Un podio inatteso, ma che racconta tante cose. E’ quello di Valentina Venerucci all’ultimo Giro Mediterraneo in Rosa. Portacolori sanmarinese dell’Aromitalia 3T Vaiano, già precedentemente nel corso della stagione si era messa in bella evidenza, ma la particolarità è data dalla sua storia. Perché Valentina va in bici solo dallo scorso anno, e facendo balzi da triplista ha saltato a pié pari tutta la gavetta, approdando al suo primo anno già alle gare contro le WorldTour.
D’altro canto allo sport di vertice la Venerucci è abituata, perché viene dall’atletica, o meglio dalla corsa in montagna dove anno dopo anno era diventata un riferimento assoluto, capace di mettersi in luce anche a livello internazionale. Poi la folgorazione, come racconta lei…


«Ho preso la bici da corsa in mano l’anno scorso, a seguito di un infortunio che ho subìto correndo un trail. Per la riabilitazione e il recupero mi hanno consigliato di praticare un po’ di bicicletta alternandola alla corsa in modo da non aver troppe sollecitazioni. E’ stato un colpo di fulmine, mi sono appassionata alla bici da corsa. Mi piaceva tanto, mi divertivo, ma andavo anche abbastanza bene, diciamo che ero portata. Per cui mi hanno proposto di fare una prima gara amatoriale che è andata bene, ne ho fatta una seconda ed è andata anche meglio».
E come sei arrivata al ciclismo agonistico?
Visti i piazzamenti grazie alla Federazione Ciclismo sammarinese, quindi al Presidente e al mio allenatore, mi hanno fatto entrare nella squadra di A.R. Monex Pro Cycling, la formazione messicana di stanza nel nostro Paese, ma ben presto mi sono arrivate altre offerte tra cui quella di Aromitalia che mi permetteva di alzare il livello dell’attività. E’ stato tutto molto veloce, accelerato al massimo.


Tu hai un passato importante nella corsa in montagna, quando avevi iniziato e quali sono stati i tuoi risultati più importanti?
Ho fatto diverse gare, prima nelle mie zone tra San Marino e la parte di Romagna sul Rubicone, progredendo via via fino a arrivare anche ai campionati mondiali ad Innsbruck, dove nella vertical, ossia percorsi non troppo lunghi ma con alto dislivello, mi sono piazzata piuttosto bene. Lo scorso anno ho fatto gli europei di corsa in montagna, poi sono passata al ciclismo.
Ti è servita l’esperienza che hai accumulato nella corsa in montagna per il ciclismo?
Sì, perché comunque la corsa in montagna aiuta a migliorare a livello fisico, nella forza, nella potenza ma anche nella resistenza. Perché comunque fare pochi chilometri, ma con tanto dislivello implica incentivare la muscolatura, specialmente degli arti inferiori, delle gambe e anche il fiato, perché si passa appunto da pochi metri a un’elevata altitudine, per cui il fiato lo si migliora tanto. La corsa è molto simile e vicina alla bicicletta.


Quest’anno hai mostrato una predilezione per le corse a tappe, sia al Tour de Pyrénées che al Mediterraneo in Rosa. E’ un po’ quella la tua dimensione?
Sì, diciamo che le gare a tappe sono abbastanza nelle mie corde. Non è tanto che pratico il ciclismo, quindi non ho avuto ancora la possibilità e l’opportunità di fare tante gare, però ho notato che riesco a resistere e a portare a termine anche competizioni che prevedono più tappe in giorni consecutivi, quindi probabilmente ho la fortuna di migliorare col passare dei giorni e dei chilometri.
Come riesci a coniugare la tua attività con il lavoro di farmacista?
Non è certamente facile perché non ho mai mollato la professione. E devo dire grazie ai miei colleghi di lavoro che mi danno la possibilità di allenarmi attraverso la turnazione. Faccio molti pomeriggi, affinché io la mattina possa poi allenarmi.


E’ più facile conciliare il tuo lavoro con il ciclismo o prima con l’atletica?
Sono due mondi un po’ diversi. Il ciclismo richiede molto più tempo, era più semplice con l’atletica, perché comunque l’atletica prevede allenamenti più corti e quindi incastrarli era più semplice. Il ciclismo prevede tante ore in bicicletta e anche in palestra, porta via tanto tempo, ma riempie di soddisfazioni. Quindi è un sacrificio che faccio molto volentieri, non mi pesa farlo.
Tu guardi un po’ il mondo del ciclismo con gli occhi della neofita, avendo iniziato quest’anno. Quali sono le cose che noti di più nel mondo del ciclismo femminile?
Il livello delle ragazze, avendo potuto anche partecipare al Giro d’Italia Women, è altissimo. Ho incontrato atlete che sono di un livello straordinario, non solo delle persone fantastiche, perché alla fine sono molto umili e non hanno problemi ad aiutarti se hai necessità. Io dico che ho incontrato campionesse sia in gara che fuori. C’è tanto da lavorare e non posso sicuramente equipararmi a loro che sono anni che lo fanno, quindi a me manca tanto la pratica, ma spero che con l’impegno e probabilmente anche con le persone che credono in me e che ho accanto, andrò lontano divertendomi.


Si dice sempre che chi non ha esperienza giovanile, ha difficoltà nello stare in gruppo. Tu come ti sei trovata con questo particolare tecnico?
Hanno ragione! Non avendo esperienza, il gruppo intimorisce. Diciamo che ci sto lavorando. Quello forse è il punto in cui sono molto più carente rispetto anche alle mie compagne di squadra. Ho più difficoltà nel muovermi in gruppo, nel risalire, magari anche più timore. Non so fino a che punto si potrà sopperire alla mancanza del non averlo fatto prima, però sicuramente un passettino alla volta magari si riesce a prendere confidenza.
Continuerai con il ciclismo, ma pensi anche di fare qualche rentrée nella corsa in montagna?
No, attualmente mi dedicherò al ciclismo, perché preferisco fare bene una cosa e cercare di lavorare su quella per il momento. Poi si vedrà anche quali saranno le prospettive future, ma per ora voglio dedicarmi a questa nuova e grande passione.