PADOVA – Oggi sarà il suo ultimo giorno di lavoro dopo aver dedicato la vita alla cura dei bimbi. Con la chiusura dell’anno accademico termina una carriera iniziata quarant’anni fa, costellata di successi, di riconoscimenti e di un valore aggiunto unanimemente riconosciuto: l’umanità. Giorgio Perilongo direttore dell’Uoc Clinica Pediatrica e del Dipartimento Salute Donna e Bambino, coordinatore di quello Funzionale Malattie Rare e ordinario di Pediatria al Bo, infatti, ha compiuto 70 anni e da domani va in pensione. Alla direzione della Clinica Pediatrica gli subentra Stefano Sartori.

APPROFONDIMENTI













Professore, come ha iniziato?

«Dopo la laurea in Medicina ho preso le specialità in Pediatria e in Oncologia. Poi ho trascorso sei anni al Children’s Hospital di Filadelfia dove mi sono specializzato sui tumori cerebrali nei bambini. Nonostante l’assunzione, però, alla fine ho deciso di tornare».

Come mai?

«Scherzosamente potrei dire che non mi piaceva la Coca Cola, ma in realtà non mi sentivo di stare tutta la vita negli Usa. Avevo moglie e 2 figli, mi è stato offerto un lavoro a Padova e nel 1991 sono arrivato nell’Ematoncologia Pediatrica di Zanesco, dove sono rimasto fino al 2005, quando Franco Zacchello mi fece capire che per me c’era la prospettiva di prendere in mano la Clinica pediatrica con una direzione complessiva, compresa Oncologia».

E così è stato

«Sono stato direttore del Dipartimento di Salute Donna e Bambino dell’Azienda per 17 anni con un’interruzione di quando è subentrata Liviana Da Dalt, mentre a me è stato affidato il quello di Malattie Rare. Nel 2023 la collega è andata in quiescenza e ho ripreso pure l’altro. E dal 2008 al 2023 ho diretto pure il Dipartimento universitario».

Cosa l’ha spinta a occuparsi di tumori nei bimbi?

«Avevo 2 maestri, i professori Carli e Zanesco, che mi hanno fatto innamorare di tale disciplina. Curare questi malati è una sfida, con situazioni difficili ed estreme. È stata una parte della mia carriera molto arricchente e lo devo a Zacchello che ha creduto in me e ha capito qual era la strada in cui avrei potuto esprimere le mie potenzialità».

Perché ha puntato su di lei?

«Forse ha visto in me alcune delle sue caratteristiche, per esempio di credere nella realizzazione dell’ospedale pediatrico multispecialistico che inaugureremo la settimana prossima. E poi aveva intuito che come lui avevo le caratteristiche per mantenere l’unità tra generazioni che ha favorito il successo del Dipartimento».

Siamo alla vigilia del taglio del nastro

«Finalmente abbiamo raggiunto un obiettivo che inseguivamo dal 2000 quando proponemmo, grazie alla Fondazione Salus Pieri, il nuovo ospedale per il bambini, la famosa “barchetta” di Botta. C’è entusiasmo oggi e inizia una fase diversa della Pediatria: è importantissimo abitare quella costruzione che segnerà una nuova epoca. Io comunque passo il testimone con serenità perché, all’interno di una squadra ce l’ho messa tutta per raggiungere il traguardo, indipendentemente da chi taglierà il nastro. Guardiamo al futuro, con il cuore legato alla storia».

Qual è stata la soddisfazione maggiore?

«I tantissimi rapporti umani che si sono stabiliti con i bambini e con le famiglie. E ho avuto il privilegio di essere presidente della Società Mondiale di Oncologia Pediatrica, che mi dato l’opportunità di venire a contatto con piccoli pazienti di tutto il mondo affetti da tumore. Ed è stata un’esperienza unica confrontarsi con realtà come quella africana, asiatica o sudamericana: un privilegio che la vita mi ha dato».

Ricorda un caso che l’ha colpita particolarmente?

«Mi viene in mente un ragazzo di 14 anni, Maurizio, stroncato da un neuroblastoma. Con lui avevo un rapporto stretto e standogli vicino ho constatato che la morte fa paura a tutti, però se c’è qualcuno che ti tiene la mano, alla fine ce la si può fare. E così ho fatto con lui: gli ha dato serenità e a me ha aperto uno sguardo su questo terribile aspetto della nostra esistenza che può diventare meno angoscioso. Importante è non rimanere soli: il resto diventa meno difficile. Una storia che non si cancella».

La Pediatria in tanti anni è cambiata

«Stiamo vivendo un’epoca entusiasmante per le cura, per esempio dell’atrofia muscolare spinale che anni fa portava alla morte i bimbi entro 2 anni, mentre ora crescono e camminano. E lo stesso vale per la talassemia, che ora non fa più paura. Di novità terapeutiche se ne stanno accumulando tante».

Cosa le mancherà da domani?

«Il rapporto con persone con cui ho condiviso idee ed entusiasmo, tra cui la mia segretaria Giorgia Vigo, e quello con i bambini, ma recupererò con i miei nipoti Sebastiano e Ada».