«La vera vittoria sarà quando non parleremo più di inclusività. Qui tutti trovano il proprio posto in campo, anche chi ha fragilità». Con queste parole Martino Corazza, fondatore di International Mixed Ability Sports, sintetizza alla testata Avvenire l’essenza di un movimento che dall’Inghilterra si è diffuso fino al Piemonte e in tutto il mondo, cambiando il volto dello sport di base.
Il concetto è semplice ma rivoluzionario: Mixed Ability non significa disabilità, ma abilità miste. Non più categorie, separazioni o etichette, bensì persone con e senza disabilità che praticano sport insieme, condividendo allenamenti, partite e momenti di vita.
L’obiettivo è superare lo stigma, il pregiudizio e le percezioni limitanti delle capacità personali, per restituire allo sport la sua funzione più autentica: creare inclusione, comunità e crescita reciproca.
Dall’Italia a Bradford: la storia di un’idea
Corazza, originario di Chivasso, si è trasferito nel 2012 a Bradford, cuore pulsante dell’Inghilterra sportiva, in un periodo in cui le Paralimpiadi di Londra e l’attesa per la Rugby World Cup 2015 avevano acceso i riflettori sull’inclusione. Ma il seme era stato piantato molto prima, quando in Italia il giovane Martino aveva fondato il Rugby Chivasso Onlus – Il rugby inclusivo, portando ragazzi disabili a giocare accanto ai coetanei normodotati.
«In campo – racconta ad Avvenire – l’integrazione era naturale, non forzata. Bastava un pallone e sparivano le barriere. Ho visto disabili giocare con piedi sopraffini, meglio di tanti compagni. E allora ti chiedi: chi è il vero disabile?».
Il rugby si è dimostrato il terreno ideale: un gioco fondato sul rispetto dell’avversario e sull’equilibrio dei ruoli. In questo contesto il Mixed Ability ha trovato la sua dimensione. Le regole sono quasi le stesse, con qualche adattamento (mischie senza spinta, contatti calibrati), ma la filosofia resta intatta: ognuno ha un posto in squadra.
Dal rugby al modello globale
Oggi, secondo i dati raccolti da Corazza, in Inghilterra sono almeno 50 i club con squadre Mixed Ability, mentre nel mondo si contano circa 250 realtà, di cui una decina in Italia (tra Roma, Brescia, Padova, Torino, Alessandria e Chivasso).
L’appuntamento clou è l’IMART, il Mondiale di rugby Mixed Ability per club, che ogni tre anni riunisce decine di squadre maschili e femminili da tutto il mondo. L’ultima edizione, in Spagna, ha visto in campo 32 formazioni, confermando la crescita costante del movimento.
Ma il progetto non si ferma al rugby. Ad oggi il modello Mixed Ability si applica a oltre 20 discipline sportive, dall’hockey su prato in Argentina al canottaggio, fino al cricket in Inghilterra. Coinvolge 30 Paesi e si struttura come una rete globale in cui anche le persone con disabilità hanno ruoli dirigenziali e formativi, portando nelle scuole e nei club la testimonianza diretta del valore dell’inclusione.

sostenibilità al centro
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La finale del torneo sarà accessibile anche ai tifosi non vedenti e ipovedenti grazie al sistema di audiodescrizione ideato da CMT Translations e promosso da Lega Basket Serie A.
Sport e impatto sociale: un modello sostenibile
La forza del Mixed Ability non è solo culturale ma anche economico-sociale. La pratica regolare e condivisa riduce l’isolamento, favorisce la salute psicofisica e crea appartenenza a club sportivi, con un impatto positivo in termini di coesione comunitaria e benessere.
Per i club e le federazioni, adottare il modello significa intercettare nuovi praticanti, consolidare reti sociali e rispondere a una crescente domanda di sport “per tutti”, un valore aggiunto anche per sponsor e istituzioni che puntano a investimenti ad alto impatto sociale.
Il futuro: la normalità come vittoria
«Il nostro obiettivo è la normalizzazione, – insiste Corazza. – Non creare categorie speciali, ma rendere lo sport accessibile e naturale per chiunque. La vera vittoria sarà quando non parleremo più di inclusività».
Un messaggio che va oltre il rugby e che parla di un nuovo paradigma sportivo, in cui abilità diverse si fondono senza barriere. Una sfida che unisce valori sociali, opportunità economiche e visione culturale: lo sport come strumento di trasformazione e di uguaglianza reale.
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