“Probabilmente ci sarà, non è inevitabile, però è probabile. I democratici si stanno prendendo un rischio”. Uno shutdown del governo a guida repubblicana non sarebbe un fatto inedito. Anzi, nel caso del presidente Donald Trump sta diventando consuetudine: gli ultimi due shutdown negli Stati Uniti sono avvenuti durante la prima amministrazione del tycoon con i Repubblicani che detenevano la maggioranza sia alla Camera e al Senato. A gennaio del 2018, il blocco durò solo tre giorni ma tra dicembre 2018 e gennaio 2019 si prolungò per 35 giorni, segnando il più lungo shutdown americano dagli anni ’80. Al termine del primo anno fiscale della seconda amministrazione Trump il rischio è tornato e sta avendo ripercussioni notevoli sui mercati, sul dollaro e sul prezzo del petrolio. L’esito, come sempre, non è scontato fino all’ultimo secondo utile, fermo restando che anche un eventuale blocco dei finanziamenti governativi non sarebbe dirompente se di breve durata, perché non legato a un tetto del debito. Tuttavia cadrebbe in un contesto di grande incertezza: una chiusura prolungata ritarderebbe la pubblicazione del report di venerdì sulle buste paga di settembre e una serie di altri dati economici chiave, un’eventualità che potrebbe costringere la Fed a basarsi su dati privati per le sue decisioni politiche, quando si riunirà a ottobre.
Ma l’intento è certamente quello di evitarlo: l’incontro tra i leader democratici del Congresso e il presidente degli Stati Uniti, che si è tenuto lunedì alla Casa Bianca, si è concluso senza raggiungere un accordo su come evitare la chiusura del governo federale, il cosiddetto shutdown. “Abbiamo grandi divergenze sull’assistenza sanitaria e sulla loro capacità di annullare qualsiasi bilancio che concordiamo attraverso rescissioni ed embarghi”, ha dichiarato ai giornalisti il leader della minoranza democratica al Senato Chuck Schumer, uscendo dallo Studio Ovale. Secondo i democratici presenti all’incontro, Trump è stato informato delle “conseguenze di ciò che sta accadendo nel settore sanitario cercando di tagliare l’assicurazione sanitaria”. “Dalla sua espressione, sembrava che fosse la prima volta che sentiva parlare di questa questione”, ha detto Schumer ai giornalisti a proposito della reazione del presidente durante l’incontro, a cui hanno partecipato anche il leader della minoranza democratica alla Camera Hakeem Jeffries, nonché i leader repubblicani del Senato e del Senato, John Thune e Mike Johnson. Da parte sua, il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance ha dichiarato ai media, uscendo dalla riunione: “Penso che ci stiamo dirigendo verso uno shutdown perché i Democratici non faranno la cosa giusta”.
Trump, parlando con i reporter al Pentagono, ha detto che potrebbero essere licenziati “molti” dipendenti federali se il governo chiudesse i battenti a causa dello shutdown, che scatta alla mezzanotte locale in assenza di un accordo al Congresso. Letteralmente il termine shutdown significa “spegnimento” e in ambito americano si riferisce a una particolare procedura del sistema politico degli Stati Uniti che coinvolge il settore esecutivo ogni qual volta il Congresso non riesce ad approvare la legge di bilancio. In questo caso le attività amministrative non vengono rifinanziate e quindi si fermano. Possono così essere continuate solo le attività essenziali.
Prima di essere economico, si tratta di un incidente politico che si realizza quando repubblicani e democratici si arroccano sulle loro rispettive posizioni senza concedere nulla all’avversario. Durante il primo mandato di Trump, ad esempio, la pubblica amministrazione si bloccò per la determinazione del tycoon nel destinare al bilancio ulteriori cinque miliardi per la costruzione del muro con il Messico. Stavolta la divergenza è essenzialmente sulla sanità ma il testardo Trump deve rapportarsi con parlamentari non meno ostinati. Tra i leader della minoranza dem c’è anche Hakeem Jeffries che a luglio ha battuto il record del discorso più lungo della Camera parlando per oltre nove ore pur di ritardare l’approvazione dell’One Big Beautiful Act.
Lo shutdown insomma ha anche il sapore della rivincita per i democratici che chiedono una proroga dei sussidi dell’Affordable Care Act (più noto con il nome di Obamacare) che scadono a fine anno, nonché l’annullamento dei tagli al programma Medicaid derivanti dalla drastica riduzione del bilancio e delle tasse approvati lo scorso luglio con il One Big Beautiful Act, la manovra fiscale simbolo della trumpnomics. Dopo qualche ora dal fallimento dell’incontro tra repubblicani e dem alla Casa Bianca, avvenuto al termine del vertice tra Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha licenziato il piano di pace per Gaza, dal Governo sono arrivati segnali sulla possibilità di avviare negoziati bipartisan per un’estensione dei sussidi per le assicurazioni sanitarie che è la principale richiesta dei democratici.
“Lavoriamo insieme su questo”, ha detto il vice presidente JD Vance insistendo però sul fatto che ogni negoziato dovrebbe svolgersi “nel contesto di un governo aperto”. La posizione è stata ribadita anche da due fonti dell’amministrazione, per le quali lo stesso Trump ha espresso la disponibilità a parlare dei sussidi, insistendo sul fatto che uno shutdown comprometterebbe questa possibilità. “Devono fare la cosa giusta, manteniamo il governo aperto e poi possiamo parlarne” spiegano le fonti. In realtà l’apertura non è così netta: i Repubblicani al Congresso hanno sempre dichiarato che accetteranno di negoziare solo se i Democratici sosterranno un bilancio provvisorio. I Repubblicani hanno presentato il bilancio provvisorio al Senato per la ratifica il 19 settembre, ma è stato respinto perché la loro maggioranza alla Camera è insufficiente e richiede almeno sette voti Dem per l’approvazione del disegno di legge.
I democratici ritengono che una vaga promessa sui negoziati futuri non basta come garanzia. “Credo che quando dicono più tardi intendano mai, dobbiamo farlo ora”, ha dichiarato il leader dei dem al Senato, Chuck Schumer. “Cercare di prendere tempo e farci accettare promesse dell’ultimo minuto è irragionevole”, gli ha fatto eco il leader alla Camera, Hakeem Jeffries.
L’idea della Casa Bianca è infatti quella di avere un via libera provvisorio, fino al 20 novembre, per evitare lo shutdown e avere il tempo di negoziare. E’ un metodo che si utilizza spesso quando incombe il rischio di blocco: si prorogano i finanziamenti per non fermare la macchina dello Stato, prima di arrivare ad approvare in via definitiva le leggi di spesa. Ma per la sinistra si tratta di un escamotage per prendere altro tempo. Se scatta il blocco, parchi pubblici, musei e monumenti vengono immediatamente chiusi ai visitatori. Viene poi sospesa l’ammissione di pazienti presso i centri di ricerca medica noti come Istituti nazionali di sanità, rinviati i processi civili, ridotti al minimo il numero di impiegati presso la Nasa. Vengono poi sospesi alcuni servizi di assistenza ai veterani e i finanziamenti statali per piccole imprese e privati subiscono ritardi. Le domande di visto e di passaporto subiscono notevoli ritardi, così come i rapporti sul lavoro e sul commercio che il Governo pubblica periodicamente. Anche chi lavora per le agenzie governative sotto contratto federale, rischia di perdere tempo e fatturato.
Molti dipendenti pubblici vengono congedati, mentre gli altri – che operano nei settori che i vari dipartimenti del Governo americano giudicano essenziali – continuano a lavorare senza percepire la retribuzione, che riceveranno poi successivamente alla fine dello shutdown. I militari continuano a lavorare ma senza stipendio, così come tutti i lavoratori impiegati nell’aeronautica civile, come i controllori di volo, ma pure i controllori dei mercati degli swap. Secondo il Congressional Budget Office, un’interruzione dei finanziamenti nel 2026 potrebbe mettere in congedo circa 750.000 dipendenti federali al giorno, con un costo di circa 400 milioni di dollari in compensazioni giornaliere. Insomma, un disastro che cresce di pari passo con la durata dello shutdown.
Ma proprio mentre gli Stati Uniti si interrogano sul potenziale strascico che potrebbe lasciare un blocco dell’amministrazione, Trump ha condiviso sui social un video derisorio e per molti anche razzista, apparentemente generato con l’intelligenza artificiale, in cui il leader dem alla Camera Hakeem Jeffries appare con sombrero e baffi e il collega di partito Chuck Schumer, leader di minoranza al Senato, parla con una voce contraffatta. Nel video, Schumer viene rappresentato mentre sostiene che gli immigrati senza documenti dovrebbero ottenere “assistenza sanitaria gratuita” perché gli elettori delle minoranze odiano i democratici e i loro voti, quindi potrebbero servire alle prossime elezioni. Con una musica mariachi in sottofondo, la voce finta di Schumer afferma che “non c’è modo di addolcire la pillola: a nessuno piacciono più i democratici”. Sui mercati però non c’è molta voglia di scherzare: il dollaro è calato per lo “spettro” shutdown, così come gli indici di Wall Street e anche il prezzo del petrolio è sceso intorno ai 62 dollari al barile Wti.