Pertosse, l’epidemia dimenticata uccide ancora. Contagi decuplicati e 4 neonati morti svelano le falle del sistema: richiami saltati e tutele mancate.

Sembrava una malattia del passato, confinata nei libri di medicina, e invece la pertosse è tornata a colpire con una violenza inaudita, mietendo vittime tra i più indifesi. L’epidemia che ha travolto l’Italia nel 2024, con i contagi decuplicati e un bilancio tragico di quattro neonati deceduti, non è una fatalità imprevedibile. È il sintomo evidente di un fallimento sistemico nella gestione della copertura vaccinale, un campanello d’allarme che suona per un sistema sanitario incapace di proteggere le fasce più deboli. I dati, pubblicati sulla prestigiosa rivista Eurosurveillance, non lasciano spazio a interpretazioni: dietro questa emergenza si celano falle precise, richiami mancati e un deficit informativo gravissimo che espone la collettività a rischi che si credevano superati.

Quali sono le dimensioni reali dell’epidemia di pertosse?

I numeri dell’epidemia di pertosse del 2024 descrivono una situazione allarmante. L’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, un centro di eccellenza, ha visto i ricoveri schizzare a 259 in un solo anno, a fronte dei 28 registrati nell’intero triennio 2016-2019: un aumento di oltre nove volte. A stupire i medici, guidati dall’immunologo Francesco Nieddu, non è stato solo il volume dei casi, ma anche la loro composizione.

Contrariamente alla percezione comune, a finire in ospedale non sono stati solo i neonati, per i quali la malattia è potenzialmente letale. Ben 136 pazienti ricoverati al Meyer, oltre la metà del totale, erano adolescenti tra i 12 e i 16 anni, una fascia d’età in cui la malattia si manifesta solitamente con una tosse ostinata ma non grave. Su scala nazionale, la rete Inf-Act, che monitora 11 centri italiani, ha dipinto un quadro ancora più cupo: i contagi sono decuplicati rispetto al 2023, i ricoveri sono aumentati di otto volte, decine di neonati sono finiti in terapia intensiva e si contano quattro piccole vittime. Come spiega il pediatra Alfredo Guarino, la massa di persone suscettibili all’infezione era diventata così vasta da innescare inevitabilmente l’epidemia.

Perché il sistema di vaccinazione non ha retto all’urto?

L’esplosione dei contagi di pertosse non è un evento casuale, ma la conseguenza diretta di un progressivo indebolimento della copertura vaccinale, che presenta almeno due gravissime falle. La prima riguarda gli adolescenti. La protezione offerta dalle tre dosi di vaccino somministrate nel primo anno di vita svanisce con il tempo, rendendo necessari i richiami previsti a 5 anni e poi tra i 12 e i 18 anni. Proprio in questa seconda fascia si concentra il buco più grande: i dati mostrano un crollo della copertura. In Toscana, regione virtuosa, si passa dal 97,7% a 2 anni al 75,8% a 16 anni, mentre la media nazionale sprofonda addirittura al 68,4%, ben al di sotto della soglia di sicurezza.

La seconda, e più tragica, falla riguarda la protezione dei neonati attraverso la vaccinazione delle donne in gravidanza. Si tratta di una misura fondamentale, perché trasferisce gli anticorpi al feto proteggendolo nei primi mesi di vita, quando è troppo piccolo per essere vaccinato e il rischio di morte è del 2%. I dati sono impietosi: tra i 20 bambini ricoverati al Meyer con meno di due mesi, nessuna delle madri si era immunizzata. Un’indagine della Società Italiana di Pediatria rivela che nel 2024 il 95% delle madri dei bambini contagiati sotto i 4 mesi non era vaccinata. Il dato più sconcertante è che l’80% di loro non aveva nemmeno ricevuto informazioni sulla disponibilità del vaccino prenatale, gratuito e raccomandato.

Qual è il legame tra il calo delle vaccinazioni e le scelte politiche?

L’analisi degli esperti non si ferma ai dati epidemiologici, ma punta il dito contro un più ampio clima ostile ai vaccini che trova sponde anche a livello istituzionale. La mancata adesione ai calendari vaccinali non è solo frutto di distrazione, ma anche di una disinformazione strisciante che mina la fiducia nella scienza. In questo contesto, appare gravissima la scelta di inserire due medici noti per le loro posizioni No vax nella commissione Nitag, l’organo tecnico che supporta il Ministero della Salute nelle scelte strategiche sui vaccini.

Questa decisione si traduce in un messaggio ambiguo e pericoloso per l’opinione pubblica, legittimando posizioni antiscientifiche. Come ricorda amaramente il professor Guarino, le conseguenze di questo clima sono reali e talvolta letali. “I vaccini non sono una partita di calcio in cui si fa il tifo per una squadra. Sono qualcosa che salva la vita”. Di fronte a dati inoppugnabili, come il rischio di morte per morbillo (1 su mille contagiati) rispetto a quello del vaccino (1 su un milione), la discussione dovrebbe basarsi solo sull’evidenza scientifica. Il ritorno della pertosse e le sue piccole vittime dimostrano, tragicamente, cosa accade quando la scienza viene messa in discussione.