Una ragazza di vent’anni, residente a Rimini ma di origine bengalese, è stata costretta a un matrimonio forzato e vittima di maltrattamenti legati al tentativo di imporle una gravidanza. A finire agli arresti domiciliari sono stati i suoi genitori, accusati di averla minacciata, costretta alle nozze con un uomo molto più grande e obbligata ad assumere farmaci. La giovane oggi si trova al sicuro, in una struttura protetta.

Aveva appena sei anni quando, dal Bangladesh, nel 2011, raggiunse con la madre il padre a Rimini, dove l’uomo lavorava come cuoco dal 2008. Una famiglia apparentemente integrata, fino a quando, quindici anni dopo, la situazione è precipitata. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, a novembre 2024 i genitori avrebbero convinto la figlia a tornare in Bangladesh con la scusa di assistere un parente malato. Una volta arrivata nel Paese d’origine, però, sarebbe iniziato l’incubo: la ragazza si sarebbe vista sottrarre documenti e carte di credito, e i genitori le avrebbero imposto un matrimonio con un ricco uomo molto più grande di lei, di almeno vent’anni. Le nozze si sono celebrate il 17 dicembre 2024.

Le pressioni non si sarebbero fermate. La giovane, secondo le indagini, dopo il matrimonio forzato avrebbe dovuto affrontare un’ulteriore forma di violenza: i genitori le avrebbero imposto l’assunzione di calmanti e farmaci per favorire una gravidanza.

Proprio in quel periodo la ragazza avrebbe trovato la forza di ribellarsi. Prima dei rapporti con il marito avrebbe iniziato ad assumere anticoncezionali per evitare una gravidanza indesiderata e, contemporaneamente, era riuscita a contattare dall’estero un consultorio di Rimini tramite una pagina Instagram. Da lì sarebbero partiti i contatti con i carabinieri italiani. Con grande astuzia, la ventenne sarebbe persino riuscita a convincere la madre a riportarla in Italia: «Se torno a vivere lì sarò più tranquilla e resterò incinta», le avrebbe detto.

La madre ha così accettato di accompagnarla. Ma quando le due donne sono arrivate all’aeroporto Marconi di Bologna hanno trovato ad attenderle i militari dell’Arma, già allertati. La ragazza è stata subito messa al sicuro in una località protetta. La madre è tornata a casa, dove poche settimane dopo è rientrato anche il marito.

Nel frattempo la Procura di Rimini ha avviato l’inchiesta. I carabinieri, coordinati dal pm Davide Ercolani, hanno raccolto elementi a sostegno delle dichiarazioni della giovane, fino ad arrivare all’arresto dei genitori. L’accusa è gravissima: induzione al matrimonio aggravata dai maltrattamenti, un reato introdotto dall’articolo 158 bis del codice penale che punisce con «la reclusione da uno a cinque anni chiunque con violenza o minaccia costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile». L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Rimini e notificata il 1° ottobre rappresenta una delle prime applicazioni in Italia di questa norma.