Firenze, 28 settembre 2025 – Durante questa parte di campagna elettorale verso il voto regionale è sempre emerso che la sanità è un tema che sta a cuore più di tutti, insieme alla sicurezza. Tra le “priorità dei primi 100 giorni” la cura si è conquistata la testa della classifica degli argomenti più urgenti con il 60%. Questo ci dice che i programmi dei vari candidati sulla sanità avranno un peso non indifferente. A maggior ragione in un periodo, come quello che la Toscana sta vivendo, di cambiamento a livello organizzativo ma anche sociale: tra accordi regionali con i medici di base, case e ospedali di comunità, fine vita.
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Centrosinistra: “La prima diagnosi da gestire meglio”
di Francesco Ingardia – «L’uomo di Giani» avvisa il campo largo: «Se il presidente vedesse una richiesta della popolazione che per 30anni ho servito a Careggi come direttore del pronto soccorso, beh, non mitirerei indietro», ammette Stefano Grifoni. Medico in pensione ora «prestato alla politica», coordinatore del governo clinico toscano. E, soprattutto, punta di diamante acchiappa preferenze arruolato nella lista del presidente ‘Casa Riformista’ alle regionali d’ottobre.
Sarebbe pronto a fare l’assessore alla sanità?
«Sì, sentirei di prendermi il peso di questa grande responsabilità. A Giani non ho mai chiesto niente, eppure il presidente mi ha dato tanti incarichi».
E’ forse la delega più pesante, più sentita dagli elettori. Servirebbe un politico o un tecnico?
«Nessuna pregiudiziale, se il politico è competente in materia, ha il polso dei problemi e sa come gestire le sfide complesse del sistema sanitario, ben venga. Altro discorso se il background è differente».
Su La Nazione il presidente emerito Simg Claudio Cricelli ha parlato di riforma radicale della medicina generale: la via è il modello toscano dell’accordo integrativo includendo la medicina diagnostica in quella generale?
«E’ la via giusta. Quello che serve è integrare gli ospedali con la medicina territoriale».
Si spieghi meglio.
«La parola d’ordine è organizzazione. La piccola fetta dell’emergenza-urgenza lasciamola agli ospedali, bisogna agire su quella grande dei pazienti cronici. Servono due cose: riempire di specialisti le case della salute per prevenire la riacutizzazione della malattia e più posti letto per le degenze nelle strutture intermedie di comunità, il costo in ospedale è troppo alto. Il medico di base deve essere il centro gravitazionale della sanità territoriale».
Come?
«Il sistema sanitario non può reggere senza medici, infermieri e specialisti pronti nella casa della salute a indirizzare la prima diagnosi. Il paziente che ha bisogno di accertamenti bussa alla porta del medico di medicina generale, il quale disporrà esami dicendo già al paziente a chirivolgersi. E a lui la radiografia o l’ecografia deve tornare».
Cricelli sostiene che serva un ambulatorio a un chilometro dalla residenza, non un hub distante venti.
«Differenziamo con equilibrio. C’è la telemedicina, e mentre formiamo giovani medici c’è il terzo settore, già accreditato per esami diagnostici da impiegare nelle case di comunità. E’ una delle mie proposte, se eletto, insieme a due misure per gli anziani: odontoiatria pubblica e ospedale per gli animali».
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Centrodestra: “Emergenza urgenza senza burocrazia”
di Teresa Scarcella – Professore ordinario in Anestesiologia e Rianimazione, dopo una vita tra i corridoi ospedalieri Raffaele De Gaudio, ormai in pensione, si lancia in politica candidandosi nella lista civica di Alessandro Tomasi.
Professor De Gaudio, dai reparti ai comizi elettorali. Come mai?
«Mi piace l’idea di dare una mano e sono stato attratto dalla concretezza di Tomasi e dalla sua ’rivoluzione del fare’».
E da dove dovrebbe partire la rivoluzione della sanità?
«Si continuano a chiedere fondi, a mantenere alta un’addizionale Irpef ingiusta, invece di puntare sulla ristrutturazione».
Qualche esempio?
«Sostenere il medico di emergenza urgenza dandogli un aiuto a livello amministrativo, così da liberarlo dai compiti burocratici che lo sottraggono alla cura dei malati. O evitare il sovraffollamento nella degenza aumentando i letti di assistenza intermedia. Creare un’area per i codici bianchi, vicina ma separata al Ps, dove i pazienti potrebbero essere seguiti da altre figure presenti in ospedale. I Pir non riescono a sopperire a questa carenza».
Le case di comunità potrebbero aiutare?
«Possono svolgere un ruolo, il problema sarà trovare il personale medico-infermieristico».
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E per abbattere le liste d’attesa?
«L’unica soluzione è convenzionare le strutture private».
La divisione in tre aree è stata una strategia vincente?
«Non ha risolto i problemi, visto che si continua ad avere un deficit. Va valutata la mission dei vari ospedali evitando di creare doppioni. Non è possibile che ci siano reparti che fanno la stessa cosa a 10 km di distanza. É questo il punto: non c’è controllo sugli sprechi».
La Toscana ha fatto una legge sul fine vita. Qual è la sua posizione?
«Il problema bioetico non è di destra o di sinistra, ma ditutti. Il fine vita è anche l’accanimento terapeutico che in ospedale continua ad essere presente. Serve una legge che tuteli i medici da eventuali rischi di denuncia, con una commissione locale di professionisti cge stabilisca che in alcuni casi non hanno senso le cure. Sono contrario all’eutanasia, per me è crudele. Sono lecite, invece, le cure palliative e il loro doppio effetto. Se si usano sui malati terminali, perché non farlo anche su chi soffre».