paul thomas anderson

Paul Thomas Anderson è nato a Los Angeles il 26/6/1970. Il suo ultimo film è Una battaglia dopo l’altra: prima sono venuti Sydney, Boogie Nights, Magnolia, Ubriaco d’amore, Il petroliere, The Master, Vizio di forma, Il filo nascosto, Licorice Pizza. Foto Getty

48,5 MILIONI DI DOLLARI incassati nel mondo in un weekend. 22,4 negli USA. 1,4 milioni di euro in Italia. Negli States, in Italia e in altri mercati fondamentali in testa del box office c’è lui. Paul Thomas Anderson con Una battaglia dopo l’altra, il film più visto al mondo.

Il record di Paul Thomas Anderson

PTA non aveva mai incassato così tanto. “Complice” ovviamente le calamite (sul pubblico) Leonardo DiCaprio, Sean Penn e Benicio Del Toro. E così, un regista di culto per cinefili (per cui è semplicemente PTA), è diventato il padrone del mondo. Next stop gli Oscar, è facile anticipare (dopo 11 nomination). Certo, sarà difficile pareggiare i costi (300 milioni di dollari), ma che un capolavoro sia il film più visto nei cinema di tutto il mondo è epocale. Appunto.

L’enigma Paul Thomas Anderson: chi è il regista di Una battaglia dopo l’altra, il film più visto al mondo- immagine 3

Paul Thomas Anderson sul set con DiCaprio

PTA e Thomas Pynchon: incontro (il secondo) tra giganti

Una battaglia dopo l’altra è il suo decimo film da regista. È anche codirettore della fotografia con Michael Bauman e sceneggiatore. La sua seconda volta da un romanzo dell’autore di culto (come lui…) Thomas Pynchon. Ci aveva già provato, trasformando in film il romanzo Vizio di forma. Adesso però la trasposizione di Vineland è diventata un capolavoro.

Paul Thomas Anderson, divoratore di parole e immagini

Per spiegare chi è PTA, partire dai libri è un’ottima introduzione. Lettore accanito, si definisce un divoratore sia di parole che di immagini. Thomas Pynchon in testa, e poi altri autori postmoderni che, ha detto, «mi piacciono perché passano dalla realtà esterna a quella dei personaggi con scambi e continue relazioni tra il reale e l’immaginario». E lui, nato nel 1970 a Los Angeles, con quegli autori si è formato. Con loro e con i film di Robert Altman, John Huston, Stanley Kubrick, Martin Scorsese. Jonathan Demme, Orson Welles, Max Ophüls e Robert Downey Sr.

Due giorni alla scuola di cinema e poi stop

Perché poi lui la scuola di cinema l’ha frequentata due giorni, poi ha cercato l’apprendistato sui set (anche del suo amato Altman). Se dai libri ha imparato a usare le parole, sui film ha regolato i suoi occhi. Attenti, curiosi, seri e visionari insieme. Dice: «Ai registi americani, aggiungo gli italiani: Fellini, Antonioni, Bertolucci, Pontecorvo. Diversissimi tra loro, coniugavano realtà e costume sociale con la loro immaginazione. Amo il cinema degli Anni 70. I francesi Godard e Louis Malle, gli statunitensi Bob Rafelson, Peter Bogdanovich, Coppola, Pakula e molti altri». E in fondo da loro ha ereditato l’amore per le location open air. «I luoghi dove ambiento i miei lavori sono fondamentali, entrano nelle sceneggiature e negli occhi. Nel caso di Una battaglia dopo l’altra, la Valley di L.A. e il deserto texano sono co-protagonisti». La Valley è dove abita. E dove ha girato Boogie Night (1997) e, per intero, Magnolia (1999).

PTA tiene famiglia. E della famiglia è innamorato. I rapporti genitori/figli (di qualsiasi tipo) sono al centro delle sue storie. Figlio di un doppiatore, ha per compagna l’attrice e autrice comica amatissima negli USA, anche musicista, Maya Rudolph. Hanno 4 figli: Pearl nata nel 2005, Lucille (2009), Jack (2011) e Minnie (2013). In casa hanno una grande libreria, i figli hanno una videoteca dove, confessano entrambi i genitori, abbondano i Disney. Dichiara il regista: «In questo mio ultimo film, il rapporto tra DiCaprio e la figlia Willa (Chase Infiniti) è fondamentale. Lei rappresenta il futuro, esattamente come i miei e tutti i figli del mondo. Il film, a differenza del libro, è ambientato in epoca contemporanea. La ragazzina, come tutte le coetanee, si prepara al ballo finale scolastico, fa sport, ha una sua identità. Ma a quel padre scombinato la legano rapporti affettivi profondi e…. Lo dico per esperienza: essere padre è sempre stato la cosa più difficile e naturale possibile».

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Teyana Taylor e DiCaprio in una scena

I suoi film li definisce figli: «Ma solo se sono opere personali. In essi trasmetti molto di te stesso, delle tue passioni. Nei miei c’è la mia ricerca figurativa, la mia riflessione sulle arti che mi interessano: il cinema, la musica. E ci sono le mie speranze e le mie sconfitte. In Una battaglia dopo l’altra sono 20 anni della mia vita: perché ho iniziato a pensarci allora e ho continuato a lavorarci mentre diventavo più volte padre. Mentre nascevano i miei figli e intanto giravo altri film e vedevo e mi innamoravo di quelli dei miei colleghi. Perché poi, mentre scrivo i miei film, guardo davvero tanto cinema altrui. Dal mio adorato Jackie Brown di Tarantino in giù: lo amo perché è violento, tenero, ricco di azione e compassione. E guardo il mondo, non solo l’America, che mi circonda.

una battaglia dopo l'altra

Chase Infiniti è Willa

La politica e la spiegazione del titolo: no Trump, si Angela Davis

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Questo l’ho girato prima della seconda elezione a presidente di Trump. Non è mai nominato, ma giustamente il pubblico lo “sente” ovunque. Io sono contro ogni autoritarismo e razzismo. Di questo parla il film ed è il mio modo di essere e di vivere. Non faccio film dichiaratamente politici, ma anche tali: faccio film aperti a tante interpretazioni, che possono essere visti da tante angolazioni. Io sono davvero convinto di quello che diceva Angela Davis: “Non ci sarà mai una battaglia finale, è sempre una battaglia dopo l’altra”. Il titolo viene da lì. E mi è piaciuto “combinarla”, quella frase, con quello che faccio dire a Benicio Del Toro: “Sai cosa è la libertà? Non avere paura, come Tom Cruise nei suoi film”. È il mio grido di battaglia. Ognuno di noi ha la possibilità di scegliere, modellare, cambiare la propria vita. Non dobbiamo mai dimenticarlo, al di là di ogni autoritarismo, pressione politica ed economica».

Parole di uno che è riuscito a farsi dare 300 milioni di dollari per fare il film che voleva fare (e c’è riuscito). Permettendosi anche di dire no a tutti i festival del mondo…