Così Trump riuscirà a proteggere l’immenso debito Usa e il dollaro a nostre spese
(Di Federico Fubini)
Dall’inizio del secondo mandato, Trump si sta dimostrando profondamente consapevole della grande vulnerabilità americana. Essa riguarda il punto estremo al quale è giunto il ciclo del debito dell’ultimo quarto di secolo. Il governo federale è passato da conti in attivo alla fine dell’amministrazione di Bill Clinton (2001), a un deficit sempre più profondo prodotto ad ogni svolta della storia di questi tre decenni (grafico sopra): la recessione con lo scoppio della bolla di Internet e l’11 settembre, i tagli alle tasse ai ricchi di George W. Bush, il costo delle guerre in Iraq e Afghanistan, la seguente recessione per il crash di Lehman e i costi della crisi bancaria, i tagli alle tasse alle imprese del primo Trump e le spese della recessione da Covid, infine le politiche industriali di Joe Biden e i nuovi tagli alle tasse in gran parte ai ricchi del secondo Trump.
Ogni situazione straordinaria genera vasti deficit, dopo però il risanamento è sempre parziale, incompiuto, e non si torna mai alla situazione di prima. Ogni volta è sempre un po’ peggio. Ogni ciclo politico o economico diventa un passo in più nel degrado del bilancio. Semplicemente – sotto i repubblicani o i democratici – nella società e nel sistema politico americano oggi non esiste un accordo possibile per andare in direzione opposta. Sui conti pubblici si scaricano tutte le tensioni, tutte le contraddizioni del Paese, come nell’Italia degli anni ’70 e ’80.
Quasi due terzi di tutto il debito pubblico esistente oggi al mondo, in valore, è debito pubblico americano (37 mila miliardi di dollari su 59 mila miliardi). Metà dei titoli emessi per coprire nuovo deficit nel mondo nel 2025 saranno titoli del Tesoro americano. Ma poiché appunto negli Stati Uniti non c’è consenso possibile per risanare i conti, l’amministrazione Trump si pone una domanda diversa: come evitare una crisi di debito senza chiedere sacrifici agli elettori, ai gruppi d’interesse, ai grandi finanziatori dei repubblicani?
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