Di fronte al clamore suscitato dal caso, la Asl di Pescara ha diffuso una nota ufficiale. “Non vi è stata alcuna violazione della privacy del paziente”, ha sottolineato l’azienda sanitaria, precisando che la dicitura era riportata solo nel referto di prima visita ambulatoriale, consegnato esclusivamente all’interessato. Secondo la versione della Asl, la decisione di inserire quel dettaglio sarebbe stata assunta dalla dottoressa che ha redatto il referto dopo aver ricevuto il consenso esplicito del paziente, alla presenza di testimoni.
L’azienda ha spiegato che si tratterebbe di un’informazione anamnestica utile per valutazioni epidemiologiche e per eventuali profilassi legate alla prevenzione di patologie sessualmente trasmissibili. “Non vi è alcuno stigma, nessuna dispersione di dati e nessuna violazione della privacy”, ha ribadito la Asl, sottolineando che l’annotazione non è presente né negli atti di accettazione né nella documentazione interna di ricovero.