando dai 6 giorni di febbraio ai 4 e 2 rispettivamente di giugno e luglio); per le B il discorso è simile, il tempo medio è diminuito (9 giorni a giugno, 8 a luglio, dunque sotto il limite massimo) e le punte di criticità sono passate dai 20 giorni di aprile ai 12 di luglio. Va peggio per la categoria D, dove l’attesa media è di 31 e 30 giorni (dunque a cavallo del consentito), ma con picchi di attesa di 97 giorni, molto al di sopra del previsto. Infine, per le P, le programmabili a 120 giorni, c’è un rispetto medio dei tempi, mentre le punte di criticità, attorno ai 150 giorni, non mostrano un miglioramento rispetto ai primi cinque mesi del 2025. Prendiamo un altro tipo di visita, quella oculistica: c’è un miglioramento per le categorie U e B, con i tempi sostanzialmente rispettati, ma va molto peggio su quelle programmabili a 60 e 120 giorni: nel primo caso, la categoria D, il tempo medio di attesa è sì diminuito, ma ancora sopra il consentito (a luglio 38 giorni), mentre i casi limite arrivano ad attese di quattro mesi. Infine, la P (il cittadino dovrebbe avere l’appuntamento entro 120 giorni): i tempi medi sono tutti sotto il limite, ma restano picchi di 223 giorni (giugno) e 210 (luglio).
Passiamo agli esami, anche in questo caso affidandoci a due prestazioni campione. Mammografia bilaterale: per le urgenti mediamente si sta sotto i 3 giorni, ma i tempi massimi sono ancora ben al di sopra a giugno (6 giorni), mentre a luglio si scende a 2. Per le B, la situazione è positiva (tra i 7 e i 6 giorni di attesa), e i picchi segnalano una discesa a 10 giorni. Anche qui però resta il nodo delle D e delle P che, nel caso degli esami, vanno garantite entro 60 e 120 giorni: a luglio si poteva attendere anche 137 giorni (invece dei 60 previsti) per le D e dieci mesi per le P (invece dei sei indicati). Per la colonscopia, a luglio, sembra esserci un miglioramento per le categorie più urgenti, picchi di attesa inaccettabili invece per le altre, con punte anche di un anno.
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