Il pilota spagnolo ha vinto il nono titolo iridato eguagliando Valentino Rossi: “È un onore. Dopo l’infortunio sono tornato troppo presto, ma ho fatto pace con il passato: ogni vittoria è un dono”
Giornalista
30 settembre 2025 (modifica alle 15:22) – MILANO
Un rimpianto solo, profondo come la cicatrice sul suo braccio destro: essere tornato troppo presto. Non aver aspettato, dopo l’incidente a Jerez nel 2020, aver bruciato le tappe per rimettersi subito in moto. Un errore che Marc Marquez ha pagato caro, più di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare: quattro operazioni, anni d’inferno, guidati dal dubbio di non poter più tornare a fare ciò che sapeva fare meglio di tutti, ed essere chi era stato per otto volte: un campione del mondo. Per questo il nono titolo iridato, arrivato 2184 giorni dopo l’ultimo Mondiale conquistato, ha un valore che va oltre il significato dei numeri.
Dopo la gara ha pianto lacrime di gioia. Oggi come sta?
“Domenica ho vissuto uno shock emotivo. Ora mi sento più in equilibrio con le emozioni ma questa vittoria va oltre un titolo. Dal 2020, con gli infortuni, sono successe molte cose nella mia vita, sia professionale che personale, e tornare a vincere dopo questi anni difficili ha reso tutto speciale”.
Questo è anche il suo primo titolo con Ducati. Cosa ha determinato il vostro successo?
“Credo che la chiave sia stata il rapporto costruito con la squadra: sono arrivato e ho trovato un team perfetto dal punto di vista umano. Con Gigi Dall’igna c’è un legame speciale, un rapporto onesto, molto diretto. Parliamo di tutto: io credo in lui, e Gigi e la Ducati credono in me. Mi sono sentito parte della squadra dal primo giorno”.
C’è stato un momento preciso in cui ha pensato: “Posso provare a vincere il titolo?”
“Dobbiamo tornare indietro al 2023, a quando ho deciso di seguire l’istinto e di passare da Honda a Gresini, alla ricerca della migliore moto, per cercare una risposta a una domanda che mi tormentava: ‘Sono ancora abbastanza competitivo per continuare la mia carriera?’. Non volevo uno stipendio, ero pronto a correre gratis, e Ducati mi ha dato la possibilità di avere la risposta a questa domanda”.
Fra i suoi Mondiali questo è il più speciale?
“Sì, insieme al 2013, il mio primo titolo in MotoGP. Il primo è stato solo istinto e talento, mentre quello di quest’anno è stato molto più sofferto. Per questo domenica, durante i festeggiamenti, non riuscivo a smettere di piangere: solitamente controllo le emozioni ma stavolta era impossibile”.
Suo fratello Alex ha raccontato che, nel periodo più buio dei suoi infortuni, lei è diventato una persona diversa. Si riconosce in queste parole?
“Sì. Ciò che mi è capitato mi ha tolto una parte della carriera ma mi ha anche insegnato tanto a livello personale: ora affronto le cose, i problemi e gli obiettivi, in modo diverso: meno d’istinto e riflettendo di più”.
Che ruolo ha avuto suo fratello in questo percorso?
“Alex è stata la persona che più mi ha aiutato. A volte neanche lo sapeva, ma solo il fatto che corresse mentre io ero a casa, mi ha aiutato incredibilmente. Mi ha permesso di non distaccarmi mai davvero dalla MotoGP e mi poi mi ha dato il consiglio più importante: quello di passare in Gresini. Sono molto orgoglioso di lui e della stagione incredibile che ha fatto quest’anno”.
Questo è anche il primo titolo con la sua fidanzata, Gemma, al suo fianco. Che ruolo ha avuto?
“Lei è incredibile. Sono fortunato per averla incontrata, tre anni fa, perché da allora ho una persona al mio fianco che mi aiuta in ogni cosa. Quando sei stabile e felice nella tua vita personale anche quella professionale migliora”.
Dei tanti messaggi di congratulazioni arrivati ce n’è uno che l’ha emozionata particolarmente?
“La telefonata più speciale è stata quella con mia mamma, perché era l’unica che non era in Giappone: ha preferito restare a casa, tranquilla. Poi ci sono stati i messaggi di tante persone: il mio fisioterapista, gli allenatori, i medici… tutte le persone che mi hanno aiutato a tornare dal baratro”.
Dopo la vittoria ha detto “adesso sono in pace con me stesso”. Questo significa che prima non lo era?
“No, perché sapevo di aver sbagliato. Ho subito quattro interventi al braccio solo perché sono tornato troppo presto. Così sono entrato in un periodo in cui da una parte mi dicevo di smettere e dall’altra di continuare. Volevo tornare per dimostrare che, anche se avevo preso la decisione sbagliata, potevo cambiare il mio futuro. È stata dura, e per questo adesso sono in pace: l’ambizione è la stessa ma ogni vittoria la considero come un regalo”.
Gli infortuni hanno cambiato il suo approccio con il rischio e con la paura?
“Sì, è cambiato. Ciò non significa che non mi prendo più rischi ma che li prendo quando sento di doverlo fare. In anni come il 2018 o il 2019, anche dopo la vittoria del titolo, ero quasi sempre in all-in. Ora guardo alle ultime gare della stagione e penso di voler finire senza infortuni e concentrarmi sul 2026. Niente di più”.
Cosa l’ha aiutata a uscire dal baratro?
“La mia passione per le moto, talmente grande da non poter essere messa da parte. Poi le persone che avevo accanto: quando vinci sei un numero, puoi pensare che ti siano accanto perché stai avendo successo. Ma in quel periodo gli amici mi erano accanto solo perché volevano aiutarmi”.
Qual è stata la lezione più importante imparata in quel periodo?
“Rispettare il mio corpo. Ho capito che nella vita non ci sono solo le moto. La vita professionale durerà dieci, quindici, vent’anni, ma la vita vera è molto più lunga e bisogna avere rispetto per il proprio corpo per poterla vivere al meglio. Ora lo so».
Ora lei è il pilota più anziano ad aver mai vinto un titolo di MotoGP. Fino a quando vuole correre?
“Al momento mi sento in ottima forma, so che il prossimo anno cercherò di lottare di nuovo per il titolo, poi vedremo: sarà il mio corpo a dirmi quando smettere”.
Ha raggiunto Valentino Rossi a nove titoli iridati. Cosa prova?
“È un onore per me eguagliare uno dei piloti più talentuosi del mondo del motociclismo. Quando vedi il tuo nome accanto a quello di leggende come lui, Agostini, Nieto, Doohan… è impressionante”.
In Italia, al Mugello e a Misano, parte del pubblico l’ha fischiata. La ferisce non sentirsi capito?
“Non voglio perdere tempo con loro. Io cerco di godermi la mia carriera e dare tutto quello che posso in pista, il resto non mi interessa. Queste sono anche le stesse persone che dicono “la Ducati non ha aiutato Pecco” ma sono solo str…. Un anno vince un pilota, l’anno dopo vince un altro. Sono le moto, è così e bisogna godersele per quello che sono, per lo spettacolo che regalano”.
“Mi godo quello che ho ottenuto e l’anno prossimo punto a lottare per il decimo: ho fatto pace con il mio passato vincendo una sfida con me stesso e tutto quello che arriverà ora sarà un dono”.
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