Si rischia un’epidemia di West Nile in Italia? Il virus, isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, ormai è endemico nel nostro Paese: ovvero circola costantemente. Per la prima volta è stato individuato in Toscana, nel 1998, a Padule di Fucecchio. Così il Ministero della Salute ha emanato un piano nazionale di sorveglianza. Dal 2008 al 2023 i casi, però, sono aumentati, come mostra la mappa pubblicata dall’Istituto superiore di Sanità.

L’ultimo bollettino del 24 luglio 2025

Le cause? Un fattore è sicuramente il cambiamento climatico. Le alte temperature hanno allungato il ciclo vitale degli insetti. E se l’anno scorso i positivi al virus si riscontravano a luglio, nel 2025 già a metà giugno si hanno i primi casi. Di epidemie in Italia non ce ne sono mai state. Mentre in altri Paesi europei sì. Come la Francia, durante l’estate del 1962, nella regione della Camargue. E in Spagna nel 2020, quando fu colpita l’Estremadura. Anche la Grecia è uno dei paesi europei con il più alto tasso di incidenza annuale. Nell’estate del 2025 in Italia si sono finora registrati tre morti. Cosa dobbiamo aspettarci? Le risposte del virologo Matteo Bassetti.

Si rischia un’epidemia?

«Il problema non è il rischio di epidemia. In Italia abbiamo avuto 500 casi per ogni anno diagnosticati dal 2022 al 2024. Non capisco questo allarmismo oggi. Li abbiamo sempre avuti con circa 30 morti all’anno. Il problema è che questi numeri sono destinati a crescere, perché le regioni interessate dal West Nile sono sempre di più».

Quali regioni saranno interessate?

«Prima era interessato solo il nord-est, poi è arrivato alla zona intorno al Po e adesso c’è anche il Lazio e la Campania. È probabile che si espanderà ad altre regioni, ormai è una malattia endemica. Non parlerei quindi di focolai. Su questo dobbiamo ragionare senza fare più di tanto allarmismo». 

Cosa manca?

«Dobbiamo, più che altro, fare di più dal punto di vista della prevenzione. Secondo me siamo un po’ indietro in Italia sulla prevenzione. Mancano delle linee di indirizzo, i comuni dovrebbero seguire un regolamento obbligatorio e non agire diversamente».

Cosa non funziona a livello nazionale?

«Ci dovrebbero essere delle leggi precise che vincolano i comuni a fare la disinfestazione in certi mesi dell’anno con determinati insetticidi, facendolo ovviamente con un coordinamento nazionale. E così vale per l’informazione alla popolazione e quella ai medici. Sulla prevenzione delle malattie infettive siamo un po’ come l’armata Brancaleone».


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